Gli Open data come strumento di lotta alla corruzione: il rapporto Tacod

Nella categoria Analisi e Ricerche da su 21 maggio 2015 0 Commenti

Lo sopen-data-keycorso 17 aprile ad Oxford sono stati presentati i risultati del rapporto Tacod, una ricerca condotta dall’Istituto di Ricerca Riscc e da Trasparency International Italia sul ruolo degli open data nella lotta alla corruzione.

Finanziato dall’Unione Europea all’interno del Prevention and Fight Against Crime Programme 2013, il rapporto Tacod non analizza semplicemente lo stato dell’arte degli open data ma il loro potenziale alla lotta alla corruzione in quattro paesi: Italia, Regno Unito, Austria e Spagna.

Supportato dai dati de Open data Barometer Global Report 2014, viene evidenziato come l’Italia si posizioni come fanalino di coda rispetto a Regno Unito, Spagna e Austria, non tanto dal punto di vista di una legislazione relativa all’anticorruzione, dove peggio dell’Italia si collocano Spagna e Austria, ma soprattutto dal punto di vista dell’accesso alle informazioni della Pubblica Amministrazione.

L’obiettivo del progetto Tacod, nelle sue varie articolazioni, è quello “di incrementare le condizioni necessarie per la trasparenza per ridurre la corruzione aumentando la capacità dei destinatari (cittadini, giornalisti, ONG) di usare gli open data a scopo di prevenzione”

Punto di partenza di tale ricerca è il riconoscimento di “come il processo di digitalizzazione dell’informazione all’interno della Pubblica Amministrazione abbia permesso di migliorare l’efficienza della PA e di facilitare l’accesso dei cittadini ai servizi pubblici”. In tale processo il tema della trasparenza si è andato configurando non solo come obiettivo della PA, ma anche e soprattutto come un servizio essenziale per la cittadinanza.

Uno dei modi nei quali si declina il tema della trasparenza è l’implementazione degli open data da parte della Pubblica Amministrazione e il loro successivo utilizzo da parte del cittadino, considerato che tali dati giocano un ruolo da protagonista nella lotta alla corruzione, dal punto di vista tanto della prevenzione che del contrasto di fenomeni di corruzione.

L’aspettativa riguardo al ruolo degli open data in chiave anticorruzione è molto alta e bisogna fare i conti con i limiti di questi stessi dati.

Il primo limite consiste, secondo il rapporto, nella scarsa volontà politica all’utilizzo degli open data, responsabilità ascrivibili al mondo della politica poiché il lavoro della Pubblica Amministrazione è deciso da essa. Più che da ragioni tecniche ci troviamo di fronte alla resistenza della classe politica a favorire l’utilizzo degli open data, probabilmente per paura di un eventuale eccessivo controllo.

Il secondo limite è dato dal quadro normativo, che risulta in questa materia non armonizzato nei paesi UE, riducendo di fatto la possibilità di eseguire analisi comparate.

Il terzo e il quarto limite riguarda rispettivamente la qualità degli open data, che è ancora scarsa, e il loro utilizzo, che è di fatto appannaggio di esperti del settore, lasciando fuori il resto della cittadinanza.

Uno dei punti su cui si concentra il rapporto Tacod è relativo all’azione della Commissione Europea.
Essa nel 2013 ha redatto il suo primo rapporto anticorruzione evidenziando alcuni rischi relativi alla rilevazione dei fenomeni di corruzione, come la petty corruption, cioè la corruzione con piccole tangenti.

Altro dato rilevato è la diffusione della corruzione più a livello locale che centrale, con settori a rischio quali quello delle costruzioni, del fisco, della sanità e della finanza. Un altro fenomeno che sfugge ad una sicura rilevazione è la corruzione internazionale e il suo collegamento con la criminalità organizzata.

Il rapporto della Commissione Europea rileva, inoltre, delle questioni irrisolte che attengono alla sfera anticorruzione: politiche incentrate sulla trasparenza, tutela dei whistleblowers, mappatura delle varie lobbying e controlli sull’esecuzione degli appalti. Il tema degli open data, rileva il rapporto Tacod, è totalmente assente nel rapporto 2013 della Commissione Europea, denotando in questo modo una miopia che gli autori del Tacod sperano possa essere colmata nel prossimo rapporto della Commissione Europea.

Alla fine di questo rapporto si sonda la percezione di quanto il fenomeno della corruzione sia diffuso tra i cittadini. Mentre negli altri paesi europei il 76% degli intervistati dichiara di percepire la corruzione molto o abbastanza diffusamente, l’Italia si aggiudica il primato arrivando a toccare la soglia del 97% nel percepire endemicamente il fenomeno della corruzione.

Gli open data, allora, rappresentano non sono un’opportunità, purtroppo finora mancata, per un progresso civile in tema di diritto alla conoscenza, ma anche una importante sfida per accorciare lo spread di sfiducia verso la cosa pubblica, poiché all’apertura dei dati, di qualità e di facile accessibilità, consegue un aumento della fiducia dei cittadini verso le istituzioni.

fonte: http://eventipa.formez.it/node/42038

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Sono uno studente di Filosofia a Tor Vergata al primo anno di magistrale. Mi interesso di questioni di attualità e di politica che intendo come servizio e come tutela delle minoranze. Ho un sogno: vivere in uno Stato civile e laico, attento alla salvaguardia dei Diritti Umani. Aderisco a questo progetto con convinzione perché credo sia importante promuovere la cultura della legalità e del diritto. «Il cambiamento è automatico, il progresso no.» Antony Robbins

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