Professionalità – Partecipazione e Cultura: le tre “leve” dell’anticorruzione

Nella categoria Italia da su 12 giugno 2017 0 Commenti

A cura dell’Avv. Daniele Cirina, discente della I edizione de Master Anticorruzione di Tor Vergata

Professionalità, Partecipazione e Cultura: tre “leve” fondamentali sulle quali costruire un efficace sistema di prevenzione della corruzione che sono state prese in considerazione, anche se non completamente, dal Legislatore Italiano nella legge 190/2012.

La prima di queste, la Professionalità, è sicuramente quella maggiormente considerata dalla l. 190 che ha imposto l’adozione di diversi strumenti operativi che richiedono, per la loro concreta ed efficace operatività, il possesso di competenze specifiche.
Preliminarmente è utile evidenziare come la legge anticorruzione abbia adottato un approccio innovativo introducendo un sistema organico di prevenzione – repressione della corruzione (che viene definita facendo uso della definizione amministrativa, tale da ricomprendere anche tutti quei comportamenti rientranti nel concetto di mala amministrazione) invece di soffermarsi, come avvenuto in precedenza, unicamente sul lato repressivo.
Il Legislatore infatti, ben conscio che la sanzione penale viene comminata solo in un momento successivo alla commissione del fatto (che, molte volte, per via della prescrizione, non avviene affatto), ha “cambiato strategia” introducendo diverse disposizioni che impongono alle Pubbliche Amministrazioni l’adozione di strumenti operativi (tra i quali, il P.T.P.C.T 1. e la nomina del R.P.C.T. 2). Questi strumenti, almeno nelle intenzioni del Legislatore, hanno come obiettivi fondamentali quello di creare un contesto sfavorevole alla corruzione, di aumentare la capacità di scoprirla e di ridurne le opportunità di manifestazione.
Il perseguimento di questi fini avviene attraverso una “strategia circolare in continua evoluzione” connotata da una programmazione a livello centrale, con l’adozione e la predisposizione del P.N.A. 3 ed una a livello decentrato (con l’adozione del P.T.P.C.T.). L’imprescindibilità di questa “strategia circolare” deriva dalla considerazione che l’individuazione degli strumenti “di dettaglio”, a differenza di quelli generali, può essere effettuata soltanto dalla singola amministrazione all’esito di una analisi accurata che tenga conto della propria attività e/o organizzazione interna.
Ulteriore innovazione apportata è l’introduzione degli strumenti di risk management, cioè di un processo condotto ai diversi livelli dell’organizzazione finalizzato all’identificazione degli eventi rischiosi ed allo sviluppo di strategie e procedure operative per governarli, per “il trattamento del rischio corruzione”.
Da queste considerazioni è possibile sostenere che uno degli intenti fondamentali di questa normativa sia quello di imporre, o quantomeno stimolare, una riorganizzazione delle modalità di svolgimento dell’attività della P.A. sull’assunto che molte volte l’inefficienza e la burocrazia creano le condizioni affinché la corruzione si possa sviluppare. Questa è sicuramente una delle opportunità da cogliere ma per farlo è necessario il possesso di competenze specifiche. Infatti “processo”, “input ed output”, etc. sono concetti innovativi per una amministrazione abituata ad operare e ragionare in termini di “procedimento amministrativo” che impongono il superamento della concezione strettamente giuridica dell’attività della P.A..

Solo se verrà colta questa occasione e si procederà alla formazione di professionalità su questi temi si potrà cogliere in pieno questa occasione, altrimenti si continuerà ad operare in termini di mero adempimento burocratico (o, in alcuni casi, nel più deleterio mero copia-incolla di quanto fatto da altri). La seconda “leva” sulla quale la l. 190 ha costruito la lotta alla corruzione è la trasparenza intesa come principale strumento di partecipazione, di conoscenza e di valutazione a disposizione della collettività; strumento utile allo sviluppo di un controllo diffuso sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche da parte della P.A..

Come costruita dal Legislatore, quindi, la trasparenza diviene un principio cardine e fondamentale dell’organizzazione delle Pubbliche Amministrazioni e dei loro rapporti con i cittadini e misura fondamentale per le azioni di prevenzione e contrasto anticipato della corruzione.
Infatti con la trasparenza, come esplicitata negli istituti dell’accesso civico “semplice” e “generalizzato”, si supera in concetto di “interesse” per l’accesso alle informazioni-dati e documenti detenuti dalla P.A. per dar vita ad nuovo diritto alla conoscenza non condizionato dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti per ottenere una informazione. Ora è proprio la libertà di accedere ai dati e ai documenti a divenire la regola mentre la riservatezza ed il segreto sono le eccezioni.

Sulla effettiva utilità di questa “valanga di informazioni” che, soprattutto dopo l’entrata in vigore del d. lgs. n. 97/2016 (cd FOIA italiano), ha inondato i siti delle amministrazioni italiane è doveroso riflettere dal momento che non è detto che questa pluralità di informazioni renda lo strumento di “controllo diffuso” efficace ed efficiente.

Questo impianto normativo seppur migliorabile ha, ad avviso dello scrivente, fino ad ora tralasciato una terza “leva”: la cultura e l’etica dell’anticorruzione.
Dalla lettura dei giornali infatti, emerge chiaramente lo stretto legame che sempre di più intercorre tra la corruzione, il decadimento generalizzato dei costumi e la degenerazione dell’agire pubblico. A questo si aggiunga la considerazione che la corruzione, come fenomeno in continua evoluzione, sempre più spesso si muove su una linea di confine molto sottile tra ciò che è reato e ciò che non lo è, palesandosi sovente in comportamenti che, anche non configurando reato, rientrano tra quelli che arrecano pregiudizio all’etica pubblica.

L’importanza della “questione morale” risiede proprio in questo ovvero nello sviluppo della coscienza etica del singolo dipendente/funzionario (o semplice cittadino) che gli permetta, nel proprio operato e nell’agire quotidiano, di rispettare i principi di onestà e correttezza permettendogli, in ogni momento, di autovalutare e governare il proprio operato.

È in questo contesto che è necessario più che mai una attività formativa tesa a sviluppare il “senso dello stato e la sensibilità per l’interesse generale”, che permetta di preferire nell’agire quotidiano, l’imparzialità, la competenza ed il merito.

Da questa attività potranno sicuramente trarre giovamento anche tutti quegli strumenti importati nel nostro ordinamento che ad oggi stentano a decollare (penso, ad esempio, al whistleblower) e che, se inseriti in un contesto dove assume valore primario l’interesse generale e non quello particolare del singolo individuo, possono sicuramente svilupparsi.
Solo attraverso un deciso e completo sviluppo di quest’ultima “leva”, nonché al miglioramento degli aspetti critici già registrati nell’applicazione delle prime due, sarà possibile inaugurare una nuova fase connotata da “Professionalità, partecipazione e cultura” che potrà, certamente, contribuire all’ottenimento di risultati positivi nel campo dell’anticorruzione.


1 Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza;
2 Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza;
3 Piano Nazionale Anticorruzione

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