L’estensione della confisca come misura di prevenzione patrimoniale nei reati corruttivi: l’importanza dell’articolo 322-ter c.p. Articolo a cura del Dr. Catello Cascone, discente del Master Anticorruzione, IV Edizione, Università degli Studi di Roma Tor Vergata.

Nella categoria Analisi e Ricerche, Articoli Master Anticorruzione da su 11 febbraio 2020 0 Commenti

Lo Stato, quale garante delle condizioni di vita dei suoi cittadini, deve garantire e mantenere le condizioni che assicurano l’ordinato svolgersi della vita sociale; deve perseguire l’obiettivo di prevenire, impedire e reprimere i comportamenti illeciti, allo scopo di garantire la sua stessa sopravvivenza. Infatti, esso è il titolare delle scelte di politica criminale ed è l’attuatore delle stesse per mezzo dei suoi apparati, dopo aver individuato i beni giuridici meritevoli di tutela, prima di tutto la libertà del cittadino. In campo penale questo scopo è affidato alle pene, le quali costituiscono una punizione a fronte della commissione di un illecito e mirano alla rieducazione del reo svolgendo, inoltre, una funzione di deterrenza, quale elemento di intimidazione che esorta a non commettere reati, cioè una vera e propria funzione preventiva. Una delle principali misure di prevenzione patrimoniale è la confisca. Ma cosa si intende per confisca? La confisca, molto brevemente, consiste nell’espropriazione in favore dello Stato, di una cosa utilizzata per commettere un reato o che ne costituisce comunque il profitto. Questa misura è nata, sviluppata ed utilizzata principalmente come arma per colpire al cuore la criminalità organizzata, privandola dei proventi illeciti e, dunque, dei principali mezzi di sostentamento ed espansione; tale istituto, però, evolvendosi in una serie di tipologie speciali, viene utilizzato per colpire determinate fattispecie criminose, come ad esempio i reati contro la Pubblica Amministrazione e in primis la corruzione. Il tutto si verifica quando nel nostro codice penale viene introdotto l’importante articolo 322-ter con la legge 29 settembre 2000, n. 300, che ha trasfuso nell’ordinamento nazionale modelli sanzionatori contenuti in atti di diritto internazionale pattizio alla cui formazione aveva partecipato anche l’Italia. Qual è il contenuto di questo articolo? L’ipotesi ablativa dell’articolo 322-ter è caratterizzata da una vera e propria struttura a strati, con discipline differenziate in ragione dei diversi delitti presi in considerazione. Il primo comma, nella sua prima parte, prevede che in caso di condanna o applicazione della pena su richiesta delle parti per uno dei delitti di cui agli articoli da 314 a 320 c.p., è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengono a persona estranea al reato. Il secondo comma dell’articolo 322-ter c.p. si riferisce, invece, esclusivamente alle ipotesi di corruzione attiva ex articolo 321 c.p., disponendo la confisca obbligatoria del profitto derivante dal reato, fatta salva l’appartenenza a terzi estranei, e prevedendo in caso di impossibilità di confisca diretta la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a detto profitto. La disposizione prevede anche che il valore confiscabile al corruttore non può comunque essere inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio o agli altri soggetti indicati nell’articolo 322-bis, comma 2 c.p., così introducendo peculiari criteri di determinazione della somma confiscabile per la sola corruzione attiva. La previsione della confisca obbligatoria, anche per equivalente, del solo profitto, con l’esclusione del prezzo, appare legata alla peculiare fisionomia della fattispecie, nella quale il soggetto a cagione dell’atto corruttivo riceve un indebito vantaggio; il prezzo, rappresentato dalla tangente ed attinente al reato di corruzione c.d. passiva, potrà essere confiscato ai sensi del primo comma dell’articolo 322-ter c.p. Tale ricostruzione rischia, però, di lasciare fuori le ipotesi in cui il soggetto corruttore sia, a sua volta, stato retribuito da un terzo affinché versi all’incaricato pubblico una somma di danaro, ipotesi nella quale il c.d. quantum ricevuto dal corruttore non può che ritenersi prezzo del reato e stante la previsione del secondo comma riconducibile unicamente alla confisca diretta ex articolo 335-bis c.p. La confisca, quindi, ha rappresentato per moltissimo tempo uno dei principali strumenti attraverso il quale lo Stato ha combattuto la criminalità organizzata; con il passare degli anni e con il moltiplicarsi dei reati, si ha avuto la brillante idea di estendere questa importante misura patrimoniale anche a determinati fattispecie criminose, come la corruzione, ottenendo ottimi risultati. Sicuramente ciò non basta ad eliminare la corruzione in Italia, ma potrebbe rappresentare un buon punto di partenza.


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