OBBLIGHI ANTIRICICLAGGIO DEI PROFESSIONISTI: COMUNICARE PER FARE CONTAMINAZIONE. Articolo a cura dell’Avv. Maria Vittoria Pantaleo, discente del Master Anticorruzione, IV Edizione, Università degli Studi di Roma Tor Vergata

Nella categoria Analisi e Ricerche, Articoli Master Anticorruzione da su 5 febbraio 2020 0 Commenti

Le attività criminose, come il riciclaggio e la corruzione, sono strettamente legate alla presenza di organizzazioni criminali di stampo mafioso – sia italiane sia straniere – sul nostro territorio. L’obiettivo per molte di esse, così come per singole persone, è di far rientrare i proventi illeciti nel circuito dell’economia legale.
Il riciclaggio è il tassello fondamentale per il godimento dei proventi derivanti da attività illecite consistendo, appunto, lo stesso, in quell’insieme di operazioni mirate a dare una parvenza lecita a capitali la cui provenienza è in realtà illecita, rendendone così più difficile l’identificazione e il successivo eventuale recupero.
Diversi organismi internazionali, tra cui il GAFI (Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale), sottolineano la pericolosità dei reati di riciclaggio, corruzione e terrorismo internazionale accomunati da un tratto caratterizzante: il trasferimento di denaro o più in generale di risorse, per il raggiungimento di uno scopo, quale l’ottenimento di un profitto privato (riciclaggio e corruzione) o il compimento di atti terroristici.
Il riciclaggio, proprio come la corruzione, è un reato molto difficile da scoprire anche perché
apparentemente non fa vittime e, tra le sue caratteristiche principali, vi è proprio l’opacità delle operazioni che lo contraddistinguono1.
Sulla scia del famoso detto nel gergo investigativo mondiale “Follow the money”, si è sviluppato, in tutti i Paesi coscienti della rilevanza dei crimini finanziari, un complesso sistema di repressione penale, civile ed amministrativa dei reati di riciclaggio.
In altri termini, dunque, con il riciclaggio il denaro sporco, tramite una serie di passaggi che possono involgere anche i professionisti, viene lavato e impiegato nei settori immobiliare, imprenditoriale e finanziario.
La cura e l’approfondimento che le categorie professionali principali manifestano nei riguardi dell’antiriciclaggio evidenziano come i dottori commercialisti, gli avvocati e i notai (solo per citare i principali) hanno a cuore la tematica nella stessa misura in cui tengono alla propria deontologia professionale.
La normativa a cui si fa riferimento è quella disciplinata dal D. Lgs. 231/2007 che, unita alle indicazioni fornite dai vari Ordini Professionali di appartenenza (Manuale delle procedure per gli studi professionali), potranno certamente aiutare i professionisti a districarsi negli adempimenti alquanto complicati dettati da una normativa non certo semplice e di facile comprensione. Normativa, la cui conoscenza si affianca ai concetti di legalità e trasparenza, propri dello svolgimento dell’opera professionale.
E’, inoltre, assolutamente indiscutibile l’importante ruolo che il professionista è chiamato ad interpretare per tutta la collettività, per contrastare il riciclaggio nella nostra economia.
E’ di tutta evidenza che la definizione di professionista sia molto ampia e che il legislatore contempli molti altri destinatari come ad esempio banche, istituti di credito, money transfer, compro oro.
Gli obblighi antiriciclaggio consistono, sostanzialmente, nell’attività di adeguata verifica della clientela, conservazione di tutte le informazioni acquisite in sede di adeguata verifica della clientela e delle registrazioni delle operazioni (quantomeno: data instaurazione rapporto; dati identificativi cliente; titolare effettivo; esecutore; scopo e natura rapporto; data, importo e causale operazione; mezzi pagamento utilizzati), organizzazione e controlli interni che assicurino il rispetto delle disposizioni volte a prevenire l’utilizzo di intermediari a fini di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, infine, la segnalazione delle operazioni sospette (SOS).
Tra i molteplici obblighi che il decreto pone in capo ai professionisti, quello della adeguata verifica della clientela, e l’imperativo che gli fa da sfondo “know your client”, è tra i principali. Gli adempimenti dovuti devono essere assolti in base ad un “approccio basato sul rischio”, commisurandoli cioè al rischio associato al tipo di cliente, di operazione o prestazione professionale di cui trattasi.
Se adempiuta correttamente, la fase della determinazione del rischio, è fonte di risparmio di tempo
e risorse per il professionista. Determinato il livello di rischio, infatti, si avrà la possibilità di valutare il modo per l’impostazione dei successivi adempimenti, razionalizzare i tempi e le risorse da impiegare 2.
L’adeguata verifica ordinaria del cliente, guidata dall’approccio basato sul rischio, è un procedimento che non si esaurisce in un momento di acquisizione di dati e informazioni, rappresenta invece un continuum nel tempo, poiché le caratteristiche del cliente variano nel tempo, appunto, e nello spazio economico nel quale esso agisce.
Quanto alle attività incluse nell’adeguata verifica della clientela: quando la prestazione professionale ha ad oggetto mezzi di pagamento, beni od utilità di valore pari o superiore a 15.000 euro; quando eseguono prestazioni professionali occasionali che comportino la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15.000 euro, indipendentemente dal fatto che siano effettuate con un’operazione unica o con più operazioni che appaiono tra di loro collegate per realizzare un’operazione frazionata; con riferimento ai prestatori di servizi di gioco, in occasione del compimento di operazioni di gioco.
Non è previsto, invece, l’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette per le informazioni che i professionisti ricevono da un loro cliente o ottengono riguardo allo stesso nel corso dell’esame della posizione giuridica o dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza in un procedimento innanzi a un’autorità giudiziaria o in relazione a questo.
Inoltre, gli obblighi di adeguata verifica della clientela non si osservano in relazione allo svolgimento dell’attività di mera redazione e trasmissione ovvero di sola trasmissione delle dichiarazioni derivanti da obblighi fiscali e degli adempimenti in materia di amministrazione del personale.
E’ proibito il trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi di un valore pari o superiore a 3.000 euro e l’apertura in qualunque forma di conti o libretti di risparmio in forma anonima o con intestazione fittizia.
Se non è possibile rispettare gli adempimenti previsti dalla disciplina antiriciclaggio, i professionisti devono astenersi dallo svolgere la prestazione professionale.

Nel caso in cui il professionista si accorga di operazioni sospette ai fini antiriciclaggio o violazioni del limite di utilizzo del contante, in base al principio di collaborazione attiva, deve effettuare subito una segnalazione antiriciclaggio all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF).
Come ha specificato il direttore della UIF Clemente, «l’Unità si trova in una posizione di confine tra i segnalanti, cui la normativa affida il compito di intercettare le risorse di provenienza illecita allo scopo di preservare il sistema economico dai tentativi di infiltrazione criminale, e le istituzioni pubbliche, incaricate di dare concretezza a questa tutela in sede investigativa e giudiziaria»3 .
Ebbene, essa è ubicata in questo confine per permettere che non solo avvenga l’obbligatorio scambio di informazioni – come la segnalazione di operazioni sospette – ma anche che da questa interconnessione ne risulti un quadro efficace di condivisione tra i soggetti privati obbligati e le autorità.
Il libero professionista, deve, quindi, sviluppare delle adeguate procedure interne e misure di formazione del personale; non è chiamato a svolgere attività investigative, ma deve effettuare le proprie valutazioni sul cliente e sull’operazione basandosi sulle informazioni possedute o acquisite nell’ambito della propria attività istituzionale o professionale.
Ogni professionista, nell’ambito delle sue scelte di carattere organizzativo, è nella libertà di poter stabilire le migliori soluzioni procedurali compatibili con il rischio che lo stesso è chiamato a gestire. Tali sistemi e procedure adottate, devono rispettare le prescrizioni e le garanzie stabilite dalla legge antiriciclaggio e dalla normativa in materia di protezione dei dati personali.
Il D. Lgs. 231/2007 è una norma di prevenzione che ha il duplice scopo di prevenire e contrastare l’utilizzo di denaro proveniente da attività criminose nel sistema legale e consentire ai professionisti di riconoscere circostanze anomale nel comportamento e nell’operatività del cliente che, attraverso la sua prestazione professionale, vuole ottenere l’unico vantaggio di utilizzare uno schermo lecito per movimentare, occultare, trasferire, convertire denaro proveniente da attività criminosa. Emerge chiaramente come il legislatore abbia inteso attribuire un ruolo di assoluto rilievo agli ordini professionali. Su questi ultimi, infatti, graverà il difficile compito di controllare (e, prima ancora, di promuovere) l’osservanza degli obblighi posti dal Decreto da parte dei professionisti iscritti ai propri albi.
Agli ordini professionali è poi attribuita la funzione di “veicolo” delle informazioni e dei dati che dovranno necessariamente essere scambiati tra i professionisti iscritti e le istituzioni individuate dal Decreto (UIF, Ministero della Giustizia, Ministero dell’economia e delle finanze, GdF, DIA, etc etc). La norma antiriciclaggio è per sua natura materia in divenire.
Questo è tanto più vero se si riflette sul fatto che, essendo una norma di contrasto, è in continuo
mutamento poiché “rincorre” – come è natura della norma penale – i comportamenti che le autorità preposte e gli enti internazionali osservano nel tempo e nello spazio4.
Quanto sopra rende difficile il compito del professionista che si accosta al dettato normativo, molto complesso e articolato.
Quale considerazione conclusiva si osserva come, nonostante siano passati molti anni dalla introduzione della prima norma antiriciclaggio per i professionisti, rimanga attuale la necessità del formarsi e dell’accrescimento di una cultura antiriciclaggio, che si fondi sulla diffusione dei concetti cardine dell’adeguata verifica da applicare negli studi professionali.
Ne sono un esempio lampante gli innumerevoli incontri, convegni, seminari, tavole rotonde per rendere edotta la collettività di quanto si stia facendo nella lotta a questi reati da parte delle varie categorie professionali.
Immettiamo, dunque, nel circuito queste best practices come una sorta di virus capace di contaminare in positivo tutta la comunità perché “non importa essere la categoria professionale più brava ma è il sistema che deve essere il più bravo” 5.

1 Identità nascoste: trasparenza dei titolari effettivi per contrastare corruzione e riciclaggio in Italia, Transparency International Italia, maggio 2017.

2 Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, La normativa antiriciclaggio per i professionisti. L’operatività del D. Lgs. 231/2007 e le indicazioni di matrice internazionale, Milano.

3 Clemente C., Presentazione del Rapporto Annuale dell’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia per l’Anno 2016.
4 Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, La normativa antiriciclaggio per i professionisti. L’operatività del D. Lgs. 231/2007 e le indicazioni di matrice internazionale, Milano.

5 Massimiliano Levi, Gli obblighi antiriciclaggio a carico dei professionisti: quando la best practice notarile diventa contaminazione, lezione svoltasi al Master Anticorruzione, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, gennaio 2020.

avatar

sull'autore ()

Lascia un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *