Dal Consiglio dell’Unione Europea nuova bocciatura per 9 Paesi in tema di cooperazione fiscale. Di Filippo Cucuccio
Le difficoltà economiche legate alla diffusione della Pandemia da Covid’19, gli strappi inflazionistici registrati negli ultimi mesi, le possibili ripercussioni economiche del conflitto russo – ucraino stanno facendo da sfondo alla riconsiderazione della politica economica dell’Unione Europea.
Uno scenario, in cui andranno ad iscriversi anche la fissazione di un nuovo Patto di Stabilità e un’attenzione maggiore agli aspetti di armonizzazione finanziaria e fiscale per tentare di sanare, o, comunque, contenere diseguaglianze normative e regolamentari in grado di favorire indesiderati comportamenti di operatori alla ricerca di opportunità di investimento.
Rientra a pieno titolo in questa prospettiva la politica di cooperazione fiscale, ormai, da tempo avviata anche all’interno dell’Unione Europea e che presta particolare attenzione alle prassi adottare in campo tributario, sia all’interno del perimetro dell’Unione, sia al suo esterno.
Su questo secondo versante, frutto di questa attenzione è la pubblicazione periodica di una lista di Paesi che non ottemperano alle richieste di aprire dei canali di dialogo permanenti, indispensabili per risolvere le problematiche in campo fiscale. Una lista, compilata a cura del Consiglio dell’Unione Europea, la prima volta è stata nel 2017 e che prevede aggiornamenti periodici due volte l’anno. Nella sua ultima versione questa lista annovera 9 Stati: Samoa americane, Figi, Guam, Palau, Panama, Samoa, Trinidad e
Tobago, Isole Vergini degli Stati Uniti e Vanuatu.
Ciò che accomuna queste realtà nazionali è, come si diceva, la mancanza di dialogo con l’Unione Europea in materia di governance fiscale e il mancato rispetto di impegni finalizzati a realizzare le riforme frutto di una adeguata compliance tributaria: dalla buona governance fiscale, alla trasparenza fiscale, all’equa imposizione tributaria, alle misure per prevenire l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili realizzati.
Detto che la “black list” europea in campo fiscale si aggiunge a quella analoga stilata in sede OCSE, a completamento di questo quadro e con particolare riferimento al nostro Paese, va ricordato che in Italia, oltre a questi due strumenti internazionali, sono previste altre due liste: la prima è un elenco delle giurisdizioni nazionali collaborative, quindi considerate virtuose, istituita già da alcuni anni (nel 1996); l’altra, che risale alla fine del secolo scorso è una “black list” di persone fisiche, che inverte l’onere della prova fiscale per chi risiede in giurisdizioni giudicate “opache”, secondo i parametri della compliance tributaria.