Corte dei Conti. L’analisi del Piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione Lazio

Nella categoria Analisi e Ricerche da su 7 novembre 2016 1 Commento

Corte dei Conti. L’analisi del Piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione Lazio – siglato il 28 febbraio 2007, a seguito di un Risultato di gestione strutturale negativo per 1.696 Meuro nel 2007, 1.693 Meuro nel 2008, 1.605 Meuro nel 2009, 991 Meuro nel 2010, 682 Meuro nel 2011 – attraverso l’azione della competente Procura regionale.

    Nel campo sanitario – farmaceutico il nostro assetto costituzionale appare ispirato al principio della tutela della salute dei cittadini e della garanzia di cura gratuita per gli indigenti (art. 32).

    In attuazione di principio costituzionale, il legislatore nazionale, fin dalla promulgazione della legge di riforma sanitaria 23 dicembre 1978, n. 833, ha inteso coniugare l’ esigenza di assicurare la universalità e la completezza del sistema assistenziale nel nostro Paese con la limitatezza delle disponibilità finanziarie che annualmente è possibile destinare al settore sanitario, nel quadro di una programmazione generale degli interventi di carattere assistenziale e sociale e di complesso sistema di monitoraggio, costituito da una pluralità di organismi e competenze.

    In alcune regioni, la spesa sanitaria, che rappresenta circa l’80% della spesa regionale, ha determinato la causa principale di disavanzo finanziario, determinando negli anni un deficit crescente. Al fine di al fine di correggere la negativa dinamica tendenziale del comparto sanità a partire dalla legge n. 311/2004[1] (finanziaria per il 2005) e dall’intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 è stato introdotto l’obbligo, per le Regioni in disavanzo, di proporre un Piano di rientro dal deficit accertato e di raggiungere un accordo con i Ministeri dell’economia e delle finanze e della salute per definire le modalità di realizzazione dell’equilibrio economico.

       Con particolare riferimento alla regione Lazio il Piano di rientro, approvato con DGR. n. 149 del 6.03.2007, presenta una analisi dettagliata delle cause del deficit accumulato:“…L’equilibrio finanziario della sanità regionale del Lazio è fortemente condizionato dal debito accumulato nel passato. Le cause di formazione di questa imponente massa debitoria sono molteplici: disordine contabile ed amministrativo delle aziende; insufficienza nella struttura di coordinamento regionale; forte dilatazione tra la gestione della competenza e della cassa; assenza di controlli ad ogni livello. Tutto ciò ha prodotto squilibri crescenti, inefficienze e crescita dei costi di produzione, sui quali si è innestato un vero e proprio sistema corruttivo, oggetto di indagine, da molti mesi, da parte della magistratura… Dal 2002 in poi, per fronteggiare le crescenti esigenze finanziarie, anziché avviare una riorganizzazione del sistema riducendo sprechi ed inefficienze, sono state attuate operazioni di finanza creativa (l’operazione San.im) e di dilazione di pagamenti dei fornitori di beni e servizi sanitari, che hanno drogato il sistema, rinviando il momento del risanamento e favorendo la formazione dell’enorme indebitamento…. Tale situazione…ha prodotto uno scollamento abnorme tra la competenza e la cassa, ipotecando per quote insostenibili il fondo sanitario degli anni futuri…”.

    La necessità di risanare il disavanzo creatosi nel settore sanitario ha determinato a partire dal 2008 l’aumento (fino al livello massimo consentito dalla legge), per i cittadini laziali, dell’addizionale IRPEF e dell’aliquota IRAP[2].

    Dal 2013 la regione Lazio, presentando un disavanzo sanitario decrescente, ha scelto ai sensi del D.L. n. 120 del 2013, di non ridurre tali maggiorazioni fiscali, ma destinarle a finalità extrasanitarie (Trasporto Pubblico Locale)[3].

    Ad assicurare l’esigenza di una razionalizzazione della spesa sanitaria, da un lato, e, dall’altro lato, l’approntamento di misure volte al contenimento della stessa ha concorso anche la Corte dei conti attraverso l’esercizio dell’attività di controllo e giurisdizione in ordine alle multiformi attività poste in essere dai soggetti che, a vario titolo, agiscono nell’ambito del servizio sanitario nazionale. L’attività illecita nel settore sanitario si è manifestata attraverso molteplici tipologie di condotte antigiuridiche, delle quali esemplificativamente e senza alcuna pretesa esaustiva si elencano le principali tipologie individuate dalla Procura della Corte dei conti:

  1. incarichi illegittimi conferiti a personale estraneo alle aziende sanitarie,come nelle ipotesi di incarichi per i quali era prevista una generica competenza amministrativa, a fronte di un compenso forfettario mensile e senza alcun riscontro o controllo sui risultati concretamente conseguiti dalla amministrazione;
  2. acquisti non autorizzati di apparecchiature medicali;
  3. mancata utilizzazione, i mancati completamenti oppure le mancate o inadeguate ristrutturazioni di strutture ospedaliere già realizzate;
  4. irregolarità nella spesa causate dalla iperprescrizione di farmaci: in particolare la iperprescrizione dei farmaci, sia in senso stretto (intesa come superamento del quantitativo di farmaco assunto dal singolo assistito in un determinato periodo di tempo), sia in senso ampio (dato dallo scostamento perpetrato nel tempo, abnorme e oggettivamente immotivato tra le prescrizioni concretamente somministrate dal singolo medico e le scelte della generalità degli altri professionisti, ponderati sulla base di standard internazionali, cosiddetti defined daily dose) ha formato oggetto di numerosi interventi della procura della Corte dei conti. Dei danni causati alle pubbliche finanze da atteggiamenti iperprescrittivi in senso ampio o in senso stretto sono stati chiamati a rispondere i medici prescrittori e i titolari delle farmacie, questi ultimi nel caso in cui i pazienti avessero dichiarato di non aver mai acquistato il farmaco o di non essersi nemmeno mai recati nella farmacia che, invece, ha chiesto e ottenuto il rimborso dalla ASL competente. In non pochi casi si sono palesati comportamenti fraudolenti dei convenuti in giudizio;
  5. irregolarità nella spesa causate da doppia e/o fraudolenta fatturazione: alcuni casi hanno riguardato comportamenti di un direttore amministrativo di una ASL nonché di vari altri dirigenti e funzionari della stessa che, in cambio di profitti illeciti, mediante alterazione del sistema informatico contabile, hanno consentito a diverse imprese (fornitrici di apparecchi medicali/servizi) di percepire due volte il pagamento delle medesime fatture. Un’altra serie di ipotesi delittuose ha visto il coinvolgimento del dirigente del servizio legale il quale, d’intesa con vari imprenditori, ha transatto crediti oggetto di precedenti pagamenti; in altre ipotesi lo stesso soggetto ha omesso di opporre decreti ingiuntivi per fatture già pagate;
  6. indebite e fraudolente acquisizioni di risorse pubbliche per corsi di formazione mai espletati, espletati solo in parte ovvero sforniti in tutto o in parte di rendiconto o documentazione giustificativa;
  7. indebiti compensi percepiti dai medici di base: di specifico rilievo sono apparse le fattispecie che hanno evidenziato consistenti danni erariali derivanti da irregolarità nella effettuazione della attività libero professionale aggiuntiva ad integrazione della attività istituzionale nell’ambito della medesima struttura ospedaliera (in particolare, ma non esclusivamente, la cosiddetta attività intra moenia). Tale condotta illecita ha presentato multiformi manifestazioni concrete, che sono andate da attività aggiuntive prestate in orario di attività istituzionale, ad attività per visite ambulatoriali in orari in cui gli ambulatori risultavano chiusi, ad attività asseritamente effettuate in sala operatoria in giorni in cui il medico risultava non presente;
  8. irregolari gestioni di case di cura convenzionate: recenti ed eclatanti casi di gestione a dir poco disinvolta di case di cura convenzionate o di altri centri medici operanti in regime di accredito (alcuni ancora oggetto di attività istruttorie da parte dei locali Organi Requirenti della Corte dei conti) hanno riproposto alla attenzione della opinione pubblica fattispecie di comportamenti illeciti consistenti nella rappresentazione formale e fraudolenta, all’interno delle relative cartelle cliniche, di patologie e di conseguenti prestazioni sanitarie di cui si è chiesto ed ottenuto un rimborso a carico del S.S.N. superiore al dovuto, atteso che la patologia effettiva sofferta dal paziente, ove correttamente diagnosticata, avrebbe determinato un rimborso considerevolmente inferiore o addirittura non dovuto. Altra tipologia è rappresentata dallo sforamento della cosiddetta “capacità operativa massima” di centri privati operanti in regime di accredito che ha in tal modo determinato l’inutilità, l’inidoneità e l’inadeguatezza delle prestazioni in eccedenza rispetto agli obiettivi predeterminati dagli artt. 26 e 44 della legge 833/1978;
  9. irregolarità sulle esenzioni dei tickets;
  10. illegittime nomine fiduciarie di dirigenti apicali;
  11. corresponsioni di indennità non dovute.

Spirito Alessia


[1] L’articolo 1, comma 174, della legge n. 311/2004 e ss.mm. e ii., ha stabilito a decorrere dall’esercizio finanziario 2005 che nel caso in cui il disavanzo di gestione del servizio sanitario regionale persista nel quarto trimestre dell’anno e non siano stati adottati in corso di esercizio i necessari provvedimenti di copertura, ovvero i medesimi non siano risultati sufficienti, il Presidente del Consiglio dei ministri diffida la Regione ad adottare i provvedimenti necessari entro il 30 aprile dell’anno successivo. Qualora la Regione persista nella propria inerzia, entro i successivi trenta giorni, il Presidente della Giunta regionale, in qualità di commissario ad acta, determina il disavanzo di gestione ed adotta i necessari provvedimenti per il ripiano del disavanzo, ivi inclusi gli aumenti dell’addizionale IRPEF e le maggiorazioni dell’aliquota IRAP, entro i limiti previsti dalla normativa vigente. Qualora l’applicazione della maggiorazione ordinaria, anche per via automatica, non risulti sufficiente a garantire l’integrale copertura del disavanzo sanitario, con riferimento agli anni di imposta 2006 e successivi, si applicano, in via ulteriore, le maggiorazioni dell’addizionale IRPEF e dell’IRAP, nelle misure fisse rispettivamente di 0,30 e 0,15 punti percentuali rispetto al livello delle aliquote vigenti (art. 2, comma 79, lettera b), della legge n. 191/2009 (legge finanziaria per il 2010).

[2] La Regione Lazio ha sottoscritto il Piano di Rientro dal debito del disavanzo sanitario in data 28 febbraio 2007 in applicazione dell’obbligo disposto dalla legge n. 311/2004 (finanziaria per il 2005) e dell’intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 di proporre un Piano di rientro dal deficit sanitario accertato. Nel luglio del 2008, persistendo un disavanzo di esercizio complessivo del servizio sanitario, la Regione Lazio è stata commissariata in ambito sanitario ed è scattata la maggiorazione automatica, per tutta la durata del Piano di Rientro, delle aliquote massime di riferimento per l’IRAP e per l’addizionale IRPEF. La legge n. 266/2005 (finanziaria per il 2006) ha reso automatico l’aumento dell’addizionale IRPEF e dell’IRAP – fino al livello massimo consentito dalla legislazione vigente – in caso di disavanzi non coperti con misure già adottate entro il mese di maggio dell’anno successivo. Il successivo articolo 2, comma 80, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 e ss.mm.ii. (Legge finanziaria 2010), ha poi previsto, per le Regioni in piano di rientro l’obbligo del mantenimento, per l’intera durata del Piano, delle maggiorazioni dell’aliquota IRAP e dell’addizionale regionale IRPEF, ove scattate automaticamente ai sensi del richiamato art. 1, comma 174, della legge n. 311/2004.

[3] A seguito dell’art. 2 comma 6 del D.L. 120 del 2013, convertito con modificazioni dalla l. n. 137 del 2013, è stata introdotta, per le regioni in piano di rientro “che presentano un disavanzo sanitario decrescente ed inferiore rispetto al gettito derivante dalla massimizzazione delle predette aliquote”, previa verifica del Tavolo tecnico, la possibilità di ridurre tali maggiorazioni fiscali. In alternativa, la Regione rientra nella disponibilità delle somme, con il vincolo di destinare il “surplus” accertato dal Tavolo tecnico al finanziamento di “servizi pubblici essenziali ed all’attuazione delle disposizioni di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64”. E’ stato rilevato dalla Corte dei conti come la destinazione di tali risorse fiscali aggiuntive a finalità extra-sanitarie, la cui maggiorazione è stata legittimata (rectius automaticamente attivata) dalla necessità di riequilibrio del settore sanitario, rappresenti una forzatura del sistema ordinamentale.

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Commenti (1)

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  1. avatar Giovanni scrive:

    articolo di spessore rilevante che evidenzia il ruolo cruciale della Corte dei conti nella veste di Magistrato-Custode del patrimonio pubblico dotato di competenze specialistiche finalizzate a fare emergere e analizzare compiutamente la cattiva gestione nelle P.A..
    Il D.L. 16/08/2016 n. 174, con l’art, 52 riconosce al dipendente pubblico, per la prima volta nella storia della Repubblica, la dignita’ di parte attiva nella osservanza dell’art. 97 della Costituzione, nell’esercizio della funzione pubblica, che si innesta nella azione del Giudice-Custode contabile, con una azione volta a contrastare efficacemente la cattiva gestione nella P.A.
    E il riconoscimento del ruolo speciale del dipendente pubblico, che alla luce degli art. 54 e 98 della Costituzione e del Codice di comportamento del Presidente della Repubblica, vigila e concorre alla corretta gestione della P.A. con la connotazione di azione sussidiaria fatta propria dal Magistrato- Custode, se realmente finalizzata alla tutela del Sistema-Stato.
    Ritengo che la modalita’ procedurale suggerita nell’art. precedente, possa essere utile per attuare concretamente la sinergia Cittadino-Dipendente pubblico e Magistrato-Custode.

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