I contenuti tipici del Piano di prevenzione della corruzione di un ente societario
La legge n. 190/2012, cosiddetta “Anti corruzione”, non si è occupata solo di Pubblica Amministrazione, ma ha anche fornito l’opportuna occasione per intervenire in ambito privato. Infatti, come riportato nell’articolo di Maurizio Costa, con l’emanazione della Determinazione n. 8/2015 dell’ANAC è stata prevista l’estensione della normativa in materia di anticorruzione e trasparenza anche alle società e agli enti di diritto privato controllati e partecipati dalla P.A, ossia a tutte quelle realtà giuridiche che abbiano, in un modo o nell’altro, un particolare grado di coinvolgimento nell’esercizio delle funzioni pubbliche.
A tal proposito, merita particolare attenzione la stesura del Piano di Prevenzione della corruzione da parte del Responsabile della Prevenzione della corruzione (RPC), e la sua successiva adozione da parte dell’organo di governo della società. In particolare, è necessario soffermarsi sui contenuti tipici del Piano, che descrive un “modello organizzativo” atto a contrastare il fenomeno.
Premessa l’analisi del contesto e la necessaria individuazione delle maggiori aree di rischio (c.d. mappatura del rischio), si richiede che la società adotti un sistema di gestione del rischio, con l’indicazione di modalità, responsabili, tempi di attuazione e indicatori in raccordo con il ciclo di performance. Vi è una chiara analogia con la stesura dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo da parte delle imprese, di cui al d.lgs. 231/2001.
Inoltre, si richiede alla società di integrare il codice etico e quello di comportamento esistente, a alla sua redazione, qualora l’ente ne fosse sprovvisto. In esso, si deve attribuire particolare importanza ai comportamenti propedeutici alla prevenzione della corruzione, in raccordo con un sistema di misure disciplinari ad hoc nel caso di eventuali inosservanze delle disposizioni contenute nel codice.
Un’attenzione particolare merita la necessaria individuazione di specifiche misure di prevenzione della corruzione, in relazione all’ambito operativo della società o dell’ente. Tra esse spiccano la rotazione del personale, o in alternativa, la cosiddetta segregazione dei compiti, attuate compatibilmente all’organigramma e al personale concretamente a disposizione, anche per evitare di sottrarre competenze professionali specialistiche ad uffici cui sono affidate attività ad elevato contenuto tecnico.
Tra le altre misure cui il Piano deve fare riferimento vi sono: l’attuazione di misure di trasparenza, la tutela del dipendente che segnala illeciti (c.d. whistleblower), la realizzazione di un sistema di verifica della sussistenza di eventuali condizioni di inconferibilità/incompatibilità in capo a coloro che rivestono incarichi di amministrazione o a coloro cui siano conferiti incarichi dirigenziali ai sensi di quanto stabilito dal d.lgs. 39/2013, ed infine, un sistema di monitoraggio sull’attuazione delle molteplici misure, anche al fine dell’aggiornamento periodico del Piano stesso.
Ultimo, ma non per importanza, si prevede che le società predispongano attività di formazione rivolte al personale dipendente. La loro organizzazione è compito del Responsabile della prevenzione della corruzione, per quanto riguarda l’individuazione dei tempi, contenuti e modi.
Alcuni casi pratici di avvenuta predisposizione del Piano di prevenzione della corruzione da parte di società controllate/partecipate dalla P.A.:
– “Soelia” Società con socio unico Comune di Argenta (FE) http://www.soelia.it/userfiles/SOELIA_Piano%20di%20Prevenzione%20Corruzione.pdf
– “Irnerio s.r.l” – ente controllato dall’Università di Bologna http://www.irneriosrl.unibo.it/risorse/files/ptpc_2016_2018_def..pdf
– “Società Aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna S.p.a.”
http://www.bologna-airport.it/System/379647/piano_anticorruzione.pdf
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