Corrotti, clan e inquinatori: il Dossier Ecomafia 2015

Nella categoria Analisi e Ricerche da su 18 aprile 2016 0 Commenti

A pochi giorni di distanza dall’approvazione della legge n. 68 del 22 maggio 2015, la cosiddetta Legge Ecoreati, che introduce finalmente nel Codice Penale uno specifico Titolo (VI-bis) dedicato ai delitti contro l’ambiente,  è stato pubblicato il rapporto Ecomafia 2015 di Legambiente, relativo ai dati raccolti nel corso dell’anno 2014 in Italia. Il dossier è stato presentato a Roma lo scorso 30 giugno 2015, leggendo in apertura un messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Ricostruire un equilibrio tra territorio e società, tra sviluppo e cultura, tra ambiente e diritto della persona è la grande impresa civica a cui ciascuno di noi è chiamato con responsabilità”, recita un passaggio della missiva, “Il rispetto dell’ambiente è essenziale per la coesione sociale e per la ripresa del Paese.”

Il 2014 si è chiuso con l’ennesimo e mesto bilancio di reati commessi e accertati in campo ambientale, 29.293, circa 80 al giorno, poco meno di 4 ogni ora, per un fatturato criminale che è cresciuto di 7 miliardi rispetto all’anno precedente, raggiungendo la cifra di 22 miliardi. A contribuire in maniera eclatante è stato il settore dell’agroalimentare, con un fatturato che ha superato i 4,3 miliardi di euro.

Il focus che Legambiente dedica alle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa racconta un Sud Italia in cui l’incidenza criminale sta crescendo: in Puglia, Sicilia, Campania e Calabria si è registrato più della metà del numero complessivo di infrazioni (ben 14.736), con 12.732 denunce, 71 arresti e 5.127 sequestri. Al calo dei reati in Campania (-21% circa), dovuto forse ai tanti riflettori accesi di recente sulla regione, risponde un aumento degli illeciti in Puglia, col 15,4% dei reati accertati (4.499), 4.159 denunce e 5 arresti.

Crescono i reati nel ciclo dei rifiuti: +26% (quasi 20 al giorno, più di 3 milioni di tonnellate di veleni sequestrati). Mentre gli illeciti nel ciclo del cemento salgono del 4,3% e, secondo le stime sull’abusivismo edilizio del Cresme Consulting, nel 2014 sono state realizzate 18mila costruzioni fuori legge, circa il 16% del nuovo costruito, con ricavi che superano il miliardo di euro.

Aumentano il giro d’affari per gli illeciti in campo alimentare (4,3 miliardi) e i delitti legati al racket degli animali: 7.846 reati, con la denuncia di 7.201 persone e il sequestro di 2.479 tra animali vivi e morti. I furti d’opere d’arte sono arrivati a quota 852. Cala il numero degli incendi dolosi, ma aumenta la superficie dei boschi devastati: dai 4.700 ettari del 2013 si sale a 22.400.

In questa edizione del dossier, Legambiente punta su un’analisi centrata sulle dinamiche più profonde e insidiose nei vari aspetti ecocriminali, in particolare sul tema della corruzione, il potente collante che mette insieme tutto, mafie incluse.

La corruzione in campo ambientale è senza dubbio la vera cifra di un agire criminale che si muove in maniera felpata ma decisa tra uffici pubblici e sedi di società private, addomesticando le leggi e, se necessario, violandole apertamente per raggiungere i propri interessi. L’esercito degli ecocriminali – clan e faccendieri, ma anche imprenditori, funzionari e colletti bianchi – moltiplica le proprie occasioni attraverso la corruzione. Il modus operandi, si legge nel rapporto, è sempre lo stesso, anche se cambia il campo d’azione: nel caso di progetti troppo ambiziosi o pratiche dichiaratamente fuori legge, presto frenati da leggi a tutela ambientali, la corruzione si rileva un ottimo strumento per ovviare a questi impedimenti, dando libero sfogo alle logiche criminali.

Secondo quanto afferma Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, intervistato nel rapporto da Toni Mira “Gli appalti pubblici nel settore dell’ambiente sono tra quelli più esposti alla corruzione e alla criminalità organizzata”. I dati in questo senso parlano da soli. Sono ben 233 le inchieste ecocriminali in cui la corruzione ha svolto un ruolo cruciale: la Lombardia è la prima regione dove il fenomeno corruttivo si è maggiormente diffuso (31 indagini penali), seguita subito dopo dalla Sicilia (28 inchieste), la Campania (27), il Lazio (26) e la Calabria (22). Dal Mose di Venezia ad alcuni cantieri dell’Alta velocità, dai Grandi eventi alle ricostruzioni post terremoto, dalla gestione dei rifiuti all’enogastronomia e alle rinnovabili, il fenomeno è purtroppo nazionale. In ballo c’è una spesa pubblica che solo nel 2011 (fonte Presidenza Consiglio dei Ministri) ha raggiunto la quota di 106 miliardi di euro, più o meno l’8% del Pil. Al Nord come al Sud, passando dal Centro, il lavoro investigativo mostra questi meccanismi corruttivi con impietosa chiarezza.

Il successo avuto con l’approvazione della legge sugli ecoreati è certamente l’esempio fulgido di come si possano ottenere risultati concreti grazie al ruolo della società civile. Tuttavia, il vero antidoto all’ecomafia e al sistema di corruzione non è semplicemente un migliore sistema di repressione, ma prima di tutto un’effettiva bonifica culturale, vero motore di un cambiamento duraturo e nell’interesse di tutti, un traguardo quest’ultimo, ancora lontano dall’essere raggiunto in Italia.

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