Democrazia diretta o tirannia della maggioranza? I paradossi dei Cinque Stelle. Di Filippo Cucuccio
Un recente libro del costituzionalista Francesco Pallante riporta sotto i riflettori il confronto tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta, facendo pendere l’ago della bilancia a favore della prima
Quante sono le possibili declinazioni del termine democrazia? A chi dare la preferenza tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa? Le presunte forme di democrazia diretta sono, in realtà , un inganno? A questi e ad altri interrogativi, legati alle concrete esperienze di democrazia sperimentate in Occidente, anche in epoche diverse, prova a rispondere in modo convincente il recente libro di Francesco Pallante, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Torino.
Nei 14 capitoletti, arricchiti ciascuno da note esplicative e bibliografiche, si offre al lettore un percorso espositivo, suggestivo e appassionante, il cui filo conduttore è costituito dall’analisi delle diverse forme di coinvolgimento del popolo nelle scelte politiche che sono etichettate sotto il nome di democrazia.
Si inizia con una panoramica degli strumenti utilizzabili per assicurare il coinvolgimento occasionale del popolo su temi specifici: dal referendum abrogativo, a quello propositivo; dal recall, alla petizione popolare, alle primarie. Vengono poi sviscerati i temi della rappresentanza e della rappresentatività , della delega per giungere alla conclusione che la democrazia rappresentativa è la sintesi di due ideali opposti: da un lato quello dei governati di partecipare realmente alle scelte dei governanti; dall’altro quello dei governanti di esercitare le proprie scelte autonomamente in assenza di vincolo di mandato.
Il tutto viene opportunamente calato dall’autore in una dimensione storica, che gli permette di citare gli orientamenti e i contributi succedutisi nel tempo in questo campo di filosofi e politologi, valutando contestualmente le conseguenze derivanti dall’evoluzione registrata nel contesto sociale.
Viene, così, toccato un tema di grande suggestione, la trasformazione dei ruoli, sia dei partiti politici, sia dello Stato, ispirato sempre più al principio della sussidiarietà ; sia, infine, dei singoli cittadini che si ritiene di valorizzare, offrendo loro la possibilità di portare avanti i propri interessi nelle discussioni pubbliche, o alternativamente riconoscendo la facoltà di scegliere i leader e le linee politiche di fondo. Da ricordare anche in questa rassegna di esperienze il capitolo dedicato al caso della Svizzera, che, con il suo sistema direttoriale nato dall’esperienza della Rivoluzione Francese, costituisce un “tertium genus” rispetto ai sistemi parlamentari e presidenziali.
L’analisi degli ultimi 30 anni di vita politica italiana, l’attenzione data alle caratteristiche del Movimento 5 stelle con i suoi paradossi accompagnano, da un lato la descrizione del progressivo sgretolamento del sistema parlamentare e dello smantellamento dei corpi intermedi della società  nel nostro Paese; dall’altro la certificazione dell’affacciarsi di una democrazia digitale, favorito dall’irrompere della rivoluzione tecnologica.
La parte conclusiva del libro è dedicata al come uscire dalle attuali difficoltà in cui si dibatte la democrazia. Qui l’Autore fa una precisa scelta di campo, scartando l’ipotesi di una democrazia diretta, troppo esposta al rischio di una “tirannia della maggioranza”, e preferendo la scommessa di una democrazia rappresentativa. Una scommessa, che può rivelarsi vincente a due condizioni: attribuire al pluralismo sociale un valore positivo e non ritenerlo una minaccia; credere che “il conflitto orientato al compromesso sia il solo strumento idoneo ad assicurare uguale libertà a tutte le posizioni”. Con la convinzione dichiarata che in uno scenario, dove non vi è certezza del risultato, “l’incertezza di una scommessa è pur sempre preferibile alla certezza di un inganno”.