La cultura del Whistleblowing – Parte 2

Nella categoria Whistleblowing da su 9 novembre 2015 0 Commenti

Come promesso lo scorso lunedì, riporto la seconda parte dei temi sviluppati dagli altri ospiti dell’evento: La cultura del whistleblowing – “Un impegno civile ed etico per un’efficace lotta alla corruzione”, che si è tenuto il 22 Ottobre 2015 a Roma, più precisamente nella sede della Rai in Viale Mazzini, (se vi siete persi la prima parte questo è il link: http://anticorruzione.eu/2015/10/la-cultura-del-whistleblowing-parte-1/).

Dopo l’intervento di Salvatore Lo Giudice, è stato il turno dell’Avv. Francesca Palisi (Responsabile Ufficio Ordinamento Finanziario ABI) che ha esposto il punto di vista dell’Associazione Bancaria Italiana a proposito della regolamentazione della Banca d’Italia nel sistema di contrasto al crimine, con particolare riferimento allo strumento del whistleblowing. La dott.ssa Palisi ha ricordato che, nel sistema bancario, le attività di whistleblowing sono parte del cosiddetto “sistema interno di segnalazione delle violazioni”. Esso non mira solo a scovare fatti corruttivi, ma anche a segnalare all’interno dell’azienda qualsiasi violazione di norme a disciplina dell’attività bancaria. La dott.ssa Palisi ha ricordato il “principio di proporzionalità”, in base al quale non tutti i sistemi di segnalazione delle violazioni devono essere identici e standardizzati per tutte le realtà aziendali che decidono di dotarsi di questi sistemi, ma devono essere modellati in base alla concreta operatività, alle dimensioni, al business aziendali. Il canale di comunicazione delle segnalazioni deve essere specifico, autonomo ed indipendente. Ma quanto è affidabile la procedura? Si deve garantire la riservatezza e la protezione del segnalante. Il tutto si deve svolgere in maniera tempestiva e non è detto che alla chiusura delle indagini, il segnalante debba essere avvisato dell’operazione.

Ultimo elemento importante è l’informazione e la formazione delle persone all’interno dell’azienda affinché siano in grado di capire cosa e come segnalare atti illeciti. Molte sono le banche che hanno al loro interno moduli di segnalazione, ma dal 1 Gennaio lo dovranno avere tutte per legge.

Intervento interessante è stato quello di Aristide Police, professore ordinario di diritto amministrativo e direttore master in anticorruzione all’Università di Roma Tor Vergata, che ha riferito dell’impatto delle attività di whistleblowing sugli appalti pubblici. Una prima variabile rilevante riguarda l’autore della segnalazione, e il modo in cui questa viene effettuata, se in modo anonimo oppure no. Poi, rileva chi sia il destinatario della comunicazione. Per ultimo, vi è l’oggetto della comunicazione, che può riferirsi a una condotta che è illecito penale, oppure un illecito erariale, oppure amministrativo, o altro. E per questo occorre individuare un elemento o trovare una chiave di lettura in un fenomeno cosi frammentato. Qual è questa chiave? Per Police, essa è la ratio di questo istituto, ovvero la trasparenza dei processi decisionali. Il whistleblowing non è una denuncia, non è una spiata, ma una forma di testimonianza di un processo decisionale, la cui visibilità non è consegnata a documenti scritti, ed è l’alto braccio della trasparenza.

L’Avv. Generale Nello Rossi ci parla di come il tema del whistleblowing si inserisca nel nostro ordinamento. Per farlo utilizza una metafora “agricola”, affermando che ci vorrebbe un agronomo, perché il whistleblowing è una “pianta” nata in un altro clima e sotto un altro cielo, che ora stiamo tentando d’ innestare sul tronco del nostro ordinamento. Gli innesti sono operazioni delicate, e nel caso in questione vi sono 3 fattori di difficoltà: il regime delle denunce consegnato dal diritto penale classico; il nostro ordinamento esibisce un netto sfavore contro le denunce anonime ed il grado in cui è possibile cautelare la riservatezza del denunciante. L’articolo 333 comma 3 del codice penale (Link all’articolo: http://www.brocardi.it/codice-di-procedura-penale/libro-quinto/titolo-ii/art333.html) afferma che delle denunce anonime non può essere fatto alcun uso in sede penale. Certamente poi la giurisprudenza ha mitigato il rigore di questa affermazione andando a considerare coloro che producono informazioni specifiche e che possono essere uno stimolo per attività di ricerca.

Sergio Sottani (Procuratore Capo Procura della Repubblica di Forlì) analizza le modalità di denuncia per il whistleblower, avendo molta esperienza soprattutto pratica, sul campo. Il whistleblowing è una nuova forma per introdurre più notizie di reato? Se inteso in questo modo allora sarebbe una norma sbagliata. Come sappiamo, la norma vale solo per soggetti di ente pubblico e non per privati. Deve essere esteso. Ma anche senza questo istituto c’è trasparenza nelle imprese? Certamente sì.

L’ultimo a prendere la parola è il Dottor Guido Stazi (Segretario Generale Consob). Considera l’impatto dell’evoluzione normativa in tema di prevenzione e contrasto alla corruzione, anche in questo caso con particolare riferimento all’istituto del whistleblowing. Già nel diritto romano c’era l’idea che “colui che agisce nell’interesse dello Stato, agisce anche per se stesso”. Nel periodo della guerra di secessione americana (la cosiddetta Guerra Civile), c’era il problema del dilagare della corruzione nelle forniture militari, quindi chi denunciava veniva premiato con una quota che andava tra il 15% ed il 25% delle somme che si riuscivano a recuperare dal sanzionamento. Il whistleblowing, in altri termini, ha radici antiche. Infine, il Dottor Stazi conclude affermando che in Italia, come sappiamo, ancora non è prevista l’incentivazione economica per il whistleblowing rispetto invece all’America ed Inghilterra che già l’adottano. Ci dobbiamo adeguare. (qui potete trovare i vari premi economici assegnati in America: http://anticorruzione.eu/2015/10/lamerica-premia-i-whistleblowers/).

Chiudo l’articolo dell’evento ringraziando l’Avv. Daniela Condò, organizzatrice del convegno e Tutor Master in Anticorruzione all’Università di Roma Tor Vergata.

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Ho 23 anni e sono uno studente al secondo anno di "Master of science in Business Administration" all'Università di Roma "Tor Vergata". Laureato nel 2014 in "Economia e Management" sempre a Tor Vergata. Diplomato al Liceo Scientifico Statale "Vito Volterra" di Ciampino nel 2011. La mia mail è: daniele.favero2@virgilio.it

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