“Se il lavoro si fa Gig”, un saggio di Colin Crouch. Articolo a cura di Filippo Cucuccio.

Nella categoria Analisi e Ricerche da su 30 gennaio 2020 0 Commenti

Che il mercato del lavoro nella società contemporanea, soprattutto nei primi due decenni di questo secolo, abbia subito trasformazioni inedite anche per l’impatto crescente della tecnologia digitale è cosa ormai pacificamente acclarata. Ma molto meno uniformità di opinioni si riscontra, invece, sugli aspetti legati a questa trasformazione in termini di ampiezza dei diritti tutelati dei lavoratori, di miglioramento della loro qualità di vita, di rappresentatività e significatività delle organizzazioni sindacali, etc. Da un lato, così, si collocano studiosi di ispirazione neoliberista convinti nel mettere l’accento sulle caratteristiche positive di questi cambiamenti; dall’altro vi sono quanti non perdono l’occasione, invece, per dimostrarne le conseguenze negative legate all’ arretramento e al restringimento nella tutela dei diritti dei lavoratori.


Copertina libro Colin Crouch “Se il lavoro si fa gig”

Non poteva quindi non essere accolto se non con particolare interesse l’ultimo saggio di Colin Crouch, Professore Emerito di Sociologia, da anni consacrato a studiare l’economia capitalistica nei suoi diversi aspetti, e che questa volta si concentra con le consuete profondità e originalità di pensiero su una delle nuove forme di organizzazione dell’economia digitale, la cosiddetta gig economy, l’economia dei lavoretti. Da non confondere con la “sharing economy”, che prevede la condivisione di risorse sottoutilizzate, la “gig economy” si impernia su un lavoro vero e proprio organizzato da una piattaforma digitale attraverso le prestazioni professionali dei freelance. Un libro, quindi, in cui poter trovare, se non delle risposte definitive, dei validi contributi di riflessione sugli interrogativi prima accennati.

Come in altre occasioni, anche questo libro di Crouch si apre con un riferimento a un fatto di cronaca avvenuto nel sud dell’Inghilterra un paio di anni fa: la morte di un corriere che lavorava per una ditta di logistica, morte avvenuta per il peggioramento del diabete di cui soffriva. Un peggioramento – si è poi acclarato – dovuto all’aver trascurato di sottoporsi ai consueti periodici controlli ospedalieri, non per personale negligenza, ma per il timore di incorrere in altre sanzioni. Così come era avvenuto qualche tempo prima con una multa di 150 sterline, comminata dalla ditta per non aver effettuato tutte le consegne programmate, avendo occupato una parte della giornata lavorativa nello svolgimento dei predetti controlli ospedalieri.

Sull’onda dell’indignazione popolare crescente per i dettagli di questa tragica vicenda si è, così, acceso (e non solo in Inghilterra) un dibattito sulle diverse forme di precarietà nel mondo del lavoro, che sta coinvolgendo tuttora esponenti del mondo politico e di quello sindacale, accademici e studiosi.

Il libro di Crouch, che si inserisce a pieno titolo un questo dibattito, non solo offre una una fotografia puntuale della situazione attuale dei mercati del lavoro, ma prende posizione proponendo cambiamenti adeguati nell’ottica di una equità sociale, secondo l’autore, spesso fortemente compromessa dal lato dei più deboli.

L’impianto del libro permette di accendere fari di attenzione e riflessione via via sulla crescita del lavoro precario nel mondo contemporaneo, sulle ambiguità del contratto di lavoro partendo dall’asimmetria di base tra i due contraenti, sul trend inizialmente crescente e, poi, sempre più in forte diminuzione delle forme di occupazione a tempo indeterminato.

Dopo una valutazione, sia di alcune misure attuate per il sostegno del lavoro, sia dei nuovi tipi di diritti che si stanno sviluppando dalla parte dei lavoratori, ma che di fatto non riducono quell’asimmetria cui prima si faceva riferimento, Crouch si dedica all’esame delle diverse forme di precariato che si collocano al di fuori del modello standard di lavoro.

Nel capitolo conclusivo, analizzati i principali risultati di due importanti Rapporti sul mondo del lavoro in questo secolo, sulle sue trasformazioni e sull’impatto della tecnologia – il Rapporto Supiot del 2001 e il più recente Rapporto Taylor del 2016, l’autore critica la tesi neoliberista che vede in queste nuove forme un superamento del lavoro precario nella sua accezione classica, per poi soffermarsi sull’esperimento della flexicurity. Un modello di contrattazione coordinata sperimentato in Danimarca che, da un lato si pone come modello di riferimento imprescindibile per le riflessioni sugli aspetti innovativi del mercato del lavoro; dall’altro si segnala per la sua divaricazione conclamata rispetto alle politiche del lavoro adottate anche recentemente in sede UE e che ricalcano schemi di tipo assolutamente tradizionale.

Dal percorso di riflessioni svolte in questo libro emerge con chiarezza la reale sfida di questi anni per le politiche pubbliche: ridurre l’asimmetria di base del contratto di lavoro per migliorare la qualità di vita dei lavoratori dipendenti, senza, peraltro, nuocere all’efficienza organizzativa delle imprese.

Una sfida, che per l’autore può essere ragionevolmente vinta, se si guarda a quei casi concreti già verificatisi, in cui all’asimmetria contrattuale ridotta è corrisposto un significativo miglioramento dell’efficienza del sistema economico nel suo complesso, in contesti caratterizzati da elevati standard occupazionali e da soddisfacenti livelli di tutela dei diritti dei lavoratori.

Colin Crouch “Se il lavoro si fa gig” Il Mulino Bologna 2019 pagg. 185

https://www.firstonline.info/se-il-lavoro-si-fa-gig-un-saggio-di-colin-crouch/

 

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