La spinta propulsiva delle Nazioni Unite nel contrasto alla corruzione. Part 1. A cura della Dr.ssa Antonella Lerose, discente del Master Anticorruzione, Terza Edizione.
Part 1
La corruzione, ancora oggi, risulta essere persuasiva e diffusa, tanto da rappresentare un vero e proprio fenomeno che non solo invade e pervade la struttura interna di una società civile e democratica, si insidia in ogni ambito della vita sociale, politica, economica, culturale e lavorativa ma che travalica i confini propri di ogni ordinamento per annidarsi nell’alveo di uno spazio pubblico superiore e comune, provocando la lesione e lo sgretolamento di quei principi che hanno ispirato e fondato l’Unione Europea.
Tale problematica è profondamente avvertita da aver posto le basi per la creazione di un diritto dell’anticorruzione, mediante il quale sta emergendo un modello di prevenzione e repressione che possa essere valido e vigente a livello universale.
L’idea di dar vita ad una Convenzione che si ponesse da strumento e scudo nella lotta alla corruzione, affonda le proprie radici nell’ambito della stipulazione di un’altra Convenzione, cui fa da sfondo un luogo attanagliato da brutali episodi di stragi, omicidi ed attentati, Palermo. Fu in questo luogo che nel 2000, si era aperta la firma ad una Convenzione contro la criminalità organizzata che si occupasse di fatti di reato commessi da più di due persone e, tra questi fatti di reato era prevista anche la corruzione.
Gli Stati però, in sede di dichiarazioni politiche conclusive, si accordarono sulla circostanza che la corruzione avrebbe dovuto avere una sede propria di cooperazione, cosa che è avvenuta il 31 ottobre del 2003 nella cittadina americana di Merida, dove l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, normalmente identificata con l’acronimo UNCAC.
Entrata in vigore a livello internazionale il 14 dicembre 2005 e tutt’oggi vincolante per ben 185 parti contraenti (nello specifico, 184 Stati ed un’organizzazione regionale l’Unione Europea), tra cui anche l’Italia che ha autorizzato alla ratifica con la Legge 116/2008. L’UNCAC, inaugura una nuova politica internazionale nel contrasto alla corruzione che si estrinseca in un discostamento dal modello classico di cooperazione internazionale, finalizzato alla repressione e fondato su due pilastri: l’uno penalistico, inerente l’obbligo di incriminazione di talune condotte e, l’altro, di cooperazione penale e di polizia ai fini della miglior repressione di quelle condotte.
Difatti l’UNCAC pone l’accento sulla leva preventiva nel contrasto alla corruzione ed è la stessa struttura della Convenzione che attribuisce una fondamentale importanza a tale tipologia di azione, in quanto, dopo i primi quattro articoli che fanno riferimento ai principi segue il capitolo II, dedicato alla prevenzione ed in particolar modo gli artt. dal 5 al 14 che si occupano di strumenti o meglio di politiche di prevenzione della corruzione. L’UNCAC consta di 71 articoli complessivi, un Preambolo ed VIII capitoli. Procedendo ad un’analisi normativa, già al Preambolo si avverte l’intenzione della Convenzione di preservare dalla corruzione non solo ciò che riguarda la sfera pubblica, bensì ogni aspetto della vita sociale; al primo capoverso infatti, si legge che “gli Stati Parte… preoccupati della gravità dei problemi posti dalla corruzione e dalla minaccia che essa costituisce per la stabilità e la sicurezza della società, minando le istituzioni ed i valori democratici, i valori etici e la giustizia e compromettendo lo sviluppo sostenibile e lo stato di diritto…” emerge, pertanto, come il bene giuridico protetto non sia più principalmente la Pubblica amministrazione, ma il complesso di vita sociale di uno Stato democratico. Segue il capitolo I, contenente le “Disposizioni generali”, composto da 4 articoli che fanno riferimento ai principi; in particolare all’art. 1 si circoscrive l’oggetto della Convenzione ovvero “promozione e rafforzamento delle misure volte a preventive e combattere la corruzione… promozione e sostegno della cooperazione
internazionale… promozione dell’integrità, responsabilità e buona fede nella gestione di affari e beni pubblici”e all’art. l’attenzione è focalizzata sulla terminologia, ossia vi è un elenco di chi, per la Convenzione è pubblico ufficiale ed in tal senso si percepisce, da parte della Convenzione, una tensione all’armonizzazione degli ordinamenti nazionali, proseguendo mediante la qualificazione delle principali nozioni giuridiche impiegate dal testo convenzionale. La vera innovazione è senza dubbio il capitolo II, inerente le “Misure preventive” – artt. 5-14 – ove vengono prescritti, anche se in misura generale, una serie di strumenti e politiche atte a prevenire la corruzione. La Convenzione delinea una puntuale scansione, da una parte l’art. 5 co. 1 risulta essere strettamente connesso al co. 4, prevedendo l’obbligo per gli Stati di elaborare ed adottare politiche anticorruzione, nel pieno rispetto del proprio ordinamento interno e che le stesse, siano anche frutto di collaborazione con le autorità omologhe rispetto a ciascun organo dello Stato, anche nell’ambito delle organizzazioni internazionali competenti e dall’altra l’art. 6, ove prevede che “Ciascuno Stato Parte assicura… l’esistenza di uno o più organi…incaricati di prevenire la corruzione mediante mezzi”. In Italia, con la Legge Severino n. 190/12 è stata istituita l’ANAC, Autorità amministrativa indipendente, incaricata specificamente nella prevenzione della corruzione. A tal proposito, la circostanza che alla formazione di norme, sia di hard che di soft law, partecipi un’autorità dello Stato, diversa dal Governo ed incaricata specificamente nella prevenzione della corruzione, ha una doppia portata positiva: l’una di tipo ascendente poiché la delegazione italiana alla quale partecipa ANAC nella formazione della norma internazionale, la vede portatrice delle singole specificità dell’ordinamento italiano in sede di relazioni internazionali e, pertanto, il fatto che ci siano tecnici all’interno della delegazione italiana fa si che la norma venga recepita di contenuti che con qualche probabilità corrispondono agli interessi del Paese.
L’altra di tipo discendente, nel senso che, se ANAC ha partecipato alla formazione della norma internazionale, ne ha delineato i contenuti, diviene un interprete qualificato ovvero nell’attività di regolazione e divulgazione che l’Autorità compie sul territorio, porterà le proprie conoscenze circa il contenuto esatto della norma internazionale. Fondamentale importanza riveste anche l’art. 8 co. 2, il quale prevede che“…ciascuno Stato Parte si adopera al fine di applicare, nell’ambito dei propri sistemi istituzionale e giuridico, codici o norme di condotta per un esercizio corretto, onorevole ed adeguato delle funzioni pubbliche”, si fa riferimento qui al settore pubblico ed in particolare alla creazione di regole e principi etici che possano accomunare nonché essere condivisi e rispettati da ogni dipendente pubblico o qualsiasi soggetto che entri in contatto con la P.A.; dunque, tale articolo si pone non solo in qualità di strumento preventivo ma anche di stimolo per favorire un ambiente integro e trasparente. Va sottolineato che, in Italia, con D.P.R. 63/2013 è entrato in vigore il Codice di comportamento.