La prevenzione della corruzione e delle infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici

Nella categoria Eventi da su 13 luglio 2017 0 Commenti

A cura del Dott. Antonio Ricci e della Dott.ssa Marina Terenzani

 

A seguito delle numerose inchieste giudiziarie che hanno coinvolto alcune società che avevano in essere appalti nell’ambito della manifestazione EXPO e della realizzazione del MOSE, è sorta le necessità di salvaguardare i tempi di esecuzione delle commesse, che in taluni casi, come l’EXPO, erano indifferibili.

Sull’onda di tale emergenza, il Decreto legge n. 90/2014 ha introdotto strumenti innovativi, sul fronte della prevenzione della corruzione, di immediata applicazione e operatività, capaci di preservare l’interesse sotteso alla realizzazione dell’appalto affidato, in un regime di legalità controllata, operando un bilanciamento tra l’interesse alla sollecita realizzazione delle opere pubbliche e l’esigenza di arginare disfunzioni patologiche insorte in fase di gara o di esecuzione del contratto.

L’art. 32 del citato decreto legge ha dotato il Presidente dell’ANAC di incisivi poteri propositivi nei confronti del Prefetto. In presenza di indagini per delitti di particolare gravità ai danni delle pubbliche amministrazioni, o in presenza di situazioni anomale, sintomatiche di condotte illecite o di eventi criminali attribuibili ad imprese aggiudicatarie di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, il Presidente dell’ANAC può proporre una delle seguenti misure amministrative di carattere straordinario e temporaneo.

L’ordine di rinnovazione degli organi sociali, mediante la sostituzione del soggetto coinvolto nei presunti illeciti che consiste nell’allontanamento dei soggetti coinvolti nei fatti illeciti dalla gestione della società.

La straordinaria e temporanea gestione dell’impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto o della concessione che prefigura il commissariamento del contratto a fini anticorruzione. Tale intervento è circoscritto al singolo appalto inquinato ed è temporalmente limitato alla realizzazione dell’opera o dell’espletamento del servizio, non potendosi protrarre oltre il collaudo.

Il sostegno e monitoraggio dell’impresa mediante la nomina di esperti, incaricati di affiancare l’impresa in una revisione organizzativa e gestionale che trova applicazione nelle ipotesi meno gravi, nelle quali l’ingerenza nei fatti corruttivi è di minore intensità. Essa prevede una sorta di consulenza forzosa che si sostanzia nell’affiancamento agli organi sociali di esperti di nomina prefettizia.

Il processo di applicazione di tali misure fa capo a due soggetti autonomi: il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e il Prefetto competente in ragione del luogo della stazione appaltante.

In presenza di un contratto di appalto o di una concessione di natura pubblica, i presupposti per l’adozione delle suddette misure sono: l’esistenza di un procedimento in corso da parte dell’Autorità Giudiziaria per una delle fattispecie di reato di matrice corruttiva espressamente previste dalla norma, ovvero “situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali”, altrimenti rilevate, attribuibili all’impresa affidataria della commessa pubblica.

Il procedimento si articola in due fasi distinte. In una prima fase il Presidente dell’ANAC acquisisce la notitia criminis, costituita o dalla pendenza di un procedimento penale per uno dei delitti individuati dalla norma oppure conseguente alle attività ispettive o di vigilanza svolte dalla stessa ANAC nell’ambito dei propri poteri istituzionali. Successivamente, il Presidente effettua una prima valutazione sulla sussistenza del fumus boni iuris, ovvero della presenza di elementi concreti in ordine al fatto che il contratto è connesso ad un’attività di tipo illecito riconducibile all’operatore economico titolare del contratto stesso.

In una seconda fase il Presidente è tenuto a verificare il livello di accertamento dei fatti da porre a fondamento della proposta. La norma stabilisce che condizione per l’adozione delle misure è che i fatti siano “gravi e accertati”.

Secondo le indicazioni fornite nelle prime linee guida dell’ANAC, considerato che le misure previste dall’art. 32 sono destinate ad intervenire in un momento antecedente al giudicato, devono considerarsi “fatti accertati” quelli corroborati da riscontri oggettivi, mentre il requisito della “gravità” implica che i fatti stessi abbiano raggiunto un livello di concretezza tale da rendere probabile un giudizio prognostico di responsabilità nei confronti dei soggetti della compagine di impresa per condotte illecite o criminali.

In assenza di indicazioni normative per la valutazione di tali condizioni, normalmente, come parametri si assumono i criteri generali di applicabilità delle misure cautelari previsti dall’art. 273 c.p.p. Allo scopo va inoltre tenuto presente che secondo costante giurisprudenza di legittimità esistono gravi indizi di colpevolezza allorché siano stati acquisiti “elementi probatori che quantitativamente e qualitativamente valutati nella loro essenza e nella loro coordinazione logica, resistendo ad interpretazioni alternative, conducano, pur senza raggiungere il grado di certezza richiesto per la condanna, a ritenere fondatamente che il reato accertato sia attribuibile all’imputato”.

Nella prassi costituiscono una base probatoria sufficiente gli elementi posti a base dell’ordinanza cautelare o del decreto che dispone il giudizio.    

Questa seconda fase si chiude con la graduazione della gravità dei fatti accertati: il Presidente dell’ANAC in prima battuta e successivamente il Prefetto competente, sono tenuti a modulare le misure applicabili in ragione della gravità degli elementi acquisiti (c.d. principio di proporzionalità). Ai fini della scelta della misura più adeguata è opportuno tener conto anche del ruolo e del complessivo comportamento tenuto dall’autore dell’illecito, la pervasività del sistema corruttivo, il grado di coinvolgimento della compagine societaria nella gestione dell’appalto, la permanenza negli assetti proprietari di soggetti con una notevole capacità di influenzare le scelte dell’impresa.

Al termine di tali valutazioni viene individuata la misura più aderente alla fattispecie esaminata: si privilegerà l’ordine di rinnovazione degli organi sociali ove si riterrà sufficiente il mero allontanamento dell’amministratore coinvolto negli illeciti; si propenderà invece per il commissariamento allorché emergano elementi di eccezionale gravità; si opterà, infine, per la misura del sostegno e monitoraggio nei casi più lievi, ovvero laddove siano direttamente coinvolti nell’illecito soggetti diversi dagli amministratori o dai legali rappresentanti dell’impresa, ma capaci comunque di condizionarne l’operato, per la posizione o il ruolo ricoperti all’interno della stessa.

Tali misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio delle imprese si applicano anche nei casi in cui sia stata emessa dal Prefetto un’informativa antimafia interdittiva.

In questo caso l’avvio del procedimento spetta al Prefetto il quale, all’atto di adozione del provvedimento, effettua la valutazione dei presupposti per l’applicazione delle misure straordinarie comunicandone gli esiti al Presidente dell’ANAC.

 

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