Corruzione e denuncia

Nella categoria Whistleblowing da su 22 luglio 2015 0 Commenti

whistleblower-1Una delle principali leggi anticorruzione statunitensi il Foreign Corrupt Practices Act consente ai cittadini non statunitensi di ottenere ricompense monetarie per la segnalazione di irregolarità. Le violazioni possono aver luogo in qualsiasi parte del mondo, e le rivelazioni del whistleblower possono essere rilasciate in modo confidenziale per ridurre al minimo le eventuali ritorsioni.

Il whistleblowing in Italia è stato inserito con la legge Severino, e il governo Renzi ha attribuito all’Autorità guidata da Cantone il compito di raccogliere le segnalazioni. Mancano però le regole esatte per la standardizzazione della procedura e gli incentivi economici per chi denuncia, previsti invece negli altri paesi. Per sconfiggere la corruzione in Italia è importante il contributo di tutti i cittadini. La pensano così il 61% degli italiani intervistati da Transparency International per il Global corruption barometer 2013. Ma quanti sarebbero realmente disponibili a denunciare la corruzione di cui sono testimoni? Il 56% degli italiani, secondo lo stesso sondaggio, si rivolgerebbero soprattutto (il 35%) alle istituzioni. Allora perché nel nostro paese ci sono così poche denunce? Probabilmente perché, come ammette la restante parte degli italiani intervistati, molti (il 44%) temono le conseguenze del proprio gesto o lo ritengono inutile. E non hanno tutti i torti. ( http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/03/corruzione-strumento-per-denunciare-ce-in-italia-non-funziona/1246921/)

I dati di Alac (Allerta Anticorruzione) indicano che le due regioni che stano tirando la volata alle segnalazioni sono il Lazio (21) e la Campania (19), seguiti da Lombardia con 12, Puglia con 8 e Sardegna con 5. Assordante il silenzio di Piemonte e Liguria, che nonostante le grandi opere e gli scandali (come quello legato all’alluvione del 2014) ancora non hanno nemmeno un whistleblower. (http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/14/).

Ma la soluzione esiste, ed è stata efficacemente sperimentata nei paesi anglosassoni. È quella del whistleblowing, ovvero l’istituto che tutela ed incentiva chi segnala episodi corruttivi contribuendo a smascherarli. Eppure, nonostante il whistleblowing sia previsto dalla Convenzione di Strasburgo del 1999, sia annoverato dalla Commissione Europea come uno dei 10 strumenti per sconfiggere la corruzione e sia diventato un motivo di richiamo per l’Italia da parte del Greco (Gruppo di stati contro la corruzione) nel 2012, il suo utilizzo in Italia è ancora ai primi vagiti. Nel nostro Paese lo strumento è stato genericamente introdotto dalla legge Severino (190/2012) e il governo Renzi ha attribuito all’Autorità Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone il compito di raccogliere le segnalazioni. Secondo la legge italiana il dipendente che denuncia gli illeciti deve essere tutelato dalle eventuali conseguenze della sua azione e la sua identità non può essere rivelata senza il suo consenso. Ma alla nostra normativa mancano ancora le regole esatte per la standardizzazione della procedura e sono del tutto assenti gli incentivi economici per chi denuncia, previsti invece negli altri paesi.

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Ho 23 anni e sono uno studente al secondo anno di "Master of science in Business Administration" all'Università di Roma "Tor Vergata". Laureato nel 2014 in "Economia e Management" sempre a Tor Vergata. Diplomato al Liceo Scientifico Statale "Vito Volterra" di Ciampino nel 2011. La mia mail è: daniele.favero2@virgilio.it

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