Corruzione e povertà. Terminare l’una per terminare l’altra.

Nella categoria Analisi e Ricerche da su 5 febbraio 2016 1 Commento

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2 Febbraio 2016. Berlino.

Come tutte le mattine, accendo il PC e leggo le notizie di attualità sul web. Controllo le mail e cerco qualcosa di interessante tra le news.

Mentre scorro le pagine, penso che è da un po’ che non scrivo di corruzione ed è da un po’ che non parlo di povertà.

La mia tesi di laurea della triennale era intitolata “Microcredito: come rendere la povertà un ricordo del passato”. Un titolo ed un tema forse un po’ utopistici. Mi piace pensare che siano semplicemente ambiziosi. Sono ancora convinta che il microcredito sia uno dei quegli strumenti che, se stimolato da diversi fronti e con le giuste energie ed investimenti, possa attenuare e smussare gli angoli della povertà.

Continuo a leggere:

“Italia…61 posto nella classifica Perception Index.. corruzione ovunque.. mazzette.. soldi.. trasporti pubblici..  settore pubblico, settore privato..”. Che dire invece delle realtà in cui, nell’effettivo, un settore pubblico, e tantomeno uno privato, non esistono?

Mi appare per caso la foto che riporto qui sotto. E i miei ricordi vanno al 2013.

Una bambina che lavora in una fabbrica di reciclaggio della plastica a Dhaka

Una bambina che lavora in una fabbrica di reciclaggio della plastica a Dhaka

Nel settembre 2013 sono stata in Congo con l’associazione no-profit Amka Onlus. Esperienza bellissima dal punto di vista umano e umanitario. Non racconto i dettagli del viaggio e dei progetti che ho seguito sul campo ma, per chi fosse curioso, consiglio di dare un’occhiata a questa bellissima associazione (www.amka.org).

Arrivo a Lubumbashi. Inutile dire che, solo nel cercare di recuperare i nostri bagagli all’aeroporto, ci siamo subito scontrati con una quotidiana (strano a scriverlo) scena di corruzione. Trasportavamo materiale medico per la clinica di Lubumbashi ed ovviamente si trattava di un qualcosa che gli ufficiali e lo staff aeroportuale non si sono fatti sfuggire. Ed ecco che viene richiesta la mazzetta. Anzi, in realtà non viene neanche richiesta. È una cosa talmente normale da non aver bisogno dell’utilizzo di parole. Resta tacita. Non espressa. Nascosta. Quasi non c’è. Ne rimane traccia solo sulle mani che ad un certo punto si toccano. Non per carità, non per gentilezza, non per affetto, non per conoscenza. Si toccano per uno scambio che sporca. E le mani diventano strumento di corruzione e simbolo di regola.

Perché succede? Perché è la povertà. Perché la povertà sta nella porta accanto ma sta anche in interi paesi. E in quest’ultimo caso non si tratta di qualcosa di facilmente reversibile nel breve termine.

La mia attenzione finisce su un articolo di Transparency International (http://blog.transparency.org/2015/09/24/measuring-corruption-to-end-poverty-2/).

Titola in maiuscolo: “ENDING CORRUPTION, ENDING POVERTY “ – Dar fine alla corruzione, dar fine alla povertà”.  Titolo non meno ambizioso della mia tesi di laurea. Però trovo del vero anche in questo.

Dove c’è povertà, non c’è lo Stato (o viceversa forse?). Dove non c’è lo Stato, c’è la Corruzione.

Durante il G20 (Antalya, Turchia) le Nazioni Unite hanno concordato sui 17 goal di sviluppo sostenibile (http://www.globalgoals.org/it/). Tra questi il 16esimo stabilisce di:

“Promuovere società pacifiche e inclusive per lo sviluppo sostenibile, garantire a tutti l’accesso alla giustizia, realizzare istituzioni effettive, responsabili e inclusive a tutti i livelli”.

Mi pare sia la prima volta che venga riconosciuta negli obiettivi di sviluppo sostenibile una cosa del genere, ovvero che i frutti dello sviluppo di un paese siano strettamente connessi alla governance del medesimo paese.

Un alto tasso di corruzione è  una delle più grandi cause dell’elevato tasso di mortalità materna ed infantile. Nei paesi più poveri, una persona su due deve pagare mazzette per potere accedere ai servizi di base quali educazione, sanità ed acqua. Finalmente le potenze mondiali hanno riconosciuto gli effetti corrosivi della corruzione nella vita delle persone più deboli e sono quindi pronte a reagire.  Ovviamente le parole e  i buoni propositi non bastano. Servono azioni concrete per sopperire alla mancanza di uno Stato forte e un’autorità che permetta a tutti i bambini educazione di base e sanità; che implementi appropriate misure per gestire i cambiamenti climatici; che garantisca un buon governo e giustizia per tutti; che crei istituzioni efficienti che possano ridurre il ricorso alla corruzione.

Uno studio portato avanti da Transparency International mostra come alti livelli di corruzione siano significativamente e positivamente correlati ai livelli di aiuti esteri. Cosa ci dice ciò? Che la corruzione rimuove ogni incrementale effetto positivo che gli aiuti umanitari riescono gradualmente ad ottenere sulla riduzione della povertà.

Come si spiega una cosa del genere? Perché c’è la corruzione. Purtroppo è un circolo vizioso:

povertà → aiuti umanitari → corruzione → povertà

e così via. Nella maggior parte dei casi, i politici corrotti dei paesi poveri intascano i ricavi dello Stato quando arrivano gli aiuti esteri nel tentativo di garantire e mantenere i servizi statali di base.

Le Nazioni Unite, dopo il G20 tenutosi quest’anno, stanno prendendo quindi azioni concrete nella lotta contro la corruzione e nella creazione di un mondo migliore. Per citarne brevemente alcune, sarebbero previsti nuovi piani per il monitoraggio dei livelli di corruzione e allo stesso tempo dei progressi sugli obiettivi globali; programmi per pubblicizzare il lavoro delle ONG nell’implementare gli obiettivi del G20, inclusi i programmi e le risorse a disposizione; report costanti (inclusi quelli di sostenibilità)da parte del settore privato; accesso ai sistemi informativi di ONG e aziende: punto FONDAMENTALE nella creazione di indicatori completi che possano dare una veduta a 360 gradi del livello di corruzione dei paesi: i dati di aziende ed associazioni devono essere condivisibili, comparabili, accessibili, tempestivi e comprensibili. E purtroppo, per quanto difficile, le decisioni che prendiamo oggi sul come valutare e misurare la corruzione saranno decisive nel rendere migliore la vita di molte persone e nel cercare di sradicare la povertà nei prossimi 15 anni.

 

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February, the 2nd. Berlin.

As every morning, I turn my PC on and read the news on the web, looking for something particularly interesting.

Scrolling through the pages, one thought comes in my mind: it’s long time that I don’t write something about corruption and it’s long time I say nothing about poverty.

My bachelor thesis carried the headline: “Microloans: how to make poverty a thing of the past”. A title and a topic utopian somehow. I like to believe they’re simply ambitious.

I’m still firmly convinced that microloans can be a powerful tool (if supported by different strategies, energies and investments) to mitigate and smooth edge of poverty.

I keep reading:

“Italy.. 61st place in the Perception Index ranking.. corruption is everywhere.. bribes.. money.. public transportation.. public sector.. private sector..”. But what about all those countries where there’s no public and, moreover, private sector?

My attention is then attracted by a picture (here, above). And my thoughts go back to 2013.

In September 2013 I went to Congo with the no-profit association Amka Onlus. Amazing experience from the human and humanitarian point of view. I don’t tell the details of my trip and of the projects I took on but, for those who might be curious, I strongly recommend to give a look to this amazing association (www.amka.org).

We landed in Lubumbashi. It probably goes without saying that we immediately ended up in a “daily corruption situation”. We were carrying with us medical equipment for the local hospital and, obviously, it didn’t go unnoticed. All in a sudden, getting our luggage became a very tough challenge. And that’s the moment the bribe shows up.

And it’s not even requested. It’s such a normal thing that it doesn’t require any words. It stays silent. Not express. Hidden. Almost not there. There’s a trace left just on the hands that at some point get in touch. Not for charity, not for kindness, not for affection, not for get to know each other. They touch and then they stay filthy. Hands become, by that time, corruption instrument and symbol of rule.

Why does this happen? Because it’s the poverty. Because our neighbors may be poor but even whole countries are. And in this last case, poverty is not easily reversible in the short term.

My attention goes to a Transparency International article (http://blog.transparency.org/2015/09/24/measuring-corruption-to-end-poverty-2/).

The headline says: “ENDING CORRUPTION, ENDING POVERTY”. Title no less ambitious than my bachelor thesis. But I find it true at the same way. Where there’s poverty, there’s no State (or in the other way around maybe?). Where there’s no State, there’s corruption.

During the G20 meeting, United Nations agreed on 17 sustainable development goal (http://www.globalgoals.org/it/).

Among these, the 16th establishes to:

“Promote peaceful and inclusive societies for sustainable development, provide access to justice for all and build effective, accountable and inclusive institutions at all levels”.

This Goal is a big purpose for the world. In effect, it recognises the development dividend from governance. Widespread bribery is associated with high maternal mortality and children dying before they even reach the age of five. In the poorest countries, one out of every two people has to pay a bribe to access basic services like education, health and water.

Finally,  global powers recognise the corrosive effect of corruption on the lives of the world’s most poor and they are prepared to act.  Obviously, we need concrete actions that could compensate for the absence of a real government and of an authority that allows children to have basic education and health care; an authority that takes proper measures to manage climate change; that guarantees a good governance and justice for all; that builds sustainable institutions to reduce the dependence on corruption.

A Transparency International analysis shows how higher levels of corruption are positively and significantly associated with levels of foreign aid. What does this reveal? That corruption removes every incremental positive effect that foreign aid has on poverty reduction.

But, again, why?

Because it’s the corruption. Unfortunately, it’s like a loop:

poverty → foreign aid → corruption → poverty

and so on. In most cases, corrupted politicians in poor countries are diverting government revenues for private gain while foreign aid pours in to maintain basic government services (Transparency International, 2015).

United Nations, after G20 meeting of this year, are taking serious counteractions in the fight against corruption and in the creation of a better world. Just to name some of them: new plans aimed at monitoring levels of bribery and at the same time at evaluating the country progress on the global goals; programs to publicize what NGOs do to implement the goals, including resources; constant reports from the private sector on how they will deliver on the agenda (e.g. sustainability reports); access to informative system of NGOs and companies: that’s something of pivotal importance in the creation of strong indicator. Data must be open: shareable, comparable, accessible, timely, understandable.

It’s really a tough challenge but the decisions we take today regarding  how to measure and evaluate levels of corruption will be crucial in making life better for more people and in eradicating poverty in the next 15 years.

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Studentessa di Business Administration all'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, 23 anni. Ancora non so chi sarò da grande. Per ora mi appassiono a tutto ciò che riguarda eticità, trasparenza ed integrità; sperando di poterne fare, un giorno e in qualche modo, il mio lavoro.

Commenti (1)

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  1. avatar mutomb scrive:

    Come stupirsi. La legittimata stessa dei legislatori africani e un frutto di meccanismi corruttivi che hanno radici al di fori dei territori nazionali.

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