NOi contro la CORRUZIONE » Rossana Feliciani http://anticorruzione.eu Fri, 06 May 2022 15:15:58 +0000 it-IT hourly 1 IL FENOMENO DELLA CORRUZIONE IN EUROPA: GLI OBIETTIVI DEL CRIMINE ORGANIZZATO http://anticorruzione.eu/2016/05/il-fenomeno-della-corruzione-in-europa-gli-obiettivi-del-crimine-organizzato/ http://anticorruzione.eu/2016/05/il-fenomeno-della-corruzione-in-europa-gli-obiettivi-del-crimine-organizzato/#comments Tue, 31 May 2016 08:40:53 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=5401 “In tutta l’UE vi è una disparità di comprensione su come il crimine organizzato utilizzi la corruzione. Solo una manciata di governi hanno prestato attenzione al problema e lo hanno analizzato in profondità (si veda ad esempio Regno Unito). Alcuni Paesi negano la presenza della criminalità organizzata (Cipro) o della corruzione (Lussemburgo) all’interno dei loro confini; altri mancano di studi empirici sul crimine organizzato (Cipro, Malta e Portogallo); in molti altri ancora, tale ricerca è, stata nel migliore dei casi, irregolare e incompleta.” È quanto si legge nel rapporto della Commissione Europea Examining the link between organized crime and corruption (2010), pubblicato dal Center for the Study of Democracy. Lo studio, attraverso l’analisi di dati empirici sulla portata dei due fenomeni negli Stati membri dell’UE, ha individuato i principali obiettivi delle pratiche corruttive messe in atto dalla criminalità organizzata.

 A causa delle grandi differenze tra le Istituzioni degli Stati membri, le strutture criminali in Europa possono ricorrere a pratiche corruttive in diversi modi. In alcuni paesi (come Italia, Bulgaria e Romania), è il clientelismo politico a creare un sistema verticale di corruzione che investe, dall’alto in basso, tutte le Istituzioni pubbliche: apparati amministrativi, magistratura e forze dell’ordine. In altri casi invece, sono i politici, i magistrati e i colletti bianchi a formare fitte reti di corruzione, che non si presentano in maniera sistematica ma che sono comuni, a vari gradi di intensità, a quasi tutti gli Stati membri.

Nel settore pubblico, le forme più diffuse e sistematiche di corruzione mirano principalmente ai politici e ai dipendenti di livello inferiore della polizia e della pubblica amministrazione, sebbene la criminalità organizzata si rivolga anche ad amministrazioni fiscali, regolatori finanziari e ad ogni altro organismo di regolamentazione che possa agevolare le attività criminali.

Riguardo la corruzione nelle Istituzioni politiche, si legge nel rapporto, è soprattutto a livello locale che la corruzione amministrativa e politica colpisce. Episodi di sindaci o consiglieri comunali condannati per reati di mafia e corruzione sono stati riscontrati in tutta Europa. La corruzione politica locale è particolarmente diffusa in regioni economicamente dipendenti dai mercati illegali (ad esempio lungo le frontiere orientali dell’UE) e dal sommerso (zone turistiche o a forte espansione immobiliare, come Costa del Sol in Spagna).

L’Istituzione più direttamente esposta alla criminalità è la polizia. L’acquisizione di informazioni su indagini, operazioni o concorrenti e l’ottenimento di protezione per le continue attività illegali costituiscono le principali ragioni che spingono il crimine organizzato a corrompere i poliziotti. Inoltre, non sono mancati i casi in cui i poliziotti corrotti diventano direttamente impegnati in attività criminali, specie nella distribuzione di droga e nella prostituzione.

La corruzione non risparmia neanche i funzionari doganali, corrotti dai gruppi criminali per evitare le indagini o per facilitare le frodi doganali. In particolare, la possibilità di ridurre il costo dei dazi si rivela una grande opportunità per i gruppi criminali, soprattutto per il contrabbando di prodotti soggetti ad accisa, come sigarette, alcol, olio e prodotti petroliferi . Sebbene in alcuni Stati membri dell’UE la presenza delle forze dell’ordine nei dazi doganali (come la Guardia Civile in Spagna, e la Guardia di Finanza in Italia) riduca le possibilità di corruzione dei funzionari doganali, in molti altri Paesi le agenzie doganali sono del tutto sprovviste di reparti interni di indagine, un dato che influenza negativamente le rilevazione di fenomeni corruttivi.

Oltre alle Istituzioni pubbliche, le reti criminali hanno un interesse particolare anche per il settore privato. Il rapporto ha fornito una lunga lista di pratiche corruttive relative alla produzione e l’approvvigionamento di merci illegali, dal contrabbando di sigarette da parte dei direttori di fabbrica, alla vendita di veicoli rubati da parte di concessionari di automobili. Attraverso la corruzione di dipendenti di aziende privati, i gruppi criminali hanno l’opportunità di ottenere ricavi significativi, praticare liberamente il riciclaggio di denaro sporco e facilitare le operazioni di mercati illegali.

]]> http://anticorruzione.eu/2016/05/il-fenomeno-della-corruzione-in-europa-gli-obiettivi-del-crimine-organizzato/feed/ 0 MAFIA, CORRUZIONE E SANITA’: IL RAPPORTO “ILLUMINIAMO LA SALUTE” http://anticorruzione.eu/2016/05/mafia-corruzione-e-sanita-il-rapporto-illuminiamo-la-salute/ http://anticorruzione.eu/2016/05/mafia-corruzione-e-sanita-il-rapporto-illuminiamo-la-salute/#comments Thu, 26 May 2016 08:37:55 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=5393 Unknown“Gli italiani da un lato godono di buoni livelli di salute, con un sistema dei servizi sanitari che é in grado di intercettare i bisogni della popolazione e rispondere in maniera adeguata; dall’altro la corruzione e l’infiltrazione mafiosa rappresentano uno dei principali pericoli per il settore sanitario, producendo effetti non solo economici, ma anche sulla salute delle popolazioni”. E’ quanto emerge dal rapporto Illuminiamo la salute. Per non cadere nella ragnatela dell’illegalita, presentato a Roma nel giugno 2013 da Libera, Avviso Pubblico, Coripe e Gruppo Abele, quattro associazioni da anni impegnate nella formazione civile contro le mafie.

I numeri diffusi dal dossier dimostrano i buoni risultati raggiunti dalla sanitá italiana: la stima sui morti potenzialmente evitabili attraverso gli interventi sanitari tempestivi e appropriati posiziona l’Italia al terzo posto, dopo Francia e Islanda, e ciò nonostante il basso tasso di ospedalizzazione (il 24% in meno della media europea) e la bassa spesa sanitaria. Il sistema sanitario oggi é anche un importante fonte di lavoro e reddito: oggi in Italia ci sono circa 4 medici ogni mille abitanti, in media con i paesi Ocse, mentre abbiamo solo 6 infermieri ogni mille abitanti, risptto alla media Ocse di 8.

Ma il rapporto affronta il mondo della sanità anche da un altro punto di vista: quello dei conflitti di interesse, dell’illegalità, della corruzione, fino ai (pochi) casi di infiltrazione mafiosa.

Non è facile stimare l’impatto dell’illegalità sulla spesa per il sistema di tutela della salute: per la natura stessa del fenomeno, in gran parte sommerso, e per la diffusa presenza di fenomeni indiretti difficili da cogliere. Per esempio, la Rete Europea contro le Frodi e la Corruzione nel Settore sanitario (European Healthcare Fraud and Corruption Network, www.ehfcn.org/) nel 2012 ha stimato che in Europa il 5,6% del spesa per la sanità è dovuto alla corruzione. Una montagna di soldi che ogni anno sono sottratti al contribuente, ma soprattutto alla cura e all’assistenza di chi ne ha bisogno. Per restare in Italia, le stime effettuate dalla sola Guardia di Finanza per il triennio 2010/2012 indicano un ammontare di 1,6 miliardi di euro di perdita erariale, e si tratta solo dei reati effettivamente accertati dalle forze dell’ordine.

La criminalità organizzata ha mostrato costantemente il suo interesse per il settore sanitario. Ad oggi in Italia, sette aziende sanitarie sono state commissariate per infiltrazioni della criminalità organizzata: l’Asl di Locri, l’Asp di Vibo Valentia, l’Asl di Pomigliano d’Arco, l’Asl di Reggio Calabria, l’Asl di Pavia, l’Asl di Cosenza,l’Asl Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta. L’aspetto singolare che accomuna le quattro aziende sanitarie commissariate è il ripetersi di alcune modalità comuni: gestione clientelare del personale, abusi nelle attività di appalto e di fornitura, abusi nella gestione delle strutture private accreditate e il supporto da parte della politica locale.

Davanti a questi numeri, trasparenza, integrità e legalità sono elementi essenziali nella costruzione di un sistema di tutela della salute e, di conseguenza, nella promozione del benessere.

Alcuni degli strumenti recentemente introdotti o potenziati dalla normativa italiana potrebbero produrre buoni risultati nel contrasto delle criticità. Nello specifico, la legge del 6 novembre 2012, n. 190 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, prevede la predisposizione del Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) oltre che l’introduzione della figura del responsabile per la prevenzione della corruzione. In particolare, la trasparenza nelle procedure e nei risultati potrebbe avere un impatto positivo nel settore degli appalti e delle forniture, mentre è probabile che controlli interni efficaci possano limitare il diffondersi degli abusi nel rimborso delle prestazioni ai provider e nell’attività intramoenia. La creazione di un sistema di tutele e incentivi per chi denuncia eventuali abusi può essere d’aiuto nella repressione di alcune fattispecie.

“Per questo” – si legge a conclusione del rapporto – “ è necessario illuminare la salute, per valorizzare un bene prezioso e per fare luce sulle zone d’ombra che insidiano la salute della popolazione”.

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Percezione mafiosa tra gli studenti: il sondaggio del Centro Studi Pio La Torre apre agli universitari http://anticorruzione.eu/2016/05/percezione-mafiosa-tra-gli-studenti-il-sondaggio-del-centro-studi-pio-la-torre-apre-agli-universitari/ http://anticorruzione.eu/2016/05/percezione-mafiosa-tra-gli-studenti-il-sondaggio-del-centro-studi-pio-la-torre-apre-agli-universitari/#comments Mon, 16 May 2016 06:46:18 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=5333 UnknownUna forte sfiducia verso le istituzioni e la politica, espressa dall’84.7% degli intervistati, ma anche una voglia di legalità a tutti i livelli e una opposizione netta contro mafie, criminalità e corruzione. Sono queste le principali indicazioni emerse dalla più recente indagine annuale condotta dal centro studi Pio La Torre di Palermo sulla percezione mafiosa tra gli studenti italiani. I dati, integralmente consultabili nel numero di Asud’Europa (www.piolatorre.it), sono stati presentati a Roma lo scorso 14 Aprile 2016 nel corso di una riunione della Commissione Nazionale Antimafia, alla presenza del Presidente della Commissione, onorevole Rosy Bindi.

A condurre il questionario sono stati oltre duemila studenti partecipanti al Progetto educativo antimafia, promosso dal Centro Pio La Torre di Palermo, su un campione di circa 10mila studenti delle terze, quarte e quinte classi di alcuni istituti di scuole medie superiori di tutta Italia. Un’interessante novità di quest’anno è rappresentata dal fatto che per la prima volta si è provato a somministrare il questionario anche a studenti universitari siciliani. Si sono così ottenuti 248 questionari completati nelle varie università siciliane, 200 dei quali in quella di Palermo. Per quanto le due popolazioni di riferimento siano distinte dal punto di vista geografico, e ogni confronto vada effettuato con cautela, evidenzia differenze interessanti e che varrebbe la pena approfondire.

Per esempio, se consideriamo la domanda “quali attività illegali ritieni più indicative della presenza mafiosa nella tua città”, gli studenti medi pongono in testa lo spaccio di droga, mentre passa in secondo piano l’idea, al primo posto per gli universitari, che il fenomeno mafioso possa incidere sul corretto funzionamento del mercato del lavoro (lavoro nero), sul corretto ed efficiente funzionamento della pubblica amministrazione (corruzione dei pubblici dipendenti), o che la presenza della mafia possa alterare i meccanismi del sistema politico-elettorale (scambio di voti).

Intervistati circa le ragioni della diffusione territoriale del fenomeno mafioso, gli studenti medi indicano prevalentemente fattori culturali e attenenti alla sfera dei valori etici, come la corruzione nella classe politica locale e la mancanza di senso civico; gli universitari invece identificano la causa dell’espansione delle mafie nella ricerca di nuovi territori per il riciclaggio di denaro sporco.

La consapevolezza delle risposte, per esempio alla domanda “cosa permette alla mafia siciliana di continuare a esistere”, comprensibilmente crescere con l’età degli intervistati. Prevalgono le risposte generali di carattere sociale tra gli studenti medi, mentre le determinanti di natura economica e i fattori legati al ritardo di sviluppo ricevono maggiore considerazione dagli studenti universitari.

Di particolare interesse è la domanda “la mafia può essere influente sul futuro della regione?”. Tale influenza è riconosciuta da due terzi dei rispondenti, sebbene i dati estratti sul segmento degli universitari registrino maggiore fiducia nella possibilità di una definitiva sconfitta della mafia (54%): un segno forse incoraggiante, circa il ruolo positivo che può avere un maggiore esercizio dei diritti di cittadinanza, uniti a un più evoluto percorso formativo.

E gli studenti universitari appaiono anche più ottimisti circa le prospettive della lotta alla mafia. Infatti, alla domanda su chi sia più forte tra Stato e mafia, il 31,98% di loro ha detto lo Stato, il 28,34% la mafia. Tra gli studenti di scuola, invece (che non sono tutti siciliani), solo il 13,92% ha risposto lo Stato, e addirittura il 48,04% la mafia. E’ un risultato, se Unknownpur parziale, che fa riflettere. “Evidentemente, il tipo di rappresentazione che delle mafie passa nel sistema della comunicazione di massa è ancora quello che le dipinge come entità invincibili, quindi più forti anche dello Stato” – commenta nella sua analisi Antonio La Spina, docente di sociologia nell’Università di Palermo – “d’altro canto, che lo Stato vada assestando colpi sempre più micidiali alle varie mafie è una realtà che non si può negare e coloro che leggono qualche libro e qualche giornale in più, vedono meno televisione e sono un po’ meno influenzabili da certi opinion leader “cattivi maestri” sembrerebbero avere le idee un po’ più chiare al riguardo”. Le agenzie di socializzazione sono importanti ed è fondamentale che del fenomeno si parli, si scriva, si abbia informazione corretta. “Tuttavia” – conclude La Spina – “non bisogna mai dimenticare che una rappresentazione distorta della realtà può creare seri danni, specialmente quando si ha che fare con la formazione della pubblica opinione e del senso civico della popolazione, e ancor più quando si lavora con dei piccoli cittadini in via di formazione”.

]]> http://anticorruzione.eu/2016/05/percezione-mafiosa-tra-gli-studenti-il-sondaggio-del-centro-studi-pio-la-torre-apre-agli-universitari/feed/ 0 CORRUZIONE E CRIMINE ORGANIZZATO IN ITALIA: LA FOTOGRAFIA DELLA COMMISSIONE EUROPEA http://anticorruzione.eu/2016/05/corruzione-e-crimine-organizzato-in-italia-la-fotografia-della-commissione-europea/ http://anticorruzione.eu/2016/05/corruzione-e-crimine-organizzato-in-italia-la-fotografia-della-commissione-europea/#comments Tue, 10 May 2016 07:30:07 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=5327 “Corruzione e criminalità organizzata sono in Italia due realtà strettamente intrecciate. Tuttavia, la relazione tra i due fenomeni non deve far credere che sia la criminalità organizzata la principale responsabile del crescere della corruzione. Al contrario, in Italia è il dilagare della corruzione nelle sfere sociali, politiche ed economiche ad attrarre i gruppi criminali, consolidando e ampliando le loro attività illecite”[1]. È quanto si legge nel rapporto della Commissione Europea Examining the link between organized crime and corruption (2010), pubblicato dal Center for the Study of Democracy. Lo studio, dopo aver analizzato il legame esistente tra crimine organizzato e corruzione in tutti i suoi aspetti – cause, origini, fattori d’influenza, scopi e obiettivi –, ha descritto nel dettaglio la situazione dei paesi europei maggiormente colpiti dai due fenomeni. Tra questi, il caso italiano, considerato “tra i più esemplari per capire quanto stretti siano i legami tra criminalità organizzata e corruzione”.

Per comprendere appieno il fenomeno della criminalità organizzata in Italia, si legge nel rapporto, è necessario anzitutto distinguere due diversi tipi di organizzazioni. Una prima tipologia è rappresentata dai gruppi criminali, coinvolti principalmente nei mercati illeciti, come prostituzione, contrabbando e traffico di droga. Organizzazioni di questo genere si presentano come imprese criminali o associazioni a delinquere che ricorrono principalmente allo strumento della violenza per raggiungere i propri obiettivi. Una seconda tipologia è invece rappresentata dalle organizzazioni criminali che non si limitano ad operare nei confini del mercato illecito ma si infiltrano, attraverso lo strumento della corruzione, nelle sfere più alte dell’economia e della politica del paese. Tali organizzazioni, attraverso una presenza simultanea tanto nel legale quanto nell’illegale, esercitano un forte controllo territoriale e costituiscono un massiccio sistema di potere che trascende la criminalità convenzionale. In Italia, l’espressione “criminalità organizzata”, utilizzata per indicare realtà come la Mafia, la Camorra e la ‘Ndrangheta , si riferisce principalmente a questo particolare tipo di organizzazioni. Ma fino a che punto le organizzazioni criminali sono responsabili del crescere della corruzione in Italia?

“La corruzione in Italia non rivela la diretta partecipazione delle organizzazioni criminali” si legge nel rapporto, “ma dimostra piuttosto la diffusione di un ‘metodo mafioso’ nel condurre affari e nel fare politica, l’assimilazione di alcuni elementi della cultura mafiosa da parte dei rappresentanti politici”[2]. Una simile descrizione tratteggia un ambiente saturo di corruzione in cui ad ognuno è offerta la possibilità di entrarvi a far parte. In quest’ottica, la corruzione in Italia è caratterizzata da un effetto valanga che investe tutta la gerarchia sociale: la corruzione coinvolge le élite, le quali a loro volta coinvolgono gli ordinari cittadini. Un processo simile incrementa anche la familiarizzazione e la tolleranza verso pratiche non ortodosse, persino tra coloro che dalle proprie pratiche corruttive trae esigui benefici.

I politici locali e gli amministratori risultano essere le figure pubbliche maggiormente vulnerabili alla corruzione delle organizzazioni criminali. Gli attori istituzionali locali infatti, gestiscono risorse pubbliche e convivono geograficamente con le organizzazioni criminali, due condizioni che li espone alla pressione che tali gruppi esercitano. A livello locale, tuttavia, le proposte corruttive avanzate dalle organizzazioni criminali sono spesso accompagnate da un implicito grado di intimidazione nei confronti dei politici, un fattore quest’ultimo che determina già in partenza l’esito della “contrattazione”. In altre parole, in alcuni casi è possibile che la corruzione offerta sia rifiutata ma le intimidazioni che seguono spingono anche la persona che non vorrebbe essere corrotta ad accettare.

Il crimine organizzato è insomma un protagonista assoluto nel sistema dell’illegalità italiano, a volte assistito dalle intimidazioni, altre volte sostenuto dagli interessi degli attori politici che svolgono de facto un ruolo di partner. La corruzione in Italia è lentamente diventata accettabile a livello sociale e ha guadagnato legittimità a livello politico e, infine, legislativo. “La corruzione ha fondato un paradigma di riferimento, che si presta ad essere imitato” si legge in conclusione del rapporto, “vale a dire la capacità di imporsi come stile di vita, di trasformare la giurisprudenza precedente per stabilire nuovi modelli di legittimità”[3]. Corruzione e crimine organizzato , in sintesi, si intrecciano in un sistema criminale che riproduce potere, sia esso illecito o altro.

[1] Examining the link between organized crime and corruption (2010), p. 157

[2] Examining the link between organized crime and corruption (2010), p. 163

[3] Examining the link between organized crime and corruption (2010), p. 170

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Percezione mafiosa tra gli studenti: l’indagine del centro studi Pio La Torre giunge al decimo anno http://anticorruzione.eu/2016/05/percezione-mafiosa-tra-gli-studenti-lindagine-del-centro-studi-pio-la-torre-giunge-al-decimo-anno/ http://anticorruzione.eu/2016/05/percezione-mafiosa-tra-gli-studenti-lindagine-del-centro-studi-pio-la-torre-giunge-al-decimo-anno/#comments Mon, 02 May 2016 08:57:45 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=5277 UnknownÉ ormai giunta al decimo anno l’indagine condotta dal centro studi Pio La Torre di Palermo sulla percezione mafiosa tra gli studenti. I dati, integralmente consultabili nel numero di Asud’Europa, scaricabile all’indirizzo www.piolatorreonlus.it., sono stati presentati a Roma lo scorso 14 Aprile 2016 nel corso di una riunione della Commissione Nazionale Antimafia, alla presenza del Presidente della Commissione, onorevole Rosy Bindi.

A condurre il questionario sono stati oltre duemila studenti partecipanti al Progetto educativo antimafia, promosso dal Centro Pio La Torre di Palermo, su un campione di circa 10mila studenti delle terze, quarte e quinte classi di alcuni istituti di scuole medie superiori di tutta Italia. I risultati? Quasi l’85% degli intervistati dichiara di non avere fiducia nelle istituzioni e nella politica; un considerevole 48% considera la mafia più forte dello Stato – un dato quest’ultimo costante nel corso delle annuali indagini elaborate dal centro – e soloil 31,5% spera ancora di poter sconfiggere il fenomeno. I politici locali sono degni di molta fiducia soltanto per il 3,4% dei ragazzi, quasi uguale il sentimento di sfiducia nei confronti dei politici nazionali (3,5%).

Il 47,8% ritiene il rapporto tra mafia e mondo della politica molto forte e il 45,7% abbastanza forte. Tutte risposte che evidenziano, nelle nuove generazioni, un senso d’impotenza e rassegnazione che trova la massima espressione nella risposta alla domanda la presenza della mafia può ostacolarti nella costruzione del tuo futuro?, dove il 36,75% ha risposto sì, molto.

Gli studenti, sia al centro-nord che al sud, puntano il dito contro il connubio “mafia-corruzione” che minaccia il loro futuro. Alla domanda quali sono le cause della diffusione del fenomeno mafioso, un considerevole 66% risponde la corruzione della classe politica locale; una percentuale altissima e oltremodo preoccupante se si considera l’aumento che ha subìto rispetto alle indagini degli anni precedenti.

Coerentemente, al quesito successivo, il 57,29% degli studenti identifica proprio nella corruzione della classe dirigente la causa principale della sopravvivenza del fenomeno mafioso, seguita dal clientelismo: ancora una volta, corruzione e criminalità organizzata sono percepite dalle nuove generazioni come due facce della medesima medaglia – una medaglia d’infamia, naturalmente. Pesano anche altri fattori: di natura economica, come la mancanza di opportunità lavorative (28%) e il basso livello di sviluppo (14%); o di ordine culturale, come la mentalità dei cittadini (41%), la poca fiducia nelle istituzioni (28%) e la mancanza di coraggio dei cittadini (24%). “Emerge negli studenti – scrive nel rapporto all’indagine il professore  Salvatore Sacco, componente del Comitato Scientifico Pio La Torre – la sensazione di avere davanti un quadro corruttivo-criminale che si bilancia al sistema legale, considerato dunque equivalente, ad esempio, ad un concorso pubblico. I ragazzi sono d’accordo con questo sistema? Chiaramente no ma in molti sentono di non avere altre alternative”

Un gruppo di domande riguarda la fiducia diffusa ed il senso civico ed etico.

L’indagine conferma il ruolo fondamentale della scuola nella diffusione della cultura della legalità e per la conoscenza del fenomeno mafioso. A questo proposito, alla domanda Con chi discuti maggiormente di mafia, il 62,65% degli studenti afferma infatti di discutere di mafia nell’ambito scolastico mentre solo il 23,32% ne parla in famiglia. La categoria verso la quale si nutre maggiore fiducia è quella degli insegnanti (33,63%), seguita dalle forze dell’ordine (23,97%) e dai magistrati (20,70%). I dati indicano chiaramente come sia proprio l’impegno del corpo docente, rispetto anche a quello delle stesse famiglie, ad avere il ruolo più marcatamente attivo nell’azione di promozione della cultura della legalità e di forme di partecipazione attiva.

Quanto al senso civico, invece, a proposito delle raccomandazioni, uno studente su due (50,42%) prefirebbe la meritocrazia, sebbene alla domanda Cosa è più utile fare dovendo cercare lavoro nella propria città?, il 18,82% degli studenti abbia risposto rivolgersi ad un politico, mentre il 21,15% ad un mafioso.

“I risultati delle risposte complessive degli studenti – ha sottolineato Vito Lo Monaco, presidente del centro studi Pio LaTorre – da un lato offrono uno spaccato dell’evoluzione della loro percezione sulla negatività del fenomeno mafioso e del loro rifiuto di incontrarlo; dall’altro mostrano quanto sia cresciuta in questi giovani la consapevolezza che corruzione, mafia e politica siano strutturalmente sempre più collegate, che una rivoluzione legalitaria sia necessaria per lo sviluppo del paese.”

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Il settore delle estrazioni di petrolio e gas, si legge nel dossier, è in assoluto fra i più a rischio corruzione, con un tasso del 25% di corruzione percepita (dato Transparency, che definisce l’indice di corruzione percepita come i livelli di corruzione determinati da valutazioni di esperti e da sondaggi d’opinione”). Petrolio, gas e risorse minerarie costituiscono tuttora i settori a maggior rischio corruzione del mondo (dati Ong Global Witness). Su un campione di 427 casi di corruzione registrati fra il 1999 e il 2014, quelli riguardanti i settori citati rappresenterebbero da soli il 19% del totale. Da quanto emerge, l’alta propensione alla corruzione nel settore delle estrazioni di gas e idrocarburi è infatti dovuta principalmente alla sproporzione fra la forza contrattuale ed economica messa in campo dai singoli operatori economici titolari e gestori degli impianti e la debolezza politica ed economica dei territori dove insistono realmente le piattaforme estrattive.

La corruzione nel settore petrolifero è un micidiale strumento per aggirare leggi e processi democratici, per spostare ingenti risorse economiche in capo a pochi soggetti in grado di organizzare e gestire reti di corruttele e malaffare, per drenare a costi irrisori risorse pubbliche alle comunità locali, lasciando sul posto solo una lunga scia di problemi ambientali. Complice una normativa di tutela ambientale farraginosa, incoerente e spesso eccessivamente astratta, sostenuta da un sistema di controlli a dir poco inadeguato, la corruzione appare qui particolarmente a suo agio e in grado di piegare leggi e regolamenti dalla parte di interessi privati, leciti e illeciti, svilendo completamente il ruolo della pubblica amministrazione.

“ È un meccanismo che alimenta ancora di più le disuguaglianze e le ingiustizie sociali, suggellate da enormi danni ambientali” ha affermato Alessandro Ferri, presidente di Legambiente Basilicata“ in contesti sociali facilmente permeabili alle pratiche corruttive, sia per ragioni imputabili alla presenza di strutture criminali mafiose e di debolezza economica che per la scarsa ‘resistenza’ di inadeguati e vacillanti apparati politico istituzionali, i controlli risultano difficilissimi, tanto che gli stessi inquirenti raccontano la difficoltà di poter monitorare e controllare i sistemi di smaltimento.”

Un lungo approfondimento nel dossier è dedicato proprio alla Basilicata, partendo dalle ultimissime vicende giudiziarie fino all’inchiesta sul Centro Oli venuta alla luce a febbraio 2014 con un primo blitz dell’Antimafia per fermare un traffico organizzato di rifiuti e la sentenza del 4 aprile del tribunale di Potenza che condanna in primo grado gli ex vertici della Total Italia relativamente a un’indagine parallela sul sito Tempa Rossa, svolta nel 2008, per tangenti sugli appalti per l’estrazione del petrolio lucano. Un lungo lavoro investigativo sembrerebbe aver scoperchiato ciò che è stato definito dalla stampa Totalgate, per l’alto presunto coinvolgimento di dirigenti della Total insieme a imprenditori, politici (nazionali e locali) e manager petroliferi. In totale sono state 31 le persone a vario titolo coinvolte (di cui 9 condannate in primo grado), per reati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d’asta, corruzione e concussione, in attesa della decisione di secondo grado della Giustizia.

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Corrotti, clan e inquinatori: il Dossier Ecomafia 2015 http://anticorruzione.eu/2016/04/corrotti-clan-e-inquinatori-il-dossier-ecomafia-2015/ http://anticorruzione.eu/2016/04/corrotti-clan-e-inquinatori-il-dossier-ecomafia-2015/#comments Mon, 18 Apr 2016 11:46:27 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=5240 A pochi giorni di distanza dall’approvazione della legge n. 68 del 22 maggio 2015, la cosiddetta Legge Ecoreati, che introduce finalmente nel Codice Penale uno specifico Titolo (VI-bis) dedicato ai delitti contro l’ambiente,  è stato pubblicato il rapporto Ecomafia 2015 di Legambiente, relativo ai dati raccolti nel corso dell’anno 2014 in Italia. Il dossier è stato presentato a Roma lo scorso 30 giugno 2015, leggendo in apertura un messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Ricostruire un equilibrio tra territorio e società, tra sviluppo e cultura, tra ambiente e diritto della persona è la grande impresa civica a cui ciascuno di noi è chiamato con responsabilità”, recita un passaggio della missiva, “Il rispetto dell’ambiente è essenziale per la coesione sociale e per la ripresa del Paese.”

Il 2014 si è chiuso con l’ennesimo e mesto bilancio di reati commessi e accertati in campo ambientale, 29.293, circa 80 al giorno, poco meno di 4 ogni ora, per un fatturato criminale che è cresciuto di 7 miliardi rispetto all’anno precedente, raggiungendo la cifra di 22 miliardi. A contribuire in maniera eclatante è stato il settore dell’agroalimentare, con un fatturato che ha superato i 4,3 miliardi di euro.

Il focus che Legambiente dedica alle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa racconta un Sud Italia in cui l’incidenza criminale sta crescendo: in Puglia, Sicilia, Campania e Calabria si è registrato più della metà del numero complessivo di infrazioni (ben 14.736), con 12.732 denunce, 71 arresti e 5.127 sequestri. Al calo dei reati in Campania (-21% circa), dovuto forse ai tanti riflettori accesi di recente sulla regione, risponde un aumento degli illeciti in Puglia, col 15,4% dei reati accertati (4.499), 4.159 denunce e 5 arresti.

Crescono i reati nel ciclo dei rifiuti: +26% (quasi 20 al giorno, più di 3 milioni di tonnellate di veleni sequestrati). Mentre gli illeciti nel ciclo del cemento salgono del 4,3% e, secondo le stime sull’abusivismo edilizio del Cresme Consulting, nel 2014 sono state realizzate 18mila costruzioni fuori legge, circa il 16% del nuovo costruito, con ricavi che superano il miliardo di euro.

Aumentano il giro d’affari per gli illeciti in campo alimentare (4,3 miliardi) e i delitti legati al racket degli animali: 7.846 reati, con la denuncia di 7.201 persone e il sequestro di 2.479 tra animali vivi e morti. I furti d’opere d’arte sono arrivati a quota 852. Cala il numero degli incendi dolosi, ma aumenta la superficie dei boschi devastati: dai 4.700 ettari del 2013 si sale a 22.400.

In questa edizione del dossier, Legambiente punta su un’analisi centrata sulle dinamiche più profonde e insidiose nei vari aspetti ecocriminali, in particolare sul tema della corruzione, il potente collante che mette insieme tutto, mafie incluse.

La corruzione in campo ambientale è senza dubbio la vera cifra di un agire criminale che si muove in maniera felpata ma decisa tra uffici pubblici e sedi di società private, addomesticando le leggi e, se necessario, violandole apertamente per raggiungere i propri interessi. L’esercito degli ecocriminali – clan e faccendieri, ma anche imprenditori, funzionari e colletti bianchi – moltiplica le proprie occasioni attraverso la corruzione. Il modus operandi, si legge nel rapporto, è sempre lo stesso, anche se cambia il campo d’azione: nel caso di progetti troppo ambiziosi o pratiche dichiaratamente fuori legge, presto frenati da leggi a tutela ambientali, la corruzione si rileva un ottimo strumento per ovviare a questi impedimenti, dando libero sfogo alle logiche criminali.

Secondo quanto afferma Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, intervistato nel rapporto da Toni Mira “Gli appalti pubblici nel settore dell’ambiente sono tra quelli più esposti alla corruzione e alla criminalità organizzata”. I dati in questo senso parlano da soli. Sono ben 233 le inchieste ecocriminali in cui la corruzione ha svolto un ruolo cruciale: la Lombardia è la prima regione dove il fenomeno corruttivo si è maggiormente diffuso (31 indagini penali), seguita subito dopo dalla Sicilia (28 inchieste), la Campania (27), il Lazio (26) e la Calabria (22). Dal Mose di Venezia ad alcuni cantieri dell’Alta velocità, dai Grandi eventi alle ricostruzioni post terremoto, dalla gestione dei rifiuti all’enogastronomia e alle rinnovabili, il fenomeno è purtroppo nazionale. In ballo c’è una spesa pubblica che solo nel 2011 (fonte Presidenza Consiglio dei Ministri) ha raggiunto la quota di 106 miliardi di euro, più o meno l’8% del Pil. Al Nord come al Sud, passando dal Centro, il lavoro investigativo mostra questi meccanismi corruttivi con impietosa chiarezza.

Il successo avuto con l’approvazione della legge sugli ecoreati è certamente l’esempio fulgido di come si possano ottenere risultati concreti grazie al ruolo della società civile. Tuttavia, il vero antidoto all’ecomafia e al sistema di corruzione non è semplicemente un migliore sistema di repressione, ma prima di tutto un’effettiva bonifica culturale, vero motore di un cambiamento duraturo e nell’interesse di tutti, un traguardo quest’ultimo, ancora lontano dall’essere raggiunto in Italia.

]]> http://anticorruzione.eu/2016/04/corrotti-clan-e-inquinatori-il-dossier-ecomafia-2015/feed/ 0 Abusivismo, mafia e corruzione: il rapporto Legambiente http://anticorruzione.eu/2016/04/abusivismo-mafia-e-corruzione-il-rapporto-legambiente/ http://anticorruzione.eu/2016/04/abusivismo-mafia-e-corruzione-il-rapporto-legambiente/#comments Tue, 12 Apr 2016 09:18:06 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=5214 ecomafia-2015-cover-680x365Il rapporto tra mafia, abusivismo e corruzione è un fenomeno che ormai non risparmia nessun lembo d’Italia. Tra il 2006 e il 2010, le regioni del Nord, con 7.139 infrazioni, 9.476 persone denunciate, 1.198 sequestri e 9 arresti, hanno fatto registrare dati allarmanti, che indicano come questi fenomeni non siano più una prerogativa solo del Sud del paese. Questa la sintesi di Cemento spa, dossier di Legambiente presentato a Genova nel marzo 2012, in occasione della XVII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, organizzata dall’associazione Libera. Il rapporto scatta un’inquietante fotografia del malaffare che si annida nel ciclo del cemento, una panoramica macroregionale utile per comprendere quanto l’illegalità sia radicata e quanto sia importante estirparla.

 Il ciclo illegale del cemento raggiunge in assoluto i valori più elevati nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Calabria, Sicilia e Puglia) e nel Lazio. Ma, come già accennato, registra numeri sorprendenti anche al Nord Italia. La Liguria è la prima regione del Nord come numero di illeciti accertati dalle forze dell’ordine, con 1.797 infrazioni, 2.641 persone denunciate e 337 sequestri, seguita dalla Lombardia (1.606 infrazioni) e dall’Emilia Romagna (1.078). Un dato ancora più allarmante se lo si rapporta con l’estensione del territorio ligure: l’incidenza è di 33 reati ogni 100 chilometri quadrati (quella di Lombardia, sempre per avere un dato di riferimento, è di 6,7). È Imperia la provincia con il maggior numero di reati accertati, 453, seguita da Genova (401), Savona (398), Sondrio (398), Trento (326) e così via. Ragionando per macro-aree, dunque, il maggior numero di infrazioni si concentra nell’Italia Nord occidentale: 4.473 gli illeciti registrati, rispetto ai 2.666 di quella Nord orientale.

Il mercato del calcestruzzo, legale e illegale, è storicamente un settore prediletto dalle mafie, che possono contare da sempre su un ben collaudato sistema di connivenze e complicità. Ma se all’inizio i clan hanno mosso le betoniere principalmente al Sud, da qualche decennio sono ben strutturati ovunque nel territorio. Un dato che sintetizza la gravità della penetrazione mafiosa al Nord è quello relativo ai beni confiscati alle mafie: al 1 febbraio 2012 hanno raggiunto quota 1.431, di cui 1.176 immobili e 255 aziende. Secondo l’analisi della Direzione nazionale antimafia (Dna), sarebbero almeno 26 i clan mafiosi consolidati nelle regioni settentrionali e la Lombardia, come aziende confiscate (205), è la terza regione d’Italia, dopo Sicilia (561) e Campania (317). Strettamente legata alla criminalità organizzata è poi il fenomeno della corruzione, come dimostrano le stime della Corte dei Conti (2012), secondo cui buona parte dei 60 miliardi di euro “fatturati” ogni anno nel nostro Paese dalla corruzione può essere ricondotta proprio al sistema degli appalti pubblici e alla “valorizzazione” immobiliare del territorio. Soltanto nel 2010, rivela Legambiente, il mattone illegale ha fatturato almeno 1,8 miliardi di euro.

Altro capitolo, seppur spesso correlato a fenomeni quali abusivismo e corruzione, riguarda l’infiltrazione delle mafie nell’industria delle costruzioni operante al Nord. I momenti maggiormente critici per il rischio penetrazione delle mafie, a detta del dossier, sopraggiungono più spesso nella fase di esecuzione che in quella di aggiudicazione degli appalti: è infatti attraverso la pratica del sub-appalto o tramite le attività di fornitura di merci e servizi locali che imprese legate a cosche e clan riescono a entrare in affari con gli enti pubblici. Secondo la Dia di Milano, giusto per citare un esempio, in Lombardia il 30% degli appalti pubblici è a rischio di infiltrazione mafiosa.

Tre le proposte rilanciate da Legambiente per combattere gli illeciti, progetti semplici, spesso in linea con quanto indicato dalla Commissione Europea o da altri organismi sovranazionali. Per prima cosa si auspica che venga approvato un serio ed efficace sistema sanzionatorio contro la corruzione, a cominciare dalla ratifica della convenzione di Strasburgo del 1999, che prevede l’introduzione nel nostro codice di delitti come il traffico di influenze illecite, la corruzione tra privati, l’autoriciclaggio; poi, Legambiente propone l’introduzione nel codice penale di reati contro l’ambiente (come l’Unione Europea ha indicato nella direttiva 2008/99/CE); in ultimo, la stesura di un piano nazionale contro il fenomeno dell’abusivismo edilizio, una pratica ben lungi dall’essere stata sconfitta.

Ad oggi, il nostro ordinamento ha compiuto dei passi in avanti, colmando, in parte, le lacune normative evidenziate dal rapporto Legambiente. Nel maggio 2015, infatti, l’aula del Senato ha approvato a larga maggioranza il disegno di legge contro gli ecoreati che prevede l’introduzione nel Codice Penale di un nuovo titolo dedicato ai Delitti contro l’ambiente al cui interno sono contemplati quattro nuovi reati: disastro ambientale, inquinamento ambientale, traffico di rifiuti ad alta radioattività e impedimento dei controlli.

L’introduzione dei reati ambientali nel codice di rito è senza dubbio una tappa fondamentale all’interno del percorso giuridico di accentuazione della tutela ambientale nel nostro Paese, ma la strada da percorrere è ancora molto lunga e il compimento di un’effettiva bonifica culturale, vero motore di un cambiamento duraturo e nell’interesse di tutti, è un traguardo ancora lontano dall’essere raggiunto.

]]> http://anticorruzione.eu/2016/04/abusivismo-mafia-e-corruzione-il-rapporto-legambiente/feed/ 1 Criminalità organizzata e corruzione: il contributo della storia internazionale http://anticorruzione.eu/2016/04/criminalita-organizzata-e-corruzione-il-contributo-della-storia-internazionale/ http://anticorruzione.eu/2016/04/criminalita-organizzata-e-corruzione-il-contributo-della-storia-internazionale/#comments Mon, 04 Apr 2016 11:09:37 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=5154 globalizzazioneIntercorre uno stretto rapporto tra il processo di globalizzazione, che sta investendo la nostra società, e la criminalità organizzata transnazionale. Tramontata l’epoca bipolare, le innovazioni nei trasporti e nelle comunicazioni, la liberalizzazione dei mercati e l’infittirsi di reti internazionali sono stati i processi che più hanno concorso a plasmare il mondo globalizzato quale oggi lo conosciamo.

Il progressivo abbattimento delle frontiere intracomunitarie, se da un lato ha permesso la libera circolazione di merci, servizi e capitali, favorendo il progresso e innalzando la soglia di benessere, dall’altro ha facilitato lo sviluppo e la sofisticazione dei gruppi criminali, in grado oggi di travalicare i confini nazionali e di dotarsi di una struttura globalizzata.

I fenomeni criminali sembrano dunque aver seguito le trasformazioni sociali ed economiche delle società moderne, riproducendone i meccanismi. Finita l’epoca della mafia rurale, i gruppi criminali tradizionali agiscono oggi secondo logiche imprenditoriali, entrando direttamente nel mercato economico globale e stringendo – ove necessario – alleanze con organizzazioni criminali geograficamente distanti, come le Triadi cinesi e la Yakuza giapponese. Nello specifico, è la corruzione a rivelarsi uno strumento estremamente vantaggioso per le reti criminali, in particolare per quelle che operano a livello transnazionale, poiché diventa il mezzo fondamentale per compiere azioni criminali che minano la sicurezza e l’efficacia delle istituzioni politiche. Vuoti di potere e lacune nei sistemi che garantiscono l’integrità della politica offrono un terreno più che fertile al dilagare della corruzione e del crimine organizzato. Corruzione e gruppi criminali posso trovarsi spesso a cooperare in attività economiche apparentemente legali al fine di produrre, distribuire o procurare illecitamente beni e servizi; le operazioni di riciclaggio internazionale sono la massima espressione di questo connubio.

In questa direzione, il saggio “La storia internazionale e la criminalità organizzata” elaborato da Mariele Merlati e apparso su Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata[1] nel 2015, si dimostra una riflessione utile ed originale. Il saggio, nel tentativo di individuare il contributo offerto dalla storia delle relazioni internazionali agli studi sulla criminalità organizzata, ha scattato una fotografia esaustiva dei profondi cambiamenti che hanno investito mafia e corruzione negli ultimi decenni e, allo stesso tempo, ha riflettuto sui caratteri del crimine organizzato transnazionale che affondano le proprie radici nel passato.

Muovendo da un’analisi sulle discontinuità che differenziano l’attuale sistema internazionale da quello novecentesco, l’autore ha riconosciuto nella tensione globalizzante, che ha attraversato il mondo negli ultimi decenni, un processo di trasformazione che ha finito con l’investire anche il crimine organizzato, convertendolo in una forza transnazionale, in grado di avvalersi di tutte le opportunità offerte dalla liberalizzazione dei mercati e dalle innovazioni delle tecnologie di comunicazione.

In particolare, spiega Merlati, il disfacimento dell’impero sovietico ha aperto per la criminalità organizzata nuovi spazi di interazione. Da una parte, un passaggio repentino e incontrollato da comunismo a capitalismo ha costituito per i gruppi criminali nuove opportunità economiche, da entrambi i lati della cortina di ferro; dall’altra, l’aumentare dei localismi e il proliferare di deboli realtà statuali hanno contribuito al dilagare di attività criminali e corruzione nei paesi dell’ex blocco sovietico.

 Specularmente, riflettendo sugli elementi di continuità del moderno crimine organizzato transnazionale rispetto al passato, l’autore ha assegnato al fenomeno migratorio un ruolo privilegiato.

La concomitanza tra il verificarsi di massicci flussi migratori e l’insediamento di gruppi criminali all’estero rappresenta infatti un importante elemento di continuità con la storia novecentesca, in particolare con la storia novecentesca d’Italia. Se nel corso del ’900 è stato il grande esodo migratorio del sud Italia ad esportare il morbo della mafia in America, per contro, negli ultimi anni è ai flussi migratori provenienti dai Balcani, dal Medio Oriente e dal Nord Africa, che viene attribuita la maggior responsabilità dell’insediamento di gruppi criminali stranieri nel nostro Paese. Il manifestarsi di massicci processi migratori rimane dunque un fattore determinante per l’internazionalizzazione delle organizzazioni criminali, ieri come oggi. In questo senso Merlati, a conclusione del saggio, ha affermato la necessità di “riflettere su continuità e discontinuità, riconoscere caratteri inediti e preziosi precedenti, guardare ai fenomeni di un passato più o meno lontano per dotarsi di strumenti utili a meglio comprendere – e contrastare – i fenomeni dell’oggi.”

[1] Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata, [S.l.], v. 1, n. 1, p. 10-22, jul. 2015. Disponibile all’indirizzo: http://riviste.unimi.it/index.php/cross/article/view/5090/5154

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Banca d’Italia: i nuovi strumenti di prevenzione e contrasto all’economia criminale http://anticorruzione.eu/2016/01/banca-ditalia-i-nuovi-strumenti-di-prevenzione-e-contrasto-alleconomia-criminale/ http://anticorruzione.eu/2016/01/banca-ditalia-i-nuovi-strumenti-di-prevenzione-e-contrasto-alleconomia-criminale/#comments Tue, 26 Jan 2016 07:34:26 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=4886 La sede della Banca d'Italia, Palazzo Koch, oggi 21 ottobre a Roma. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

La sede della Banca d’Italia, Palazzo Koch

Sono 16 i miliardi di euro persi dall’Italia in termini di investimenti esteri tra il 2006 e il 2012, il 15% rispetto a quelli effettivamente attratti nel periodo. Una situazione che si sarebbe potuta evitare se le istituzioni italiane fossero state qualitativamente simili a quelle dell’area dell’euro.
Queste le stime suggerite dall’Istat e presentate dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, alla Commissione Parlamentare antimafia il 14 gennaio 2015 (Link).

Cattiva allocazione delle risorse pubbliche, lievitazione dei costi del credito per le imprese, scarsa qualità dei funzionari pubblici locali: la criminalità organizzata inquina il sistema politico-economico di una nazione in ogni suo aspetto, ostacolandone lo sviluppo e la crescita.
Visco, nel corso del suo intervento, ha identificato le politiche in grado di contrastare l’economia criminale al fine di favorire l’attività imprenditoriale lecita.

Di fondamentale importanza risulta l’attività preventiva svolta dalla Banca d’Italia, collocata per lo più nell’ambito della vigilanza: attraverso una serie di misure preventive – analisi, ispezioni, sanzioni, gestioni di crisi aziendali, rispetto della legalità –, il lavoro di palazzo Koch mira ad assicurare “la sana e prudente gestione dei soggetti vigilati”.
Complementare al ruolo svolto dalla Banca d’Italia è la funzione di controllo esercitata dalla UIF – Unità d’Informazione Finanziaria – in materia di antiriciclaggio. “Dalla sua costituzione sono pervenute all’Unità di informazione finanziaria oltre 325.000 segnalazioni con una forte e costante crescita nel tempo: dalle 12.500 del 2007 alle oltre 70.000 del 2014″ ha affermato Visco, ricordando che “la Uif riceve le segnalazioni delle operazioni sospette da intermediari finanziari, professionisti e altri operatori non finanziari e ne effettua l’analisi per l’individuazione di ipotesi di riciclaggio o finanziamento del terrorismo”.

L’effetto principale di tali attività di prevenzione consiste nella possibilità per Banca d’Italia e UIF di delineare indicatori statistici di esposizione al rischio di riciclaggio, individuando eventuali anomalie nei flussi finanziari, vigilando su specifiche porzioni del territorio nazionale e monitorando particolari strumenti di pagamento. Un esempio su tutti è rappresentato dallo studio sui bonifici verso i paesi a rischio. I risultati dell’indagine frutto della collaborazione tra la UIF e il Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia mostrano che, a parità di altre condizioni, in Italia i flussi finanziari indirizzati verso i “paradisi fiscali” sono di circa il 36% più elevati di quelli diretti verso gli altri paesi.

L’efficienza del sistema antiriciclaggio poggia su un’ampia rete di collaborazione, pubblica e privata, per la salvaguardia dell’economia legale dalle infiltrazioni criminali. La rete in questi anni ha dimostrato notevole capacità di interconnessioni: lo attestano le crescenti forme di cooperazione della Uif con la magistratura e con l’Agenzia delle Entrate per l’accesso all’Anagrafe Tributaria. Inoltre, sul piano delle strategie di prevenzione, nel corso del 2014 è stato sottoscritto un protocollo d’intesa tra UIF e l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), al fine di garantire ulteriori misure di contrasto del riciclaggio dei proventi della corruzione.

Tuttavia, nonostante i buoni risultati raggiunti, il numero uno di via Nazionale non nasconde che molto altro si potrebbe ancora fare. La Uif per funzionare meglio dovrebbe avere accesso alle informazioni investigative, esattamente come avviene all’estero, e la creazione di specifici incentivi come il rating della legalità realizzerebbe un contesto più orientato alla legalità.
Ma soprattutto “È indispensabile – ha ribadito Visco – che alla presenza di efficaci presidi specifici si accompagni la diffusione nella cultura di cittadini e imprese dei valori della legalità e della correttezza.” “L’istruzione – ha concluso – svolge sotto questo profilo un ruolo essenziale.”

 

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