NOi contro la CORRUZIONE » Adriano Aquilini http://anticorruzione.eu Fri, 06 May 2022 15:15:58 +0000 it-IT hourly 1 Lula indagato per traffico d’influenza http://anticorruzione.eu/2015/07/lula-indagato-per-traffico-dinfluenza/ http://anticorruzione.eu/2015/07/lula-indagato-per-traffico-dinfluenza/#comments Mon, 20 Jul 2015 04:10:10 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=3258 La procura di Brasilia ha aperto un’inchiesta per un caso di presunto traffico di influenze illecite nei confronti dell’ex presidente brasiliano Luis Inacio Lula da Silva, per violazione delle norme anticorruzione.

Le indagini sono conceUnknownntrate a verificare se Lula (Partito dei lavoratori brasiliano) abbia utilizzato le proprie influenze per agevolare la multinazionale delle costruzioni Odenbrecht nella realizzazione di opere per governi esteri, precisamente in America Latina e Africa.

L’inchiesta avviata dal pm brasiliano era stata anticipata da un articolo di Epoca, secondo il quale gli appalti illeciti erano stati finanziati dalla banca di sviluppo brasiliana a seguito dell’interferenza dello stesso Lula che avrebbe facilitato l’accesso al credito.

José Crispiniano, portavoce di una fondazione creata dall’ex presidente Lula dopo aver lasciato l’ufficio, ha dichiarato di essere fiducioso sullo svolgimento delle indagini perché certo della trasparenza e legalità delle attività dell’ex presidente. Per il momento le accuse che il pm brasiliano sta muovendo nei suoi confronti sono decisamente pesanti: traffico d’influenza all’interno del Brasile e traffico d’influenza nelle transazioni commerciali internazionali.

L’obiettivo sarebbe stato quello di sollecitare le concessioni di ingenti prestiti al gruppo Odebrecht e ad altre aziende del Paese vicine a Lula. Le beneficiarie sarebbero così riuscite a stipulare contratti vantaggiosi in America Latina, Cuba e Repubblica dominicana e in Africa.

Questo è il secondo grande scandalo nel quale viene coinvolto Lula. Il primo, si chiamò “Mensalao”, erano gli stipendi in nero che, secondo l’accusa, il Partito dei lavoratori (PT) pagava con fondi pubblici a esponenti di altri partiti brasiliani affinché votassero in Parlamento leggi che il PT non poteva far approvare perché non aveva la necessaria maggioranza.

In quella inchiesta, oltre all’allora tesoriere del Partito, vennero condannati il braccio destro di Lula, storico dirigente del partito, José Dirceu e un funzionario del Banco do Brasil, Henrique Pizzolato, che in seguito si è rifugiato in Italia dove è tuttora detenuto in attesa di estradizione.

Fonti:

El Universal” di Colombia

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Tra definizione e applicazione http://anticorruzione.eu/2015/06/tra-definizione-e-applicazione/ http://anticorruzione.eu/2015/06/tra-definizione-e-applicazione/#comments Tue, 23 Jun 2015 06:27:42 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=2731 Di fronte agli incessanti sviluppi giudiziari dell’inchiesta «Mafia Capitale», molti cittadini si sono fatti sempre meno fiduciosi circa la possibilità che si possa estirpare l’intreccio tra politica e malaffare.

È uno stato d’animo condiviso e forse comprensibile ma assolutamente da superare: occorre chiedersi se non c’era qualcosa che si potesse fare prima, e se c’è ancora qualcosa che si possa fare oggi, invece di evocare solamente, quando la situazione appare ormai compromessa, la tanto sospirata questione morale.

L’appello all’onestà, ripetuto fiUnknownno allo sfinimento da magistrati e cittadini non basta infatti di per sé a risolvere i mali della politica: e il sentimento «anti casta», rea di curare gli interessi privati a discapito di quelli pubblici, pur animato da giustificato sdegno, ha diffuso nel Paese l’idea che la politica e i partiti siano ingranaggi di una grande macchina per fare soldi. Una delle soluzioni più auspicate è allora quella di affidarsi alle inchieste della magistratura, che però nei fatti rimane un tampone momentaneo incapace di interrompere il flusso d’illegalità dilagante.

La questione malaffare-politica in Italia si abbattè come un ciclone più di vent’anni fa con lo scandalo di “tangentopoli” e, da quel lontano 1994 la qualità del ceto dirigente, locale e nazionale, si sta dimostrando evidentemente ogni giorno più scadente, tanto da destabilizzare l’opinione pubblica, sempre più sfiduciata nei confronti di un’istituzione che non sente più vicina ai bisogni delle persone.

Ciò che possiamo affermare con tranquillità è che il tema dell’onestà personale non è, né sarà sufficiente a risolvere un problema come questo di grave inadeguatezza politica. “L’occasione fa l’uomo ladro” afferma un detto popolare che può indurci a pensare come l’appello all’onestà sia insufficiente a risolvere i mali della politica, che ha per prima cosa bisogno di rimedi soprattutto politici. Affidarsi alle inchieste e ai controlli della sola magistratura per estirpare la corruzione, le malefatte e i privilegi della casta può rischiare di rivelarsi un’operazione inadeguata. L’inasprimento delle pene inoltre, ha incontrato pochi favori in quanti non ne riconoscono un’effettiva capacità dissuasiva.

Dopo più di vent’anni di indagini e condanne la situazione non sembra dunque migliorata: ogni giorno leggiamo di fatti di corruzione, poltrone che vanno e che vengono, appalti in cambio di favori, clientelismi, soldi dei cittadini inghiottiti da cooperative private, tutto in nome del «dio denaro».

Nel caso specifico di Buzzi e Carminati, in un sistema come quello del comune di Roma in cui la politica ha il predominio sull’economia, esistono meno anticorpi per evitare gli sprechi e per razionalizzare le risorse pubbliche, ed è qui che dovrebbe entrare in gioco la Politica, ponendo dei limiti e dei controlli che siano in grado di dare un taglio netto ai comportamenti illeciti.

Dissipare il denaro pubblico oltre ad essere un’offesa a chi quel denaro l’ha investito per il bene comune, è soprattutto un chiaro sintomo di fragilità strutturale delle istituzioni politiche locali, come ci rivela uno studio della Banca d’Italia firmato nel 2014 da De Angelis, De Blasio e Rizzica, “The effects of EU funding on corruption”: “la corruzione, associata allo stanziamento di fondi strutturali europei, è stata minore nei comuni con amministrazioni particolarmente efficienti nella produzione di beni e servizi e in quelli in cui è più alta la partecipazione dei cittadini alla vita politica e più intenso il controllo sugli amministratori locali”.

Da questo punto di vista, volendo fare un discorso più generale, in Italia l’intreccio tra comuni e municipalizzate è spesso uno specchio fedele di un sistema dove la corruzione può aumentare: il 97% degli 8.058 comuni italiani detiene quote del capitale sociale di una o più imprese e come ricordato lo scorso anno dall’ex commissario alla spesa pubblica Carlo Cottarelli: “la banca dati del dipartimento del Tesoro del ministero dell’Economia ha censito 7.726 partecipate locali al 31 dicembre 2012, anche se non si conosce il numero esatto delle partecipate perché non tutte le amministrazioni locali forniscono le informazioni richieste e perché le banche dati esistenti si fermano a un certo livello di partecipazione…”.

Un elemento utile a completare la nostra riflessione è offerto da un intervento interessante fatto alla fine del 2014 dal presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Giovanni Pitruzzella sui recenti sviluppi dell’inchiesta che riguarda i fatti di Roma, fa risalire all’ipertrofia della burocrazia le cause della corruzione si è espresso nel seguente modo: ”in ordinamenti in cui le regole sono poche, chiare e piuttosto stabili nel tempo sono tendenzialmente minori gli spazi per comportamenti illeciti, e contemporaneamente maggiore è lo sviluppo economico. Regole poco chiare e stratificazioni normative che rendono difficile l’individuazione della norma concretamente applicabile aumentano, di contro, la discrezionalità creando un terreno fertile per il proliferare di comportamenti elusivi della legge e per l’aumento delle occasioni di corruzione”.

Se in Italia la corruzione è un fenomeno che non si riesce a sradicare, e se la via giudiziaria alla legalità non è riuscita a restituirci un Paese che funziona, è anche perché è innegabile che esista una parte del paese che qualche volta vede nella corruzione una via alternativa al malfunzionamento dello Stato. Di fondamentale importanza sarà allora sostenere la magistratura nelle sue inchieste, sensibilizzare i cittadini ma soprattutto far muovere la politica nella direzione desiderata.

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Cartellino rosso alla Fifa: tangenti per oltre 100 milioni di dollari http://anticorruzione.eu/2015/06/cartellino-rosso-alla-fifa-tangenti-per-oltre-100-milioni-di-dollari/ http://anticorruzione.eu/2015/06/cartellino-rosso-alla-fifa-tangenti-per-oltre-100-milioni-di-dollari/#comments Mon, 01 Jun 2015 04:38:40 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=2432 In questi giorni si sta abbattendo un clamoroso ciclone giudiziario sulla Fifa: il Dipartimento di giustizia americano ha fatto arrestare il 27 Maggio a Zurigo, con la collaborazione dell’Ufficio federale di giustizia (Ufg), sette dirigenti con l’accusa di corruzione e associazione a delinquere. A finire in manette sono stati i due vicepresidenti Jeffrey Webb (Isole Cayman) ed Eugenio Figueredo (Uruguay), insieme a Eduardo (Costa Rica), Julio Rocha (Nicaragua), Costas Takkas, Rafael Esquivel (Venezuela) e Jose Maria Marin (Brasile).

Il pubblico ministero compeimages-2tente per il distretto est di New York sta indagando nell’ambito di un giro di corruzione che sembrerebbe partito dagli anni Novanta per continuare fino a oggi. Nel mirino degli inquirenti, secondo il comunicato dell’Ufg, ci sarebbero oltre 100 milioni di dollari legati alle gare per aggiudicarsi i campionati mondiali, gli accordi per il marketing e i diritti televisivi. Il pubblico ministero svizzero ha aperto invece una procedura penale anche per sospetta gestione sleale e riciclaggio di denaro, riguardante l’organizzazione dei Mondiali di calcio del 2018 e 2022, rispettivamente in Russia e Qatar.

Il New York Times ha fatto sapere che l’arresto è avvenuto nel Baur au Lac, l’hotel più lussuoso di Zurigo, nel quale i leader della Fifa erano riuniti per il meeting annuale. Il quotidiano newyorkese ha precisato che non tutte le persone messe sotto accusa, una decina in tutto, erano presenti a Zurigo. Il dipartimento di giustizia americano accusa, tra gli altri, anche Jack Warner, ex vicepresidente Fifa: avrebbe chiesto 10 milioni di dollari al governo sudafricano che ha ospitato i mondiali di calcio nel 2010.

Il presidente Fifa al quinto mandato, Joseph Blatter, sarebbe stato messo sotto indagine dall’FBI ma al momento, nei suoi confronti, non penderebbe alcuna traccia d’accusa. Nelle dichiarazioni che hanno seguito l’arresto dei membri della federazione, l’attuale presidente Fifa, in carica dal 1998, ha affermato di essere a favore delle azioni e delle indagini da parte delle autorità svizzere e statunitensi, ha inoltre aggiunto che l’inchiesta si sarebbe messa in moto proprio in relazione ad alcuni dossier, che lo stesso aveva presentato alla fine dello scorso anno alle autorità svizzere.

La Russia, ma soprattutto Putin, per il momento difende a spada tratta Blatter accusando gli Stati Uniti di eccessiva ingerenza. Un’idiosincrasia di fondo che ripercorre l’era della guerra fredda, quando lo scontro ideologico e interessi convergenti  rischiavano di generare un profondo e preoccupante conflitto mondiale. Ed ecco che lo scandalo delle tangenti nella Fifa diventa un pretesto per denunciare gli abusi degli Usa e per ribadire il diritto di una superpotenza di affermarsi come tale.

Il ministro della giustizia americano, Loretta Lynch, ex procuratore generale di Brooklyn, che ha ufficializzato le accuse di corruzione e riciclaggio, appare intenzionata a far luce sulla vicenda senza lasciare nessun colpevole impunito. Intanto l’FBI e la sezione criminale dell’Irs (l’agenzia del Fisco americana) dicono di essere solamente all’inizio delle indagini e ammettono di possedere alcuni fascicoli che proverebbero la diffusa illegalità in alcune pratiche che riguardavano la Federazione Internazione di calcio.

L’indagine sulla corruzione alla Fifa sarà sicuramente molto lunga e destinata a svelare il business corrotto del calcio di tutto il mondo. Secondo le prime indiscrezioni le tangenti a cui fa riferimento l’FBI venivano gestite da intermediari tramite alcune banche statunitensi per portare avanti gli affari e gli interessi economici di pochi. Sono due anni che la polizia americana sta conducendo quest’indagine, partita in seguito alla confessione di Chuck Blazer, il fondatore dell’attuale Concacaf, la lega nord-americana di calcio, che nel 2013 fu accusato di evasione fiscale e dovette, per limitare la sua pena, collaborare con la giustizia per assicurare nelle mani degli inquirenti le registrazioni dei colloqui con i boss del calcio. Poco dopo il procuratore Micheal Garcia, venne incaricato dalla stessa Fifa di aprire un fascicolo per indagare sull’assegnazione dei Mondiali del 2018 e 2022, il cui rapporto conclusivo non venne mai reso pubblico. La Fifa in quell’occasione si limitò ad affermare che non c’era traccia di irregolarità, ma Garcia, dimettendosi polemicamente sostenne sempre che del suo rapporto ne era stata fatta una lettura erronea e incompleta.

Dietro le ultime decisioni Fifa ci sarebbe dunque una corruzione organizzata e sistematica, di una casta di intoccabili, autoproclamati padroni dello sport. Un piccolo vertice che, in sedi private giuridicamente impenetrabili, con poca trasparenza e nessun sistema di controllo prendeva decisioni senza aprire dibattiti o dare spiegazioni, in forma assolutamente dittatoriale. Un sistema di omertà, complicità e guadagni illeciti rodato e certificato, che garantiva la segretezza di atti illegali che condizionavano il calcio di tutto il mondo.

Lo sport in generale e prevalentemente il calcio, con tutti i soldi che muove, oltre ad essere un grande fattore di influenza geopolitica e un collaudato motore economico, è soprattutto un indicatore di prestigio; è proprio qui che entra in gioco il meccanismo della corruzione per assicurare interessi e facilitare contratti milionari alle proprie parti. La domanda allora è: se coloro che dovevano vigilare sulla legalità e sulla giustizia sportiva si sono macchiati di questi reati, su quale base regge a oggi il sistema calcio?

]]> http://anticorruzione.eu/2015/06/cartellino-rosso-alla-fifa-tangenti-per-oltre-100-milioni-di-dollari/feed/ 0 L’incorruttibile che terrorizzò la Francia http://anticorruzione.eu/2015/05/lincorruttibile-che-terrorizzo-la-francia/ http://anticorruzione.eu/2015/05/lincorruttibile-che-terrorizzo-la-francia/#comments Fri, 15 May 2015 11:25:49 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=2308 “I giudizi umani non sono mai abbastanza certi, perché la società possa condannare a morte un uomo”. Ergo, la pena di morte è sostanzialmente ingiusta. Parola di Maximilian De Robespierre, protagonista della rivoluzione francese che così parlò nella primavera del 1791. Neanche tre anni dopo però affermerà che la forza di un governo rivoluzionario “è a un tempo la virtù e il terrore”.

In tale contesto, dato il fatto che il termine Terrore era da intendersi principalmente, come “condanna a morte di ogni avversario politico”, è evidente come il pensiero di Robespierre fosse radicalmente cambiato, e proprio in tale mutazione di rotta sta il senso del periodo più sanguinoso dellaimages-1 rivoluzione, passato alle cronache come “il Terrore”, condensato in una caricatura dell’epoca in cui Robespierre ghigliottina il boia, ultimo uomo rimasto in vista, dopo che lo stesso rivoluzionario ha fatto giustiziare mezza Francia.

Dopo i recenti fatti di cronaca, che hanno avuto come protagonista l’ex ministro cinese per le ferrovie, Liu Zhijun, condannato a morte per corruzione e abuso d’ufficio, il tema della pena di morte è tornato a far discutere. Emergerebbe dall’oriente un dato allarmante: più del 70% dei cittadini cinesi è convinto che la pena di morte per i reati di corruzione sia adeguata e non vada abolita.

In virtù dell’inasprimento delle pene previsto dal disegno di legge anticorruzione italiano, è evidente come la giustizia italiana interpreti la pena per corruzione come una possibilità di riscatto per il condannato che va riabilitato, rieducato in funzione sociale, con il fine ultimo di reinserirlo nella società con una coscienza  rinnovata.

In Cina invece si è mandati al patibolo per reati ordinari o per opposizione al potere, ma siamo sicuri che la pena capitale nel 2015 sia uno strumento davvero efficace che rispetti la dignità delle persone? analizziamo allora un periodo storico in cui la pena di morte era inflazionata: la rivoluzione francese.

Identificata dal motto liberté, egalité, fraternité, ed entrata nel mito con la presa della Bastiglia (14 Luglio 1789), la Rivoluzione Francese aveva portato, nel Settembre 1792, alla fine della Monarchia e alla definitiva proclamazione della Repubblica.

È noto come la Francia pre-rivoluzionaria fosse un Paese proveniente dall’assolutismo di Re Luigi XIV, il Re Sole, a cui si attribuisce la famosa frase “lo Stato sono io”: uno Stato ricco e unito, imperialista e coloniale, al cui interno stridevano, in realtà, le condizioni di vita della popolazione, messe in crisi dalla disuguaglianza sociale, dagli abusi delle classi più elevate e dalla corruzione dei governanti.

Se la società era divisa in tre ceti: nobiltà, clero e terzo stato, il potere monarchico era però talmente pervasivo da essere in grado di reprimere il minimo sintomo di dissenso. La vita dei ceti più poveri era infatti condizionata da continue e profonde crisi economiche, e il carico fiscale gravava interamente sulle loro spalle, dal momento che aristocrazia e clero ne erano esenti.

Dopo il 1792, l’agenda politica venne dettata dalla Convenzione Nazionale, assemblea incaricata di estendere una nuova costituzione, ma divisa al suo interno in tre fazioni: a destra i girondini, rappresentanti dell’alta borghesia liberale; al centro un gruppo eterogeneo detto “palude”; a sinistra i montagnardi, deputati democratici il cui obiettivo era l’uguaglianza sociale e l’ascesa del popolo.

In un tale contesto di estremo cambiamento sociale, economico e non ultimo, culturale, azioni di personaggi rilevanti e discussi, capaci di imprimere un cambiamento epocale e segnare definitivamente la storia, come Jacques Danton, Jean Paul Marat e, su tutti Robespierre, agirono per la creazione di un nuovo governo, fondato su nuove leggi e soprattutto attento e quasi ossessionato dal virtuosismo che detenesse un primato tra le fila dei suoi uomini.

Il gruppo dei montagnardi timorosi che il deposto Re Luigi XVI stesse ordendo una congiura antirivoluzionaria, iniziarono a chiederne la testa. Peraltro già sul finire dell’estate 1792 la psicosi da complotto aveva indotto il popolo parigino ad assassinare in via preventiva centinaia di detenuti politici e numerosi uomini di chiesa nei cosiddetti “massacri di Settembre”.
Dopo l’uccisione del Re la Convenzione diede vita al Comitato di Salute Pubblica, organo con poteri eccezionali, a cui spettava il compito di proteggere la Repubblica da tutti i nemici, sia interni che esterni, e volto dunque ad un’azione di vigilanza all’interno stesso del nuovo governo in via di formazione in funzione anticorruttiva.

Robespierre, Entrato nelle file del comitato di salute pubblica, si rese presto conto della delicata situazione sociale del nuovo paese: l’obbligo di leva – introdotto per resistere ai nemici esterni, circa la guerra con l’Austria e la Prussia – e la poca partecipazione del Terzo Stato alle decisioni di carattere pubblico, lo portarono a mutare idea circa la pena di morte. Tale strumento infatti risultava ora utile ad eliminare chiunque potesse tramare contro la rivoluzione.

Entrato nelle file del Comitato di Salute Pubblica, il giacobino non tardò ad affermare che “il terrore non è altro che la giustizia”, e tale idea fu sostenuta anche in ambito civile dai Sanculotti, rivoluzionari proletari, chiamati così perché non indossavano pantaloni fino al ginocchio in voga tra nobiltà e alta borghesia.

Il Terrore si affermò dunque come una misura di emergenza temporanea, finalizzata a garantire la “salute pubblica” del Paese, mettendo in naftalina i principi della dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, già emanata nel 1789. Allo slogan “libertà, uguaglianza e fratellanza” furono non a caso aggiunte tre parole: “o la morte”.

Simbolo del terrore divenne in poco tempo la ghigliottina, macchina di morte “rapida e sicura” adottata dal 1792 come strumento per tutte le esecuzioni capitali, perché anche davanti la morte tutti i cittadini dovevano essere uguali.

Fin dalla decapitazione di Luigi XVI, fu predisposto un particolare rituale per lo svolgimento dell’esecuzione, con le vittime trasportate al patibolo sopra un carro che passava in mezzo a una folla di spettatori eccitati che insultavano e lanciavano ortaggi al condannato.

In base alle legge dei sospetti del 1793, la legge della ghigliottina si scagliò su tutti coloro che per la loro condotta, per le loro relazioni, propositi o scritti si fossero mostrati nemici della libertà e che in qualche modo risultassero corruttibili ai principi di cui si faceva – idealmente – portatrice la Francia post rivoluzionaria.

Il comitato poteva perseguitare così praticamente chiunque fosse anche solo sospettato di avere in antipatia la Repubblica e i primi a farne le spese furono i nobili, il clero, i capi rivolta della Vandea e parecchi girondini.

La repressione prese di mira anche la religione, tanto che nel Novembre 1793, presso la Cattedrale di Notre-Dame, fu allestita una festa della libertà, nella quale si celebrò la dea Ragione mentre in parallelo venivano chiuse le chiese di Parigi. Fu inoltre introdotto un nuovo calendario e l’anno seguente furono abolite le feste cattoliche. Robespierre promosse infine il cosiddetto “culto dell’essere Supremo”, sorta di religione laica che concepiva una divinità “non interagente” con le umane vicende.

Se l’idea era quella di favorire la pacificazione del Paese in vista di una prossima fine del periodo del Terrore, la ghigliottina continuava però, per il momento, a lavorare senza sosta.

I giacobini sapevano che senza tale radicalismo la Rivoluzione non sarebbe sopravvissuta alle forze ostili: essa fu di fatti “inscindibile” dal terrore. Anche per questo si registrò un inasprimento della violenza, grazie a una legge del Giugno 1794, che privò di difesa giuridica gli imputati nei processi per tradimento.
Proprio la Convenzione si rivelò però la peggiore nemica di Robespierre: lo accusò di volersi imporre come nuovo tiranno della Francia, facendolo così arrestare insieme a i suoi fedelissimi.
La congiura si trasformò in un colpo di Stato che culminò il 28 Luglio con la salita al patibolo. Di colpo, con la morte dell’incorruttibile, tramontò un’epoca segnata sì dalla violenza, ma anche da importanti interventi nell’assistenza pubblica, nel monitoraggio di anticorruzione all’interno dell’area della governabilità e svolte per favorire l’ascesa delle classi più povere.

Finito il terrore, il paese conoscerà la violenta reazione dei monarchici a danno dei rivoluzionari estremisti e, soprattutto, la straordinaria ascesa di un ambizioso generale: Napoleone Bonaparte.

La ghigliottina – e dunque la pena di morte – rimase nell’immaginario comune, lo strumento di punizione e di penitenza per tutti coloro che agivano scorrettamente rispetto al nuovo potere rivoluzionario.
Il primato, per quel che riguarda l’abolizione della pena di morte, spetta all’Italia e in particolare a uno dei vari staterelli che occupavano la penisola italiana: il Granducato di Toscana, primo a eliminare le condanne a morte capitali.

Era il 30 Novembre 1786 quando il granduca Pietro Leopoldo d’Asburgo-Lorena sposò la scelta illuminata, influenzato da pensatori come Cesare Beccaria e i fratelli Verri, che fecero del rifiuto della pena di morte, uno dei fondamenti delle proprie opere. L’abolizione totale durò però solo quattro anni, poichè fu poi ripristinata per crimini “eccezionali”, proprio durante la rivoluzione francese.

Nell’Italia unita furono abolite le condanne capitali nel 1889, per essere nuovamente introdotte durante il fascismo. Bisognerà aspettare il 1948 per l’eliminazione definitiva della pena capitale dalle nostre leggi. Oggi secondo Amnesty International, ben 58 paesi continuano a prevedere la pena di morte in caso di reati gravi.

 

 

 

 

 

 
Bibliografia:

Maximilien de Robespierre, Scritti rivoluzionari, Milano, M&B Publishing, 1996

Fonti:

Alberto Moro “La Crisi dell’Antico Regime”

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Ddl Anticorruzione: dall’Italia all’Europa http://anticorruzione.eu/2015/04/ddl-anticorruzione-dallitalia-alleuropa/ http://anticorruzione.eu/2015/04/ddl-anticorruzione-dallitalia-alleuropa/#comments Fri, 17 Apr 2015 05:00:38 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=2105 Dopo quasi due anni dall’assegnazione del disegno di legge a firma Pietro Grasso in commissione Giustizia al Senato, il tanto discusso DDL Anticorruzione è stato approvato dall’assemblea di palazzo Madama. Tra le norme previste dal provvedimento ci sarebbero pene più alte in materia di falso in bilancio (differenziate per società quotate e non) e più poteri per l’autorità anticorruzione.

Nel passaggio in commissione sono state inasprite anche le pene per alcune fattispecie di corruzione: in ambito giudiziario, per induzione, peculato (appropriazione illecita di denaro pubblico) e corruzione propria (corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio). Un emendamento del governo ha portato alla reclusione fino a 26 anni se c’è l’aggravante di associazione mafiosa.

Per i collaboratori di giustizia aumenterà invece lo sconto della pena: da un terzo a due terzi; prevista anche -per chi commette reati di corruzione- l’interdizione da rapporti con la pubblica amministrazione per 5 anni, come nel caso degli appalti pubblici.
L’Autorità nazionale anticorruzione verrà inoltre investita di maggiori poteri e responsabilità e potrà vigilare in modalità indipendente sui contratti degli appalti segretati, al fine di prevenire irregolarità ed eventuali fenomeni corruttivi. Non resta dunque che aspettare la convalida definitiva e l’attuazione delle nuove norme per valutarne la concreta efficacia. È chiaro come l’Italia abbia intrapreso, almeno in linea di principio, la strada della legalità.

Proviamo dunque ad analizzare sotto il profilo storico contemporaneo e legislativo quali sono stati i principali orientamenti degli altri stati dell’UE. La maggioranza delle nazioni europee hanno da tempo aderito -in materia di trasparenza e corruzione- a due iniziative internazionali, volte a equilibrare e coordinare gli assetti delle varie nazioni: la Convenzione Onu contro la corruzione e il Foia (Freedom Of Information Act), in materia di trasparenza. Il primo è vigente a livello comunitario e funziona come un trattato vincolante multilaterale; il secondo invece, sotto la giurisdizione delle singole nazioni, non è ancora stato adottato dall’Italia nonostante le pressioni dell’opinione pubblica. Esistono anche organi comunitari, come il GRECO (Gruppo di Stati Contro la Corruzione), che si adopera per il rispetto di queste norme ma soprattutto di migliorare la capacità dei suoi componenti di lottare contro la corruzione.

In Europa tale dibattito è da anni al centro di una discussione tanto accesa da incoraggiare i partiti politici a prendere dei provvedimenti. Nel corso degli anni Novanta sono state varate una serie di riforme con l’intento di arginare il fenomeno in modo risolutivo. Le nazioni europee con la legislazione più avanzata da questo punto di vista sono certamente Gran Bretagna, Germania e Danimarca, mentre la maglia nera va ai paesi dell’ex blocco orientale come Bulgaria e Croazia; una felice eccezione alla regola è rappresentata dall’Estonia e dalla Polonia, in netta crescita dal punto di vista della sensibilizzazione su temi come l’anticorruzione e la trasparenza.

Il Regno Unito è dotato fin dal diciannovesimo secolo di un codice di condotta per i dipendenti pubblici, nel solco delle tradizioni di open government e rule of law; codice che venne aggiornato -dopo i tagli al settore dell’era Thatcher- nel 1995, grazie alla istituzione del Commitee on Standards in Public Life. La legge anticorruzione, già attiva dal 1906, prevedeva una pena massima per i reati di corruzione (nel settore pubblico) di 2 anni di reclusione, portati a 7 nel 1916.

Recentemente è stato introdotto anche il Bribery Act (in vigore dal 2011), che punta al contrasto strutturale dei fenomeni di corruzione non solo nei casi inerenti agli organismi al servizio del Regno Unito, e che dunque può essere utilizzato anche contro privati cittadini. Questo ordinamento, oltre ad essere stato accolto con favore dalle istituzioni internazionali, riscontra i favori dell’opinione pubblica: nel sondaggio dell’Eurobarometro, la Gran Bretagna risulta essere il quinto paese per la percezione minore del fenomeno corruzione nell’ambito pubblico.

La Germania in quanto Repubblica Federale ha una legislazione che agisce su più livelli. Emblematico in questo senso il percorso del Foia, adottato dal governo tedesco nel 2005 ma già presente in alcuni länder già dalla fine degli anni novanta (ad esempio il Brandeburgo).

La Germania ha istituito l’Ufficio Federale di Polizia per reati economici e di corruzione, che collabora con numerosi soggetti privati, tra cui le Camere di Commercio e Industria e la Camera di Commercio Internazionale. Esiste anche una legislazione specifica (sui “voti espressi”), volta a regolamentare e monitorare eventuali azioni di appoggio parlamentare o di assemblee elettive a frodi fiscali o finanziarie. Secondo il già citato sondaggio di Eurobarometro, la Germania sarebbe dietro di una sola posizione rispetto alla Gran Bretagna.

La Danimarca presenta una situazione ancora diversa: qui il sistema pubblico è straordinariamente ramificato ed efficiente. Secondo la classifica stilata da “Trasparency International”, la Danimarca è la detentrice del primato per integrità morale nel settore pubblico e trasparenza nei confronti della cittadinanza. Nonostante la legislazione appaia molto fragile (secondo lo studio Formez per la PA) e venga spesso implementata con strumenti “rimediali”. Il sistema, basato su principi “generali di mera condotta”, ha dovuto far fronte a specifiche esigenze, che non hanno però minato la sostenibilità del cosiddetto “modello scandinavo” del quale la Danimarca è portatrice.

A occuparsi dei problemi di corruzione sono i soggetti pubblici, come il Rigrevisionen, che collabora quotidianamente con il parlamento danese, e il DANIDA (Danish international development agency) che ha attivato una politica di tolleranza zero per i reati di corruzione: attivando servizi di interazione con la cittadinanza per la segnalazione di situazioni a rischio. L’Agenzia ha inoltre applicato anche una specifica condizione detta di “Inclusione-esclusione” per bloccare qualunque attività intrattenuta con o per mezzo della DANIDA, da soggetti coinvolti in attività di corruzione.

Nel sondaggio di Eurobarometro la Danimarca occupa il secondo posto, dietro al Belgio. Anche nel piccolo stato delle Fiandre, sede delle principali istituzioni continentali, vige una legge molto antica (il codice penale risale al 1867), implementato poche volte ma con effetti decisivi: nel 1999 è stata introdotta la Legge 37/1999 (articoli dal 237 al 247), con pene che mutano da sanzioni amministrative a reclusione massima di 10 anni (corruzione attiva di pubblico funzionario). Le attività di controllo sono regolate dall’OCRC (Office central pour la repression de la corruption), che coordina le operazioni dei 27 servizi di polizia giudiziaria dislocati nel paese.

Da questa breve descrizione sui sistemi e gli organismi anti corruzione messi in campo dai paesi europei più virtuosi, si può evincere come, la lotta alla corruzione sia direttamente connessa a una cultura dell’integrità, presente storicamente nei paesi considerati. E’ per questo che, anche nel nostro paese, si potrà ostacolare il nascere e il proliferarsi di azioni illecite, solo quando faremo nostra la cultura dell’anticorruzione come strumento di progresso civile.

Fonti:

Il Fatto Quotidiano, Repubblica, Corriere della Sera

Convenzione Onu: http://europa.eu/legislation_summaries/fight_against_fraud/fight_against_corruption/l33300_it.htm

Rapporto Formez/PA (fonte per articoli dei vari codici penali tradotti in italiano): http://focus.formez.it/sites/all/files/volume_2.pdf

Relazione della Commissione Europea dell’unione sulla lotta alla corruzione (include i dati sul sondaggio di eurobarometro): http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/e-library/documents/policies/organized-crime-and-human-trafficking/corruption/docs/acr_2014_it.pdf

Sul Bribery Act: http://www.diritto24.ilsole24ore.com/avvocatoAffari/mercatiImpresa/2012/04/bribery-act-2010-corruzione-privata-e-dlgs-n-2312001-.php

Sul GRECO (in inglese): http://www.rpcoe.esteri.it/RPCOE/Menu/Accordi+Parziali/Gruppo_Stati_contro_Corruzione_GRECO/

Cenni  generali alla norma (Ddl ): http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-02-05/anticorruzione-orlando-promette-entro-oggi-definiamo-l-impianto-123321.shtml?uuid=ABEvSspC

Freedom of information Act: http://www.foia.it

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http://anticorruzione.eu/2015/04/ddl-anticorruzione-dallitalia-alleuropa/feed/ 0