Il prezzo della Libertà e l’eterna Vigilanza. Articolo a cura della Dr.ssa Ludovica Ferrara, discente del Master Anticorruzione, IV Edizione, Università degli Studi di Roma Tor Vergata

Nella categoria Analisi e Ricerche, Articoli Master Anticorruzione da su 30 settembre 2019 0 Commenti

Come ben sappiamo gli Stati necessitano di strumenti in grado di contrastare la corruzione e al fine di ottenere ciò, nacque la necessità di dotare gli ordinamenti statali di principi di prevenzione e perseguimento dei fenomeni corruttivi.
A livello legislativo un importante contributo derivò dalla Convenzione OCSE del 1997 sulla lotta alla corruzione dei pubblici funzionari stranieri nell’ambito delle operazioni economiche internazionali, il cui principale obiettivo fu quello di bloccare ogni forma corruttiva creando con gli Stati aderenti una politica comune basata sull’adozione di regole volte a punire le imprese e gli individui che contrattavano tangenti.
La suddetta impose l’obbligo, per gli Stati aderenti, di considerare reato sia per le persone fisiche che per le giuridiche la corruzione di ufficiali esteri per l’ottenimento di illeciti preminenze su mercato internazionale.
La convenzione entrò in vigore il 15 febbraio 1999 introducendo disposizioni profondamente innovative, dal momento che all’epoca la corruzione di un pubblico ufficiale straniero non integrava gli estremi di reato. Così avveniva, ad esempio, nel nostro ordinamento, nel quale i concetti di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio non potevano che riferirsi alla persona fisica nazionale italiana.

L’articolo 12 della Convenzione prevede un complesso meccanismo di controllo sul rispetto degli obblighi, assunti dagli Stati aderenti con la ratifica, affidandone la funzione di monitoraggio al Gruppo di lavoro per la lotta alla corruzione degli ufficiali pubblici stranieri nelle transazioni economiche internazionali (Working Group on Bribery).
Alla luce di quanto esposto e dell’iter normativo italiano in merito alla repressione del reato di specie (primo fra tutti, specie nella prevenzione, il D.Lgs 231/2001), merita un plauso la nostra nazione per essersi classificata tra i Paesi promotori di questa cultura.
Ad avvalorare questa tesi è il report “Exporting Corruption – Assessing Enforcement of the Oecd Anti-Bribery Convention”, diffuso da Transparency International.
In merito il presidente dell’Organizzazione Virginio Carnevali commenta con orgoglio: “Gli sforzi normativi degli ultimi anni e la crescente efficacia di procedure e Guardia di Finanza nel perseguire i reati di corruzione hanno portato l’Italia nel gruppo dei migliori”.
La lotta alla corruzione, per quanto professata, non può essere sconfitta ma tramite i strumenti a nostra disposizione, ovvero Prevenzione e Repressione, contribuiamo allo sviluppo delle capacità del paese aumentando la consapevolezza e stimolando l’interazione e la cooperazione tra le parti interessate al fine a contenere la “maladministration”.

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