Lula indagato per traffico d’influenza
La procura di Brasilia ha aperto un’inchiesta per un caso di presunto traffico di influenze illecite nei confronti dell’ex presidente brasiliano Luis Inacio Lula da Silva, per violazione delle norme anticorruzione.
Le indagini sono concentrate a verificare se Lula (Partito dei lavoratori brasiliano) abbia utilizzato le proprie influenze per agevolare la multinazionale delle costruzioni Odenbrecht nella realizzazione di opere per governi esteri, precisamente in America Latina e Africa.
L’inchiesta avviata dal pm brasiliano era stata anticipata da un articolo di Epoca, secondo il quale gli appalti illeciti erano stati finanziati dalla banca di sviluppo brasiliana a seguito dell’interferenza dello stesso Lula che avrebbe facilitato l’accesso al credito.
José Crispiniano, portavoce di una fondazione creata dall’ex presidente Lula dopo aver lasciato l’ufficio, ha dichiarato di essere fiducioso sullo svolgimento delle indagini perché certo della trasparenza e legalità delle attività dell’ex presidente. Per il momento le accuse che il pm brasiliano sta muovendo nei suoi confronti sono decisamente pesanti: traffico d’influenza all’interno del Brasile e traffico d’influenza nelle transazioni commerciali internazionali.
L’obiettivo sarebbe stato quello di sollecitare le concessioni di ingenti prestiti al gruppo Odebrecht e ad altre aziende del Paese vicine a Lula. Le beneficiarie sarebbero così riuscite a stipulare contratti vantaggiosi in America Latina, Cuba e Repubblica dominicana e in Africa.
Questo è il secondo grande scandalo nel quale viene coinvolto Lula. Il primo, si chiamò “Mensalao”, erano gli stipendi in nero che, secondo l’accusa, il Partito dei lavoratori (PT) pagava con fondi pubblici a esponenti di altri partiti brasiliani affinché votassero in Parlamento leggi che il PT non poteva far approvare perché non aveva la necessaria maggioranza.
In quella inchiesta, oltre all’allora tesoriere del Partito, vennero condannati il braccio destro di Lula, storico dirigente del partito, José Dirceu e un funzionario del Banco do Brasil, Henrique Pizzolato, che in seguito si è rifugiato in Italia dove è tuttora detenuto in attesa di estradizione.
Fonti:
“El Universal” di Colombia