When corruption is the norm
Spotlight 1 – World Development Report 2015 – Mind, Society, and Behaviour
Tramite il nuovo report pubblicato dal World Bank Group il 4 dicembre 2014 e intitolato Mind, Society and Behaviour, la Banca Mondiale si propone di indagare le nuove modalità di fare policy che si stanno delineando in seguito alla diffusione degli studi di economia comportamentale. L’economia comportamentale è definita dall’enciclopedia Treccani come quella “branca dell’economia che, a partire dall’analisi sperimentale e impiegando concetti tratti dalla psicologia, elabora modelli di comportamento alternativi rispetto a quelli formulati dalla teoria economica standard”.
L’assunzione sottostante a molte policies economiche è che il comportamento umano derivi da scelte razionali e che gli individui valutino attentamente le loro scelte, considerino tutte le informazioni a loro disposizione e prendano decisioni per conto loro. Nelle decadi recenti, grazie agli studi in campo di psicologia e sociologia che hanno condotto allo sviluppo dell’economia comportamentale, le neonate policies basate su una più accurata comprensione di come le persone pensano in realtà e di come si comportano, si sono dimostrate una grande promessa per affrontare alcune delle più difficili sfide di sviluppo, come l’aumento della produttività, la rottura del ciclo della povertà da una generazione all’altra, l’azione per il cambiamento climatico e anche il contrasto della corruzione.
Nel report, infatti, è presente uno spotlight intitolato When Corruption is the Norm. Tale approfondimento ci aiuta a capire come la corruzione sia una pratica talmente radicata da essere stata considerata per molto tempo (ed essere ancora considerata in alcuni Paesi) una norma sociale.
Fintanto che la corruzione, in ogni sua forma, viene vista come l’azione di un singolo, può risultare efficace concentrarsi sulla dissuasione dei singoli atti di corruzione per debellare questo male. La questione è che, come il report ci spiega, in realtà esiste una concezione di corruzione in senso sociale. Questa è la convinzione condivisa che lo sfruttamento di una carica pubblica al fine di ottenere dei benefici per se stessi, per la propria famiglia o per i propri amici, sia una pratica non solo diffusa, ma anche prevista e tollerata. In altre parole, la corruzione può diventare una norma sociale. E lo è stata infatti per gran parte della storia.
Il report si concentra poi sulle aspettative sociali e sui modelli mentali diffusi che perpetuano la corruzione. Se le persone credono che il scopo di ottenere una carica sia quello di fornire a parenti e amici denaro, beni, favori o appuntamenti, le reti sociali possono favorire il perpetuarsi della corruzione. Le reti sociali possono anche fungere da castigo per gli impiegati pubblici che violano questa norma. In Uganda, per esempio, il forte senso di lealtà alla parentela e alla comunità, ha fatto sì che si sviluppasse un sistema di governance in cui un funzionario pubblico è considerato valido esclusivamente se sfrutta la propria posizione a vantaggio della propria rete sociale. Inoltre, i detentori di posizioni sociali che non usano la loro influenza per assistere amici e parenti rischiano derisione e perdita di rispetto. Anche le persone che privatamente disapprovano la corruzione, spesso si dichiarano pubblicamente favorevoli a causa della pressione sociale a sostegno del sistema corrotto. Visto che le persone che esprimono opinioni non allineate alla maggioranza rischiano di essere trattate come outsiders, spesso si schierano per il mantenimento dello status quo semplicemente per evitare il costo di essere diversi. In questo modo le società rimangono bloccate in un equilibrio in cui la corruzione è la norma, anche se in privato gran parte della popolazione preferirebbe un servizio pubblico corretto ed integro.
La trattazione continua fornendo esempi di come in Cina le pressioni sociali hanno spinto ufficiali pubblici corretti a rinunciare alla carica o perdere il posto di lavoro e di come in India il rifiuto di concedere favori può sottoporre un pubblico ufficiale al rischio di denunce presentate dagli elettori e di come si siano sviluppati sistemi istituzionalizzati in cui la corruzione è la regola.
Il report prosegue poi indicando delle possibili strategie per affrontare la corruzione. Dove la corruzione è diffusa, agire in modo corrotto può diventare la linea di pensiero automatica per gli ufficiali. In tali situazioni, un’adeguata contromisura potrebbe essere quella di creare nuove situazioni per mettere gli ufficiali in condizione di riflettere deliberatamente sul loro comportamento così da “spingerli” rivalutare i loro atteggiamenti.
Visto che le persone tendono a comportarsi diversamente quando sono sole rispetto a quando sono (o credono di essere) osservate da altre, una valida strategia potrebbe essere quella di promuovere il più possibile la trasparenza.
La natura persistente di modelli mentali di lunga data può rendere difficile convincere le persone che le riforme di governance siano reali. Così le campagne anticorruzione potrebbero avere maggior successo, ad esempio, quando misure di esecuzione pubblica sono prese nei confronti di individui politicamente potenti ritenuti ampiamente al di sopra della legge.
Anche campagne di marketing sociale per pubblicizzare iniziative anticorruzione potrebbero essere uno strumento efficace al fine di incoraggiare il sostegno dei cittadini. Fornire incentivi non materiali per stimolare la partecipazione, come la diffusione di uno scopo comune, è molto utile.
Come questo rapporto sostiene, favorire l’azione collettiva non è semplicemente una questione relativa ad incentivare individui con interessi personali: le persone possono essere intrinsecamente e naturalmente motivate a cooperare e a condannare i trasgressori. Infatti, come dimostrano risultati sperimentali, una norma sociale, specialmente dove c’è comunicazione tra le parti, può funzionare bene tanto quanto un set di regole esternamente imposte e un sistema di monitoraggio e sanzioni.