La formula sulla corruzione di Klitgaard e Hinna, a cura di Dr. Alessio Latini, discente del Master Anticorruzione, Terza Edizione.
Durante la lezione del Prof. Hinna tenuta nel terzo modulo del Master in Anticorruzione dell’Università di Roma Tor Vergata, ci si è soffermati sugli elementi che possono contribuire al manifestarsi della corruzione. Non occorre dimenticare infatti che quest’ultima è un fenomeno multiforme che presenta profili inerenti la sfera giuridica, sociale, etica e morale. A tal proposito è necessario iniziare l’analisi dalla formula proposta dallo studioso americano Klitgaard, che così la sintetizza: C (Corruzione)= M (Monopolio) + D (Discrezionalità) + A (Accountability/trasparenza). In altri termini, contribuiscono alla corruzione situazioni di monopolio, alti livelli di discrezionalità decisionale e una scarsa attenzione all’accountability, intesa come trasparenza. Per quanto attiene alle situazioni di monopolio, delle stesse si può sinteticamente affermare che trattasi della concentrazione del potere nelle mani di unica entità (persona, azienda, …) . E’ evidente che situazioni siffatte possano degenerare in fenomeni corruttivi poiché chi detiene tale prerogativa potrebbe essere “sensibile” a favorire taluni a scapito di terzi meritevoli, dietro il pagamento per esempio di un adeguato compenso. In generale potrebbe affermarsi che più le situazioni di potere sono accentrate, più i rischi dell’avverarsi di fenomeni corruttivi sono maggiori. Basti pensare ad esempio a qualsivoglia regime dittatoriale, ben noto per essere una forma di governo in cui i livelli di corruzione risultano essere tra i più alti. Elevati livelli di discrezionalità possono contribuire altresì alla diffusione dei fenomeni corruttivi. E ciò per ragioni ben evidenti. In assenza di normative chiare e precise che indirizzano e incanalano l’azione amministrativa, alti profili di discrezionalità potrebbe incidere negativamente sui principi di buon andamento, imparzialità e economicità, poiché si potrebbe, anche in tal caso, essere particolarmente sensibili a favorire taluni senza alcuna giustificazione se non, per esempio, la circostanza del pagamento della tangente (o del favore) di maggiore consistenza. Inoltre, la discrezionalità è strettamente legata all’altro elemento dell’accountantability, da intendere in particolare per ciò che attiene ai controlli e alla trasparenza. Risulta chiaro infatti che laddove vi dovesse essere scarsa trasparenza e pochi controlli, si lascerebbero spazi di manovra maggiori per il compimento di condotte illecite. Occorre pertanto che i soggetti pubblici ( intendendo “latu sensu” tutti coloro che hanno delle responsabilità verso una collettività) debbano rendere conto delle proprie scelte e assumere la responsabilità delle proprie condotte. Ciò non potrebbe che potare ad una maggiore trasparenza delle scelte e ad un maggior dialogo e confronto sulle stesse, con l’effetto di diminuire fortemente fenomeno corruttivi. A questi elementi, il prof. Hinna ne aggiunge altri, ed in particolare: burocrazia, cultura della legalità, crisi economiche e sistema giudiziario. La burocrazia, seguendo gli inserimenti di Max Weber, può essere definita come quelle insieme di norme scritte necessarie affinché i funzionari possano svolgere la loro attività in modo impersonale, evitando personalismi e favoritismi1 . Tuttavia, una eccessiva burocratizzazione non può che apportare effetti nefasti, in principal modo per quel che attiene alla diffusione di fenomeni corruttivi. Basti la semplice constatazione della “mazzetta” devoluta al fine di “oliare il sistema” o per sveltire la lavorazione di una pratica, immersa altrimenti in una burocrazia elefantiaca. La cultura della legalità è relativa invece al rispetto che i consociati hanno delle norme dell’ordinamento. E’ lapalissiano che più gli atteggiamenti verso le norme sono di scarsa considerazione e rispetto, maggiori saranno le possibilità di generare episodi corruttivi. Non è banale considerare inoltre che negli ultimi anni si assiste con inquietudine sempre maggiore alla mitizzazione di personaggi negativi, come gangster o bande criminali Di certo ciò non agevola il diffondersi della legalità, specialmente tra le giovani generazioni. Anche le crisi economiche contribuiscono alla corruzione. E’ indiscutibile infatti che le crisi comportino una minore disponibilità che si riversa sui servizi offerti alla collettività. Poiché, con la crisi, le richieste di intervento sociali aumentano, ciò genera il perverso effetto di privare la collettività di quei servizi proprio nel momento in cui essa invece ne ha più urgenza. E’ innegabile quindi che questo può comportare il maturarsi del fenomeno corruttivo proprio al fine di accaparrarsi quelle utilità divenute scarse. Infine, anche un sistema giuridico e giudiziario inefficiente può sicuramente favorire fenomeni corruttivi. La concreta possibilità di sfuggire all’applicazione di una sanzione agevola difatti il compimento di simili condotte a causa di un “ingolfamento” dell’intero sistema. E’ evidente come un sistema normativamente inflazionato possa genere effetti contrari a quelli prefissati. Se le lacune nell’ordinamento possono generare il timore di eccessiva discrezionalità nell’agire, normare quella lacune comporterà di certo una diminuizione dei timori sopracitati. Tuttavia, normare eccessivamente genera proprio l’effetto che si desiderava scongiurare. Si vengono così a creare tanti piccoli centri di potere, sorti con “l’inflazione” normativa, che ben possono favorire il fenomeno della corruzione. Interessante notare la seguente prospettazione, rappresentata durante la lezione dal Prof. Hinna: Lo spazio riservato alle norme è quanto previsto e regolato dall’ordinamento. Il resto al contrario è Spazio Etica Spazio Norme lasciato alle norme sociali e all’etica. Ordinamenti come quelli di common law fanno utilizzo ristretto di norme per dare maggiore spazio alla regolazione etica e sociale, al contrario in quelli di civil law (di cui l’Italia fa parte) è molto più rilevante lo spazio normativo, per cui la sua rappresentazione potrebbe essere la seguente: Ciò comporta notevoli problematiche proprio perché può generare situazioni in cui, per esempio, a livello giuridico si è sfuggiti ad una sanzione per un cavillo, reputandosi quindi “salvi” e “al di sopra di ogni sospetto”, considerato che l’ordinamento non ha sanzionato quanto compiuto. Tuttavia, tale condotta può essere lo stesso oggetto di biasimo e riprovevolezza. La sanzione non trova luogo sul piano giuridico ma sul piano etico con effetti ugualmente penalizzanti per chi ha compiuto il fatto (es. determinando di fatto le dimissioni dalla carica dopo episodi di corruzione per cui non si è stati sanzionati). Per concludere, un eccesso normativo genera i medesimi effetti di una normazione eccessivamente lacunosa. L’amministrazione, ad esempio si trincera dietro la norma per non agire affatto, attendendo sempre e comunque una “copertura” normativa anche quando non è necessaria, finendo col governare per “legge”, dimenticandosi dell’azione e degli uomini2 . Ciò non può che generare storture del sistema, finendo per favorire fenomeni di corruzione in un contesto così tanto normato da risultare inefficiente e inefficace, soprattutto per l’impunità a cui si può ragionevolmente ambire (evidentemente perché il sistema giudiziario è sommerso da pendenze che non riesce a smaltire). Non resta quindi che affermare con Tacito … “Corruptissima re publica, plurimae leges!”
Note 1.”La precisione, la rapidità, l’univocità degli atti, la continuità, la discrezione, la coesione, la rigida subordinazione, la riduzione dei contrasti, le spese oggettive e personali sono recati in misura migliore rispetto a tutte le forme collegiali o di uffici onorari o assolti come professione secondaria” (Max Weber, Economia e Società, Milano, Edizioni di Comunità, 1968) 2.Come sottolineato dal Prof. Raffaello Lupi (in Compendio di Diritto Tributario, Roma, Dike Giuridica, 2014) particolarmente nefasti sono gli effetti nel settore dell’amministrazione finanziaria, in special modo nella determinazione giuridica della ricchezza ai fini delle imposte dove le aziende non arrivano. In effetti, dove esse arrivano, svolgono un’importante funzione di ausiliari del fisco ma in tutte quelle realtà in cui l’attività non è strutturata come azienda (es. piccoli commercianti al dettaglio) l’amministrazione dovrebbe determinare direttamente la ricchezza (su cui calcolare le imposte) e non lasciare che essa venga determinata “per legge” (solo perché vi sono delle norme in tal senso). Sarebbe come affermare che i giovani vengono istruiti solo perché esiste una legge che prevede l’istruzione obbligatoria o il ladro acciuffato perchè esistono norme penali. In realtà il giovane deve essere istruito e il ladro acciuffato, così come la ricchezza deve essere determinata giuridicamente ai fini dell’applicazione delle imposte, tramite l’agire dell’amministrazione.