Quando un’intercettazione svela la corruzione

Nella categoria Italia da su 21 aprile 2015 0 Commenti

lupi

In questi ultimi giorni si parla dell’annoso problema delle intercettazioni telefoniche nei confronti di politici e imprenditori. Il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, dopo essere uscito su tutti i giornali, ha dovuto lasciare la sua mansione al governo. La motivazione? L’orologio regalato al figlio e le pressioni da parte del ministro per far ricevere il primogenito da Ercole Incalza. L’ex ministro e suo figlio non sono indagati, ma le intercettazioni telefoniche hanno fatto perdere il posto a Maurizio Lupi.

 

Un altro esempio riguarda l’ex premier Massimo D’Alema che avrebbe ricevuto finanziamenti da parte di Francesco Simone, responsabile delle relazioni esterne della Cpl Concordia, per l’acquisto di 2.000 bottiglie di vino che proprio l’ex primo ministro produce con la sua azienda. In un’intercettazione, Simone ha detto “Gli ho fatto ‘sta marchetta, gli ho detto (a D’Alema) posso parlare col mio amico sindaco d’Ischia, così fa venire gli albergatori più importanti, voi fate la presentazione del vino. Non glielo avessi mai detto, m’ha chiamato stamattina, poi l’ho fatto chiamare dal sindaco”. Parole pesanti, che hanno gettato forti dubbi sull’operato di D’Alema.

 

Anche le intercettazioni che gravitano intorno allo scandalo di Mafia Capitale hanno colpito personalità importanti, che sarebbero colluse con il sistema ordito da Massimo Carminati, e che, però, non sono indagate ma compaiono solamente nei registri del nucleo dei carabinieri. Si passa dal calciatore della Roma Daniele De Rossi al conduttore Teo Mammucari. Le loro intercettazioni rivelerebbero incontri telefonici con i massimi vertici della cricca romana ma non giustificherebbero reati giudiziari. Proprio il calciatore della Roma ha chiamato Giovanni De Carlo, boss romano amico dell’ex Banda della Magliana Ernesto Diotallevi, per risolvere una lite in un locale. De Rossi al telefono con De Carlo ha detto: “No, avevo pensato che aveva chiamato qualche malandrino… qualche coattone… ho detto famme sentì Giovanni.”

 

Adesso la domanda che si pongono tutti è: “È giusto far comparire su tutti i giornali queste intercettazioni oppure bisogna arginare il fenomeno?”. Maurizio Lupi, per esempio, ha perso la carica di ministro solamente per essere comparso nei registri telefonici. Il fatto di dire qualcosa di inappropriato, ma non necessariamente contro la legge, può portare a tutto questo turbinio di poltrone e discredito?

 

Gian Carlo Caselli, magistrato italiano in pensione, si è esposto sul tema e ha fatto delle dichiarazioni importanti sul problema delle intercettazioni. “La pubblicazione delle intercettazioni può svelare i cosiddetti “arcana imperii” ed è proprio questo che il potere, per legittima difesa, non gradisce” ha dichiarato Caselli. Secondo l’ex magistrato, questo strumento è utile per fare trapelare gli scandali giudiziari e politici. Caselli continua affermando che “l’esperienza ci dice che da alcuni anni l’informazione ha avuto un ruolo decisivo per far conoscere, e quindi contrastare meglio, alcuni gravi problemi che il nostro Paese ha avuto. L’elenco è lunghissimo. Per usare il linguaggio giornalistico, parliamo di Tangentopoli, Bancopoli, Furbettopoli, Calciopoli, Vallettopoli, Crac Cirio, Crac Parmalat, e via via i nuovi scandali, Expo, Mose, Mafia Capitale. Se non ci fosse stata un’informazione attenta, come per fortuna c’è stata, la qualità della nostra democrazia avrebbe potuto peggiorare. Se questo ruolo fosse cancellato o pesantemente limitato sarebbero guai.”

 

L’ex magistrato si rivolge soprattutto alla libertà di informazione: “Comprimere più di tanto la libertà di informazione mi sembra molto pericoloso perché rischieremmo di non sapere più nulla degli scandali della cui gravità abbiamo detto. Tanto più se si tiene conto dei tempi del nostro processo che, se si aspettano le udienze pubbliche, campa cavallo.”

 

Secondo l’ex magistrato le intercettazioni sono fondamentali. Anche Lirio Abbate, giornalista de “L’Espresso”, durante un incontro al Festival del giornalismo di Perugia, ha dichiarato che “le intercettazioni sono fondamentali, non tanto per gli atti giudiziari, ma per far capire alle persone e alla popolazione italiana, come un politico o un imprenditore si comporta.” Non si tratta di far progredire le inchieste, ma di dare un quadro generale su tutti i comportamenti dei politici che ci governano.

 

Gli atteggiamenti che riflettono le intercettazioni sono uno specchio senza veli dei comportamenti delle persone indagate nelle varie inchieste che caratterizzano le storia italiana dal dopoguerra ad oggi. Un cittadino medio, che ascolta telegiornali o legge i quotidiani, rimane più impressionato dalle parole private di un politico, che da un corollario di leggi che accusano lo stesso personaggio. Inoltre, le intercettazioni non hanno segreti, sono parole dette e che in pochi casi possono essere smentite. Un testamento futuro, che incide nero su bianco le intenzioni del politico di turno, che vuole comprare, vendere, acquisire appalti o manipolare gare pubbliche. Basti pensare alle ormai famose parole di Massimo Carminati, che ha spiegato in un’intercettazione ambientale come funzionava il “mondo di mezzo” e la cricca che lui e Buzzi avevano creato a Roma.

 

La libertà di informazione si riflette anche nella libertà da parte del cittadino di venire a conoscenza dei vari retroscena invisibili che si trovano nei più profondi meandri della politica e dell’imprenditoria italiana. Pubblicare le intercettazioni è un modo per far capire alla cittadinanza il dovere della stampa di essere cane da guardia per il popolo, dei watch-dogs che si trovano dalla parte dei cittadini.

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sull'autore ()

Ho 23 anni e sono un giornalista praticante dal 2013. Studio Scienze dell'Informazione, della Comunicazione e dell'Editoria all'Università di Tor Vergata. Laureato in Lettere presso lo stesso Ateneo. Mi occupo principalmente di giornalismo d'inchiesta e di reportage in giro per l'Italia.

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