La spinta propulsiva delle Nazioni Unite nel contrasto alla corruzione. Part 2. A cura della Dr.ssa Antonella Lerose, discente del Master Anticorruzione, Terza Edizione.
La Convenzione non focalizzata l’attenzione solo sull’ambito pubblicistico, in quanto all’art. 12 si invitano gli Stati Parte a rafforzare ed implementare quegli strumenti volti a prevenire la corruzione in taluni settori privati che, nella gran parte dei casi, si rivelano essere più delicati ovvero quello della contabilità e della revisione dei conti, prevedendo altresì delle sanzioni incisive, nel caso di mancata osservanza.
Infine, l’art. 13 che esorta ogni Stato Parte a coinvolgere i singoli cittadini, associazioni, organizzazioni, movimenti, fondazioni ovvero l’intera comunità civile nella lotta alla corruzione, in modo tale da “accrescere la trasparenza dei processi decisionali… intraprendere delle attività di informazione del pubblico … nonché dei programmi di educazione del pubblico… rispettare, promuovere e proteggere la libertà di ricercare, ricevere, pubblicare e diffondere informazioni concernenti la corruzione” riveste dunque, fondamentale importanza lo stimolo alla partecipazione sociale, mediante la diffusione di una cultura improntata ed orientata al contrasto della corruzione. Dopo aver affrontato la tematica delle misure volte a prevenire la corruzione, l’UNCAC riprende la tradizionale scansione normativa dei modelli classici convenzionali internazionali.
In particolare il capitolo III è dedicato all’incriminazione ovvero si occupa di fatti penalmente rilevanti, il capitolo IV è dedicato alla cooperazione giudiziaria e di investigazione, il capitolo V introduce un nuovo tassello, denominato “asset recovery”, nel senso che le autorità omologhe degli Stati devono collaborare ai fini della restituzione dei proventi di reato che siano stati confiscati in uno Stato diverso da dove accertata la responsabilità penale della persona, segue il capitolo VI inerente l’assistenza tecnica e lo scambio di informazioni, il capitolo VII dedicato ai meccanismi di applicazione posti in essere dagli Stati Parte per un migliore raggiungimento degli obiettivi posti a base dalla Convenzione ed infine il capitolo VIII, recante le disposizioni finali. In tale prospettiva, la Convenzione si pone quale ulteriore tassello, a livello universale, nel contrasto alla corruzione e lo fa principalmente attraverso la leva preventiva, divenuta lo strumento di tipo culturale che serve ad affrontare un fenomeno di tale portata. Le Nazioni Unite offrono una serie di principi e politiche, a carattere generale, che saranno validamente attuate in ogni dimensione statuale interna, solo mediante l’effettiva collaborazione tra i vari organi dei singoli Stati Parte.
Orbene, lo sforzo maggiore deve essere compiuto dai singoli Stati di diritto, i quali, consapevoli della portata logorante che ha il fenomeno corruttivo, devono promuovere quell’insieme di principi etici, perno di ogni ordinamento statuale ed attivare, al contempo, dei meccanismi concreti, idonei a prevenire qualsivoglia manifestazione sintomatica della corruzione. Solo grazie alle tematiche approfondite nel master anticorruzione, che sto tutt’ora frequentando, ho percepito e realizzato che la corruzione si può arginare e far arretrare mediante un mutamento del modello culturale esistente. In un simile contesto, fanno la differenza tutti quei meccanismi di prevenzione che stimolino la diffusione di una cultura improntata al bene comune e che, attraverso la demarcazione di principi etici e linee guida orientino verso una gestione virtuosa e responsabile, tanto nell’ambito delle amministrazioni pubbliche quanto in quello delle imprese. Queste realtà si possono classificare, da un punto di vista economico-aziendale, quali aziende ovvero organizzazioni produttive che mediante i propri organi di vertice si coordinano tra loro e con tutti coloro che vi partecipino, per raggiugere un fine che va perseguito con un metodo d’azione efficace ed efficiente.
Ed allora, la finalità di ogni azienda, come sopra intesa, è quella di tendere verso il suo interesse primario ovvero quello di soddisfare bisogni attraverso la produzione di beni e servizi utili e, per garantire la propria condizione di sopravvivenza e sviluppo, creare valore sostenibile per sé stessa e per tutti i suoi portatori di interesse, in un arco temporale che sia di breve, medio e lungo periodo. Alla luce di ciò, a mio avviso, ciascun Paese è un’azienda, ove gli organi politici e cioè coloro che ne hanno la guida e ne tengono le redini, devono sempre perseguire quel fine che si identifica nell’interesse primario del Paese stesso, volto ad orientare le singole nervature statuali al bene comune.
In quest’ottica, interesse primario dell’Italia è lo stato di diritto e, dunque, la tutela e la promozione dei diritti e delle libertà fondamentali, l’eguaglianza sostanziale, il rispetto e la tutela del libero mercato e della concorrenza, il rispetto ed il riconoscimento della giustizia. Solo attraverso un cambiamento del modello culturale esistente è possibile perseguire l’interesse primario; tale processo evolutivo condurrà, in primis, ad una responsabilizzazione di coscienza e d’azione degli organi di vertice, innescando un meccanismo di propagazione a cascata che si riverserà su ogni singolo cittadino, conscio del buon esempio che gli viene consegnato dai medesimi.
Per rendere possibile tutto ciò, occorre diffondere una cultura del bene comune mediante la promozione e l’incentivazione di una costante formazione che vada ad agire su ciascuna persona; per tale motivo, oltre agli organi di vertice, rappresentano due veicoli preferenziali, la scuola che si pone da base non solo per la formazione del sapere ma sopratutto del saper essere e l’informazione sociale che ha la caratteristica di incidere fortemente, andando a influenzare, volente o nolente, il modo di agire interpersonale, lavorativo, sociale, commerciale, legale nonché sulla sfera di pensiero di ognuno di noi. Ed allora, il nostro Paese, riuscirà a perseguire il suo interesse primario preservando e garantendo la sfera sociale, personale, economica, lavorativa e legale, attraverso una modalità d’azione collaborativa e che sia capace di diffondere una cultura etica ed un’adeguata formazione, favorendo un ambiente trasparente, integro, eguale, solidale, responsabile e leale nel tempo, non solo attuale ma anche futuro, riuscendo così, a creare valore per sé e per tutta la sua comunità.