Cina: facilitavano i viaggi verso la Mecca, finiscono agli arresti 32 funzionari
La mattina del 13 gennaio 2015, il Segretario generale del PCC, presidente dello Stato e della Commissione centrale militare cinese Xi Jinping, ha sottolineato, durante un’ intervista a “China Radio International”, che nel 2014 i provvedimenti per la lotta alla corruzione portati avanti proprio dal suo partito, hanno ottenuto risultati eccellenti. A partire dai piani alti del Partito e dello Stato, è fondamentale persistere verso questa direzione per sconfiggere questo fenomeno, procedendo, inoltre, con determinazione alle indagini sugli elementi privi di trasparenza e prevedendo sanzioni molto pesanti per scoraggiare i cittadini ad un comportamento scorretto. Effettivamente si cominciano ad intravedere i primi risultati. Due giorni dopo questa dichiarazione, trentadue funzionari, della regione autonoma Xinjiang, situata nell’area nord-occidentale del paese, sono finiti in manette con l’accusa di corruzione ed abuso d’ufficio. Secondo le indiscrezioni trapelate dai quotidiani locali, la colpa degli indiziati, alcuni dei quali sono stati anche espulsi dal Partito Comunista, sarebbe quella di aver intascato tangenti sui pellegrinaggi verso la Mecca, in cambio di uno snellimento nelle pratiche burocratiche e nei tempi di attesa necessari per i viaggi organizzati.
A primo impatto può sembrare una vicenda di corruzione molto curiosa se pensiamo che solitamente leghiamo tale fenomeno agli appalti o alla politica, eppure se si pensa che in questa precisa regione della Cina è presente una comunità turca che rappresenta circa il 45% della popolazione, si capisce immediatamente come possa essere risultata una grande fonte di guadagni per tali funzionari. Secondo stime ufficiali lo scorso anno sono stati ben 14 mila i cinesi di religione musulmana che sono andati in pellegrinaggio nei luoghi sacri dell’Islam. In quest’area della Cina del resto sono molto forti le tensioni con lo Stato Centrale di Pechino, che, secondo le autorità locali, ha optato per una politica di repressione contro gli appartenenti all’etnia turca, prevedendo tra le varie normative da rispettare, il divieto per lavoratori e studenti di digiunare durante il mese del Ramadam.
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