Il modello americano: la legge sui whistelblower

Nella categoria Whistleblowing da su 27 giugno 2015 0 Commenti

tagPer cercare di delineare il contenuto di tale provvedimento, iniziamo con il fornire qualche dato. Innanzi tutto il “whistleblower” (soffiatore nel fischietto) è il lavoratore che, durante l’attività lavorativa all’interno di un’azienda, rileva una possibile frode, un pericolo o un altro serio rischio che possa danneggiare clienti, colleghi, azionisti, il pubblico o la stessa reputazione dell’impresa/ente pubblico/fondazione; per questo decide di segnalarla.  Il volume degli investimenti diretti americani in Italia è la metà di quello che si registra in Francia e appena un quarto rispetto alla Germania. Una delle ragioni addotte dagli investitori americani è il timore della corruzione. Ora, la realtà della corruzione italiana è complessa, come un pò ovunque. Sebbene la stragrande maggioranza degli italiani sia costituita da lavoratori onesti, i casi di corruzione che sono dinanzi gli occhi di tutti, non contribuiscono a infondere fiducia al mercato estero. Secondo Transparency international, l’Italia è considerata il paese più corrotto dell’Europa occidentale, ed è 69sima su 174 Paesi a livello mondiale.

Al contrario, secondo il rapporto Ocse a fine 2013, gli Sati Uniti hanno attirato più investimenti diretti di ogni altro Paese. Uno degli aspetti di tale successo è dovuto al fatto che gli Stati Uniti sono dotati di un meccanismo legale unico per denunciare, perseguire e scoraggiare casi di corruzione nei contratti pubblici. La legge incoraggia i dipendenti – appunto i whistelblower – a denunciare le aziende che frodano il governo, in modo da essere perseguite per truffa. Il whistelblower ha diritto di ricevere tra il 15 e il 30% del denaro recuperato dallo Stato. Dal 1986, il governo americano è riuscito a recuperare 60 miliardi di dollari e oggi, grazie a questa legge l’85% di tutto il denaro deriva da processi avviati da whistelblower.

 La situazione italiana è differente. Le misure che il nostro Paese ha perseguito, come la penalizzazione del falso in bilancio, sono fondamentali per il cambiamento, sebbene inasprire le leggi non sempre è sufficiente. In sostanza mancano le risorse adeguate affinché polizia e magistratura possano combattere da soli la piaga della corruzione. Occorre aiutare il Paese ad essere competitivo nel mercato internazionale, e per farlo è necessario ridurre la percezione della corruzione. Ridare un’immagine pulita e corretta del Paese, potenziare le forze economiche e accogliere investimenti esteri.

 La normativa sui whistelblower contribuisce a prevenire truffe per un valore di 500 miliardi di dollari, dal momento che le aziende ritenute responsabili ai sensi della legge devono risarcire lo Stato, sborsando tre volte la somma dei profitti realizzati illegalmente. Questo aspetto della legge rende piuttosto ovvio il fatto che il rischio di infrangere la legge ha un peso maggiore dei benefici. Infatti, alcune aziende hanno sviluppato uffici atti a verificare la conformità delle proprie procedure alle leggi vigenti.

Stretta cooperazione tra dipendenti-azienda-Stato porta ad una crescita economica e sociale dell’intero Paese.

Tuttavia serve un coordinamento tra tutti gli Stati sulla protezione da poter offrire a questi “informatori”, così preziosi per la costruzione di una società democratica e contro la corruzione. La necessità di una direttiva europea è stata spesso segnalata e anche dalla Transparency International, che ha incitato gli Stati ad adottare delle leggi per incentivare e proteggere queste pratiche. L’obiettivo è prevedere delle piattaforme informatiche per permettere la raccolta di segnalazioni “protette” non solo nelle istituzioni pubbliche, ma anche e soprattutto nelle grandi multinazionali: questo avrebbe una ricaduta positiva anche sull’orientamento degli investitori internazionali e quindi in generale sull’economia.

Tags: , , ,

avatar

sull'autore ()

Studentessa del primo anno di laurea magistrale in Filosofia, dell'Università di Roma "Tor Vergata" - stesso ateneo dove ho conseguito la laurea triennale -. Iscrivermi a filosofia, è stata una scelta che avevo maturato già dai primi anni di liceo. Proprio quegli anni, sono stati caratterizzati da una serie di scontri retorici con coloro che si ostinavano a convincermi che la filosofia non poteva affatto stare a braccetto con la realtà, anzi esse erano nemiche dichiarate. Evidentemente, questa è una posizione avvallata da molti, i quali partono dall’errato presupposto che la filosofia annebbia la mente, con la quale si vive in una sorta di iperuranio sganciato dalle dinamiche del mondo, impegnati solo nella contemplazione. Al contrario, credo che essa permetta uno sguardo critico sulla società, tale da poter individuare gli strumenti per un "tentativo" di soluzione delle questioni chiave contemporanee. Questo progetto, ne dimostra la validità e la possibilità di dialogo tra ambiti solo apparentemente diversi.

Lascia un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *