Mafia e affari: un patto scellerato
Recentemente, ho avuto l’occasione di prendere parte alla presentazione di un corso di perfezionamento. In cui uno degli interventi, il magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia Giovanni Conzo, in poche battute ma dense di efficacia, ha definito “la mafia, la politica e l’economia come gli elementi di un patto scellerato”. Cerchiamo di analizzare nel dettaglio le componenti di tale patto e in quale misura collaborano tra loro.
In via preliminare, occorre notare che mafia-politica-economia spesso si insinuano nei momenti di debolezza delle persone. Si presentano allora come la “soluzione migliore” in quelle occasioni in in cui il conto è in rosso, o non si riesce a mandare avanti l’attività di famiglia. In modo quasi paradossale, la mafia finisce per apparire il “garante” della sicurezza, offre protezione e infonde una fiducia illusoria. In un certo senso, si forma uno stato parallelo a quello ufficiale, con proprie regole e con una sua amministrazione. Due Stati in un solo territorio. Per contrastare lo stato ufficiale e rendersi più potente, la mafia ha bisogno di sostegno: lo cerca proprio nel terreno nemico, attirando dalla sua parte politici corrotti. Si controllano elezioni locali e regionali, il più delle volte in cambio di un posto di lavoro o di altri favori economici. Come afferma Gian Carlo Caselli:
“La mafia è sì un’associazione criminale, è sì un problema di polizia e di ordine pubblico; ma non è soltanto questo. È un fenomeno assai più complesso, caratterizzato da una fittissima trama di relazioni con la società civile e con svariati segmenti delle istituzioni. Di qui un intreccio di interessi e un reticolo di alleanze, connivenze e collusioni che sempre hanno fatto della mafia un pericoloso fattore di possibile inquinamento della politica, dell’economia e della finanza (con tutti i rischi che ciò comporta per l’ordinato sviluppo di un sistema democratico). Considerare la mafia come un insieme di qualche centinaio di sbandati, pur violenti e feroci, è dunque riduttivo.”[1]
Il meccanismo del sistema-mafia è quindi complesso, e ogni tassello – politica e economia – deve essere al suo posto affinché gli affari funzionino.
Continuando il suo intervento, il Magistrato Conzo ha affermato che, accanto a quella che possiamo definire mafia tradizionale, sta emergendo una “nuova mafia”. E’ la mafia del fenomeno dei barconi: profughi che comprano la speranza di una vita, e dagli scafisti, “eroi del nostro tempo”[2] che promettono un futuro, sicurezza e lavoro. La realtà, assai più tragicamente, è una di sfruttamento, traffico umano e morte.
Si tratti di mafie tradizionali o nuove, sono fenomeni da contrastare con decisione A questo proposito, Giovanni Conzo ha riferito di quanto le indagini e le collaborazioni con i pentiti siano decisive nel sovvertire il piano criminale. Non basta prendere coscienza che in generale il fenomeno mafia esiste: occorre passare dalla conoscenza alla lotta.
E il passo successivo consiste nel combattere gli investimenti della mafia: se politica ed economia – quelle sane e giuste – si alleano, sconfiggere il terzo componente del patto scellerato sarà, non oso dire semplice, ma almeno possibile.
[1]Da Cavaliere le spiego la mafia, Corriere della sera, 18 ottobre 1994.
[2] Come recita il titolo di un noto romanzo di Lermontov