NOi contro la CORRUZIONE » Marilisa Castellano http://anticorruzione.eu Fri, 06 May 2022 15:15:58 +0000 it-IT hourly 1 Corruzione e consenso http://anticorruzione.eu/2015/10/corruzione-e-consenso/ http://anticorruzione.eu/2015/10/corruzione-e-consenso/#comments Fri, 09 Oct 2015 07:15:36 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=4048 agcmLa deprovevole disinvoltura del cittadino nei confronti delle regole è alla base di ogni processo corruttivo. Ora, sappiamo fin troppo bene, che la cittadinanza ha bisogno di essere regolamentata attraverso un sistema nomativo, che favorisca una libera e pacifica convivenza. Quando la “regola” nella coscienza del cittadino diventa opaca, allora è a rischio la cittadinanza stessa. In tal modo la corruzione trova sostegno nel “potere” . Questo perverso rapporto tra curruttore e corrotto, è evidentemente fuori da ogni lealtà nei confronti della cittadinanza. Esso si nutre di un senso di impunità – ormai largamente diffuso – che favorisce la diffusione del fenomeno stesso, e inoltre di un senso di assuefazione generale.
A questo stato di cose, non è certo di aiuto l’asserita opinione secondo la quale l’esercizio del “potere” è fondato sul consenso: esso può facilmente fungere da mezzo per copirire tutti gli illeciti. È quindi un’espressione inaccettabile e pericolosa. Inaccettabile, in primo luogo perché lo stesso articolo 1, comma 1 della Costituzione, ribadisce che anche il potere più altro non sfugge al rigore della “regola”. Ma la vulgata è pericolosa anche per gli effetti di trascinamento che essa produce, per la tenuta del principio di legalità che è alla base della democrazia stessa. A tal proposito, prendendo in prestito una riflessione di Aldo Moro, potremmo dire che quando il consenso via via si consolida, questo consenso si fa potere, esercita rapporti di forza; ma ci sarà pure una ragione morale che sta alla base di questo consenso. Una “ragione morale” cioè una regola: la regola che disciplina ogni esercizio del potere. Ma quando la regola si fa estranea al sentimeno della gente, si crea un costume perverso dove la corruzione assume le sembianze di un sistema “ben regolato e armonico”.
Cercando di spostare l’attenzione sul nostro Paese, riuscire ad agire contro tale dilagante indifferente nei confronti del fenomeno corruzione, diventa difficile. Difficile per un Paese nel quale la riforma del falso in bilancio ha contribuito a diminuire la possibilità di individuare quei fondi neri, che sono alla base della pratica corruttiva. Un paese che è irretito di leggi ad personam che non toccano i problemi della giustizia sociale. Per tanto risutla complesso rintracciare figure politiche che si facciano carico di una mobilitazione responsabile.

Dati che fanno ben sperare tuttavia ci sono. Per meglio comprendere il rapporto tra legalità-consenso può essere funzionale prendere in esame quelli riferiti ai primi nove mesi del 2015 del rating di legalità. Approvato dal Parlamento alla fine del 2012, il Rating di legalità è lo strumento “premiale” con cui è stato affidato all’Antitrust il compito di attribuire un punteggio, da una a tre “stellette”, alle imprese virtuose che hanno un fatturato superiore ai due milioni di euro annui e corrispondono a una serie di requisiti giuridici. Per ottenere una “stelletta”, il titolare dell’azienda e gli altri dirigenti non devono avere precedenti penali o tributari. Oltre a non essere stata condannata nel biennio precedente per illeciti antitrust, l’impresa deve effettuare pagamenti e transazioni finanziarie oltre i mille euro esclusivamente con strumenti tracciabili. Per ottenere un punteggio più alto, il Regolamento indica altri sei requisiti: due “stellette” se ne vengono rispettati la metà, tre “stellette” se vengono rispettati tutti. Sono in totale 1077 le richieste presentate dalle imprese nei primi nove mesi dell’anno, per ottenere il Rating di legalità che viene rilasciato per legge dall’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato. Dalle 83 del gennaio scorso, le richieste a settembre sono passate a 174. I casi chiusi risultano 963, mentre gli altri sono tuttora in corso per verifiche e accertamenti. In particolare, le attribuzioni del Rating assommano a 778 (pari all’81%), contro 43 dinieghi (4,4%) e quattro revoche (04%). Per il resto, si contano 16 conferme (1,6%), 10 incrementi di punteggio (1,0%) e 85 archiviazioni (8,8%).

L’elenco completo e aggiornato delle imprese con il Rating di legalità è pubblicato sito (http://www.agcm.it/rating-di-legalita/elenco.html).

graficorating1

]]>
http://anticorruzione.eu/2015/10/corruzione-e-consenso/feed/ 0
La Via della Seta: nuova cintura economica http://anticorruzione.eu/2015/07/la-via-della-seta-nuova-cintura-economica/ http://anticorruzione.eu/2015/07/la-via-della-seta-nuova-cintura-economica/#comments Fri, 24 Jul 2015 09:14:48 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=3349 AIIB_logo-2Oltre i nostri confini nazionali, sta rinascendo la Via della Seta: la Cina ha avuto il merito di creare una “cintura economica” con un sufficiente bacino di funzionari. Stiamo parlando dell’ Aiib – l’Asian infrastructure investiment bank – . La nuova banca per lo sviluppo promossa dalla Cina sta muovendo i primi passi, l’elenco dei Paesi fondatori è stato completato e tra questi fa parte anche l’Italia. L’Aiib è considerato da molti come soluzione alternativa alle tradizionali istituzioni finanziarie internazionali a trazione statunitense, ossia il Fondo monetario internazionale, Banca mondiale e Banca asiatica per gli investimenti.

La nascita dell’Aiib è accompagnata dal rilancio della Via della Seta. Si tratta della One Belt one road, che dovrà collegare l’estremo oriente all’Europa e all’Africa attraverso l’Asia centrale-meridionale. Con l’espressione “one belt” si intende un percorso ferroviario e con “one road”, una serie di tratte marittime  chiamate da Pechino “la Via della sera marittima del XXI secolo”. Come corollario c’è un fondo per lo sviluppo di 40 miliardi di dollari, destinato a finanziare progetti infrastrutturali.

Sullo sviluppo dei legami tra la Repubblica Popolare e la nostra nazione, nel corso del 2014 e nei primi mesi del 2015 ci sono già state diverse analisi che hanno passato in rassegna le acquisizioni cinesi in Pirelli, Cdp reti e  le partecipazioni della People’s bank of China in Eni, Enel, Generali, Fiat, Telecom tutte poco sopra del 2%. Mentre, sul quadrante orientale l’adesione della Corea del Sud è espressione di un rinnovato rapporto con i cinesi, che si va sostituendo alla tradizionale alleanza sino-nordcoreana. Riamane fuori da questo contesto il Giappone, sebbene ci sia la possibilità che Tokyo approfondisca le discussioni su una qualche forma di collaborazione. Ipotesi questa che ha fatto scattare la reazione statunitense, nonostante negli ultimi tempi Washington abbia cercato di smussare le ostilità contro l’Aiib.

Apparentemente ci sarebbe una vittoria per Pechino che tuttavia, secondo il Financial Times, non ha battuto rivali su tutta la linea. La Cina non è infatti riuscita a ottenere un ruolo maggiore nelle istituzioni esistenti e ne ha dovuto creare una nuova. Inoltre, ha dovuto rinunciare al diritto di veto per attirare i partner che gravitano nella sfera di influenza di Washington. Da ultimo ha dovuto affrontare anche un ostacolo che viene definito da alcuni cinesi “interno”, cioè l’adesione di Taiwan come membro fondatore che è stata respinta. Tuttavia, è da specificare che la richiesta di adesione taiwanese è arrivata con il nome di “Chinese Taipei”: Pechino si dice pronta a riconsiderare la proposta se i taiwanesi sceglieranno un nome adeguato.

]]>
http://anticorruzione.eu/2015/07/la-via-della-seta-nuova-cintura-economica/feed/ 0
Chiarezza, condizioni di equità e sostegno: il Bribery act http://anticorruzione.eu/2015/07/chiarezza-condizioni-di-equita-e-sostegno-il-bribery-act/ http://anticorruzione.eu/2015/07/chiarezza-condizioni-di-equita-e-sostegno-il-bribery-act/#comments Fri, 17 Jul 2015 08:00:12 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=3202 Anti-corrption_illustrationLa corruzione ostacola il business e ha un costo elevato: oltre al danno morale inflitto alla società, l’effetto immediato è quello di scoraggiare gli investimenti diretti esteri. Le aziende hanno timore ad investire in Paesi con alti livelli di corruzione a causa dell’aumento dei costi, dell’esportazioni a rischio maggiori e dall’inevitabile riduzione dei profitti. In alcuni casi, essa è agevolata dall’eccesso di leggi, che causa la moltiplicazioni delle competenze e delle responsabilità e aumenta l’opacità dell’ azione amministrativa. Sebbene ciò non debba giustificare la soppressione di regole e controlli.

Nel 2011 il Regno Unito ha fatto un passo notevole nella lotta contro la corruzione approvando e attuando il Bribery act. Questa legge è stata studiata per essere attuata in modo flessibile per ridurre il peso della burocrazia sulle aziende, in modo particolare sulle piccole e medie imprese. Tra i provvedimenti contenuti nella legge c’è la creazione di un nuovo reato nei confronti delle organizzazioni commerciali, che di fatto non impediscono agli individui a cui sono associate (soggetti cioè che operano per conto e in nome della medesima, ogni qual volta l’azienda non si sia dotata di Modelli Organizzativi interni) di commettere degli atti di corruzione a nome dell’organizzazione stessa. Tale reato si applica a qualsiasi azienda che abbia un’attività commerciale nel regno Regno unitoUnito. Il Bribery act definisce nuovi equilibri basandosi sul buon senso e non sullo sviluppo di nuovi strati di burocrazia.

Il risultato oggettivo è di creare benefici diretti per le aziende garantendo chiarezza, condizioni di equità e sostegno ai principali partner commerciali nel processo di adeguamento a standard comuni. Un equilibrato e articolato sistema di interventi preventivi, di controlli e di sanzioni amministrative e penali può produrre effetti rilevabili. Ma nessuno di questi strumenti può rivelarsi efficace se non si radicherà una diffusa cultura dell’anticorruzione. Uno degli aspetti che favorisce la corruzione in Italia è sicuramente l’eccesso normativo: attualmente esiste una serie di prassi obbligatorie per ciascuna fase del progetto-appalto. Inoltre, la recente normativa sulla trasparenza e sull’anticorruzione viene percepita, ancora. dalle aziende e dagli stessi organi di governo italiani, come una pesante zavorra burocratica. Una legislazione più semplice e un processo decisionale più trasparente rimangono obiettivi-chiave da raggiungere.

]]>
http://anticorruzione.eu/2015/07/chiarezza-condizioni-di-equita-e-sostegno-il-bribery-act/feed/ 0
Il modello americano: la legge sui whistelblower http://anticorruzione.eu/2015/06/il-modello-americano-la-legge-sui-whistelblower/ http://anticorruzione.eu/2015/06/il-modello-americano-la-legge-sui-whistelblower/#comments Sat, 27 Jun 2015 08:24:32 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=2846 tagPer cercare di delineare il contenuto di tale provvedimento, iniziamo con il fornire qualche dato. Innanzi tutto il “whistleblower” (soffiatore nel fischietto) è il lavoratore che, durante l’attività lavorativa all’interno di un’azienda, rileva una possibile frode, un pericolo o un altro serio rischio che possa danneggiare clienti, colleghi, azionisti, il pubblico o la stessa reputazione dell’impresa/ente pubblico/fondazione; per questo decide di segnalarla.  Il volume degli investimenti diretti americani in Italia è la metà di quello che si registra in Francia e appena un quarto rispetto alla Germania. Una delle ragioni addotte dagli investitori americani è il timore della corruzione. Ora, la realtà della corruzione italiana è complessa, come un pò ovunque. Sebbene la stragrande maggioranza degli italiani sia costituita da lavoratori onesti, i casi di corruzione che sono dinanzi gli occhi di tutti, non contribuiscono a infondere fiducia al mercato estero. Secondo Transparency international, l’Italia è considerata il paese più corrotto dell’Europa occidentale, ed è 69sima su 174 Paesi a livello mondiale.

Al contrario, secondo il rapporto Ocse a fine 2013, gli Sati Uniti hanno attirato più investimenti diretti di ogni altro Paese. Uno degli aspetti di tale successo è dovuto al fatto che gli Stati Uniti sono dotati di un meccanismo legale unico per denunciare, perseguire e scoraggiare casi di corruzione nei contratti pubblici. La legge incoraggia i dipendenti – appunto i whistelblower – a denunciare le aziende che frodano il governo, in modo da essere perseguite per truffa. Il whistelblower ha diritto di ricevere tra il 15 e il 30% del denaro recuperato dallo Stato. Dal 1986, il governo americano è riuscito a recuperare 60 miliardi di dollari e oggi, grazie a questa legge l’85% di tutto il denaro deriva da processi avviati da whistelblower.

 La situazione italiana è differente. Le misure che il nostro Paese ha perseguito, come la penalizzazione del falso in bilancio, sono fondamentali per il cambiamento, sebbene inasprire le leggi non sempre è sufficiente. In sostanza mancano le risorse adeguate affinché polizia e magistratura possano combattere da soli la piaga della corruzione. Occorre aiutare il Paese ad essere competitivo nel mercato internazionale, e per farlo è necessario ridurre la percezione della corruzione. Ridare un’immagine pulita e corretta del Paese, potenziare le forze economiche e accogliere investimenti esteri.

 La normativa sui whistelblower contribuisce a prevenire truffe per un valore di 500 miliardi di dollari, dal momento che le aziende ritenute responsabili ai sensi della legge devono risarcire lo Stato, sborsando tre volte la somma dei profitti realizzati illegalmente. Questo aspetto della legge rende piuttosto ovvio il fatto che il rischio di infrangere la legge ha un peso maggiore dei benefici. Infatti, alcune aziende hanno sviluppato uffici atti a verificare la conformità delle proprie procedure alle leggi vigenti.

Stretta cooperazione tra dipendenti-azienda-Stato porta ad una crescita economica e sociale dell’intero Paese.

Tuttavia serve un coordinamento tra tutti gli Stati sulla protezione da poter offrire a questi “informatori”, così preziosi per la costruzione di una società democratica e contro la corruzione. La necessità di una direttiva europea è stata spesso segnalata e anche dalla Transparency International, che ha incitato gli Stati ad adottare delle leggi per incentivare e proteggere queste pratiche. L’obiettivo è prevedere delle piattaforme informatiche per permettere la raccolta di segnalazioni “protette” non solo nelle istituzioni pubbliche, ma anche e soprattutto nelle grandi multinazionali: questo avrebbe una ricaduta positiva anche sull’orientamento degli investitori internazionali e quindi in generale sull’economia.

]]>
http://anticorruzione.eu/2015/06/il-modello-americano-la-legge-sui-whistelblower/feed/ 0
Destinazione universale dei beni contro i tesaurizzatori http://anticorruzione.eu/2015/06/destinazione-universale-dei-beni-contro-i-tesaurizzatori/ http://anticorruzione.eu/2015/06/destinazione-universale-dei-beni-contro-i-tesaurizzatori/#comments Sat, 13 Jun 2015 08:15:27 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=2510 Parliamo di “beni comuni”. Non è un tema così ovvio come potrebbe sembrare, e non perché non si sappia di cosa si tratti, quanto piuttostofoto perché si è quasi persa l’abitudine a ragionarci sopra. Eppure, persino la chiesa cattolica ne offre una definizione, dalla quale, a prescindere dall’orientamento religioso di ciascuno, è utile partire. Questa la definizione di “bene comune” proposta dal Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa:

 “Il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro. Come l’agire morale del singolo si realizza nel compiere il bene, così l’agire sociale giunge a pienezza realizzando il bene comune. Il bene comune, infatti, può essere inteso come la dimensione sociale e comunitaria del bene morale.”

Risalta, per prima, la concretezza del concetto di bene comune: esso non rappresenta un’entità ideale a cui progressivamente avvicinarsi, come fosse un ideale regolativo. Nel punto di vista della chiesa, è invece un bene che nasce e si accresce dal senso di comunità,  per questo ha tutte le caratterizzazioni di un bene effettivo. Malgrado questi nobili principi,  molto spesso si tende ad attuare il concetto inverso: l’accumulazione di beni destinati al proprio beneficio individuale, in quel che è un uso privato della ricchezza. Colui che si distacca da una visione di un bene inteso in senso comunitario assume le sembianze di un Sisifo, impegnato in uno sforzo di accumulazione incessante che oltrepassa i limiti del buon senso. Tale sforzo spinge il soggetto a sovvertire il sistema pur di raggiungere una fetta sempre maggiore di patrimoni; o qualora fosse necessario si adopera per mettere in atto strategie non contemplate dalla legge. Ma la corruzione non ha alcun freno, anzi aumenta di potenza quanto più si tiene vivo il desiderio di accumulare (che per giustificarsi assume le illusorie vesti del bisogno). In tal modo, si giunge ad una deriva dove vengono meno la dignità,  l’uguaglianza e l’unità: viene dunque meno il bene comune.

Nel brano citato dal “Compendio” si afferma invece il principio inverso. E cioè che accumulare beni non paga: essi sono a disposizione del singolo, ma in vista dello sviluppo dell’intera società. Un bene immediato,  infatti,  ha vita breve,  dal momento che non si può propriamente parlare di “bene” prescindendo dalla dimensione “per” e “con” gli altri.  Inoltre, precisa il Compendio, “la responsabilità di conseguire il bene comune compete, oltre che alle singole persone, anche allo Stato, poiché il bene comune è la ragion d’essere dell’autorità politica. Lo Stato, infatti, deve garantire coesione, unitarietà e organizzazione alla società civile di cui è espressione, in modo che il bene comune possa essere conseguito con il contributo di tutti i cittadini. L’uomo singolo, la famiglia, i corpi intermedi non sono in grado di pervenire da se stessi al loro pieno sviluppo; da ciò deriva la necessità di istituzioni politiche, la cui finalità è quella di rendere accessibili alle persone i beni necessari — materiali, culturali, morali, spirituali — per condurre una vita veramente umana. Il fine della vita sociale è il bene comune storicamente realizzabile”.

Il presupposto di tutta l’argomentazione è da rinvenirsi nella destinazione universale dei beni:  destinazione ed uso universale non significano che tutto sia a disposizione di ognuno o di tutti, e neppure che la stessa cosa serva o appartenga ad ognuno o a tutti. Ma, se è vero che tutti nascono con il diritto all’uso dei beni, ecco allora che per assicurarne un esercizio equo e ordinato sono necessari interventi opportuni, frutto di accordi nazionali e internazionali, ed un ordinamento giuridico adeguato.

In una comunità protesa alla costruzione del bene comune, non può esservi un Sisifo, un tesaurizzatore, che tenga i suoi beni inoperosi.

]]> http://anticorruzione.eu/2015/06/destinazione-universale-dei-beni-contro-i-tesaurizzatori/feed/ 0 Mafia e affari: un patto scellerato http://anticorruzione.eu/2015/05/mafia-e-affari-un-patto-scellerato/ http://anticorruzione.eu/2015/05/mafia-e-affari-un-patto-scellerato/#comments Mon, 04 May 2015 07:15:01 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=2237 mafiaRecentemente, ho avuto l’occasione di prendere parte alla presentazione di un corso di perfezionamento. In cui uno degli interventi, il magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia Giovanni Conzo,  in poche battute ma dense di efficacia, ha definito “la mafia, la politica e l’economia come gli elementi di un patto scellerato”. Cerchiamo di analizzare nel dettaglio le componenti di tale patto e in quale misura collaborano tra loro.

In via preliminare, occorre notare che mafia-politica-economia spesso si insinuano nei momenti di debolezza delle persone. Si presentano allora  come la “soluzione migliore” in quelle occasioni in in cui il conto è in rosso, o non si riesce a mandare avanti l’attività di famiglia. In modo quasi paradossale, la mafia finisce per apparire il “garante” della sicurezza, offre protezione e infonde una fiducia illusoria. In un certo senso, si forma uno stato parallelo a quello ufficiale, con proprie regole e con una sua amministrazione. Due Stati in un solo territorio. Per contrastare lo stato ufficiale e rendersi più potente, la mafia ha bisogno di sostegno: lo cerca proprio nel terreno nemico, attirando dalla sua parte politici corrotti. Si controllano elezioni locali e regionali, il più delle volte in cambio di un posto di lavoro o di altri favori economici.  Come afferma Gian Carlo Caselli:

 “La mafia è sì un’associazione criminale, è sì un problema di polizia e di ordine pubblico; ma non è soltanto questo. È un fenomeno assai più complesso, caratterizzato da una fittissima trama di relazioni con la società civile e con svariati segmenti delle istituzioni. Di qui un intreccio di interessi e un reticolo di alleanze, connivenze e collusioni che sempre hanno fatto della mafia un pericoloso fattore di possibile inquinamento della politica, dell’economia e della finanza (con tutti i rischi che ciò comporta per l’ordinato sviluppo di un sistema democratico). Considerare la mafia come un insieme di qualche centinaio di sbandati, pur violenti e feroci, è dunque riduttivo.”[1]

Il meccanismo del sistema-mafia è quindi complesso, e ogni tassello – politica e economia – deve essere al suo posto affinché gli affari funzionino.

Continuando il suo intervento, il Magistrato Conzo ha affermato che, accanto a quella che possiamo definire mafia tradizionale, sta  emergendo una “nuova mafia”. E’ la mafia del fenomeno dei barconi: profughi che comprano la speranza di una vita, e dagli scafisti, “eroi del nostro tempo”[2]  che promettono un futuro, sicurezza e lavoro. La realtà, assai più tragicamente, è una di  sfruttamento, traffico umano e morte.

Si tratti di mafie tradizionali o nuove, sono fenomeni da contrastare con decisione A questo proposito, Giovanni Conzo ha riferito  di quanto le indagini e le collaborazioni con i pentiti siano decisive nel sovvertire il piano criminale. Non basta prendere coscienza che in generale il fenomeno mafia esiste: occorre passare dalla conoscenza alla lotta.

E il passo successivo consiste nel combattere gli investimenti della mafia: se politica ed economia – quelle sane e giuste – si alleano, sconfiggere il terzo componente del patto scellerato sarà, non oso dire semplice, ma almeno possibile.

[1]Da Cavaliere le spiego la mafia, Corriere della sera, 18 ottobre 1994.

[2] Come recita il titolo di un noto romanzo di Lermontov

]]>
http://anticorruzione.eu/2015/05/mafia-e-affari-un-patto-scellerato/feed/ 0
L’uomo, misura di tutte le cose http://anticorruzione.eu/2015/05/luomo-misura-di-tutte-le-cose/ http://anticorruzione.eu/2015/05/luomo-misura-di-tutte-le-cose/#comments Sat, 02 May 2015 09:47:16 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=2228 “L’uomo è misura di tutte le cose”, affermava Protagora[1]. E’ evidente quanto in questa espressione sia posto in primo piano l’uomo, con tutta la sua sapienza e quelle capacità tali che lo contraddistinguono da ogni altro essere vivente. Senza dubbio, a lui spetta una posizione privilegiata: ha la possibilità di modificare la natura che lo circonda, assoggettandola ai propri bisogni. Viene però spontaneo domandarsi, quanto questi bisogni incidano sui comportamenti e quanto peso rivestano nelle scelte del singolo. In altri termini, c’è il rischio che l’uomo renda le sue prerogative paradigma non solo personale, bensì accampando pretese universali?

Partiamo da un presupposto evidente, e cioè che l’uomo non agisce mai in un contesto in cui si trova da solo, ma è sempre in rapporto con gli altri. David Miller[2] distingue tre forme fondamentali di tale relazione: la comunità solidaristica, l’associazione strumentale e la cittadinanza. Soffermiamoci sulla prima. Una comunità solidaristica ha luogo fra uomini, i quali come membri di un gruppo stabile dotato di un ethos comune, hanno un’identità comune. Essa è la forma originaria della comunità in tutte le società premoderne: ne sono esempi una comunità di villaggio, o nella società moderna, la famiglia. La rappresentazione della giustizia, in una comunità solidaristica, è la distribuzione corrispondente ai bisogni. L’ethos della comunità stabilisce ciò che fa parte di una vita degna dell’uomo e traccia così i confini fra bisogni e meri desideri. Tuttavia, il problema che si pone è che molto spesso, tale confine non separa così nettamente, un reale bisogno da un desiderio. Da qui si nasce la conflittualità: sacrificare un interesse privato in nome del bene per la comunità?

Ora, un volere puramente razionale potrebbe scegliere solamente il bene (in senso lato, ciò che in è giusto); ma il volere umano non è puramente razionale: esso, infatti,  può essere affetto da inclinazioni. Proprio l’inclinazione, può contraddire l’intuizione che una determinata modalità d’azione sia praticamente necessaria. In tal modo, la necessità pratica, viene soppiantata dallo scopo dell’agente. Così, da una prospettiva di giustizia comune, si scivola in una prospettiva di giustizia privata. Di conseguenza, la formula kantiana “agisci come se la massima della tua azione dovesse, per tua volontà, divenire una legge universale della natura”, viene meno.

L’uomo etico, sarebbe disposto a sacrificare se stesso sull’altare dell’universalità: non c’è alcun primato del personale. L’ego si ritrae lasciando il posto al “noi” della comunità. Per tanto, la norma non è osservata con un atteggiamento penitenziale o per vile servilismo; bensì nella norma è racchiuso tutto ciò che l’ethos della rappresenta. C’è alla base una salda fede nell’apparato giuridico, non semplicemente un’assunzione passiva di esso. Infatti, il passaggio all’attuazione della norma sarebbe impossibile senza questa esigenza morale. Gioca un ruolo decisivo anche il concetto di responsabilità: prendere coscienza che si è portatori non solo del proprio destino, ma soprattutto del destino degli altri. Morale, noma, responsabilità: esse muovono l’azione dell’uomo etico.

Quanti sarebbero disposti a sacrificare se stessi sull’altare dell’universalità?

 

[1] Filosofo greco del secondo decennio del V secolo. E’ considerato uno dei massimi sofisti antichi. Per sofistica intendiamo quel fenomeno culturale manifestatosi ad Atene: i sofisti erano professionisti che mettevano in vendita il loro sapere. Solo successivamente furono connotati negativamente ad opera di Platone e Senofonte: essi infatti li consideravano dei mistificatori della sapienza.

[2] Filosofo britannico, allievo di Karl Popper, attualmente professore all’Università di Warwich. Si interessa di giustizia sociale e teoria politica.

]]>
http://anticorruzione.eu/2015/05/luomo-misura-di-tutte-le-cose/feed/ 0
L’obbedienza come orizzonte di comprensione e di datità della legge http://anticorruzione.eu/2015/04/lobbedienza-come-orizzonte-di-comprensione-e-di-datita-della-legge/ http://anticorruzione.eu/2015/04/lobbedienza-come-orizzonte-di-comprensione-e-di-datita-della-legge/#comments Fri, 10 Apr 2015 07:00:33 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=2067 giustizia_grande[1]

“Il diritto può sì sostenere e proteggere normativamente regole di vita e atteggiamenti etici preesistenti, ed è anche in grado, grazie alle sue norme, di mantenere fino ad un certo punto desta una coscienza etica della società, ma non può creare dal nulla, con una disposizione normativa, una coscienza etica (ancora) mancante o salvaguardare regole etiche in via di disgregazione [..]”

Queste poche frasi, tratte dal saggio La scuola storica e il problema della storicità del diritto di Bockenforde, ci permettono di formulare la seguente domanda, e cioè se – per così dire – nasca prima l’ethos o il diritto. Da quanto afferma Bockenforde, sembrerebbe che l’etica abbia un primato di nascita, in quanto le norme giuridiche debbono trovare nei loro destinatari il fondamento che le sostenga: esse non possono trovar la loro ragion d’essere solo nel fatto di presentarsi come sistema coercitivo. In sostanza, non ci sarebbero leggi – le quali dovranno essere conformi alla natura e alla consuetudine della patria- senza soggetti a cui esse sono rivolte; anzi, in maniera più radicale non ci sarebbero leggi senza soggetti morali. Questa specificazione è decisiva.

Le norme, infatti, per quanto delineate secondo giustizia, non troverebbero un terreno fertile se su di esso non ci fosse una risposta morale. Diversamente, ci troveremmo dinanzi ad una pura coercizione che non si configurerebbe mai pienamente come obbedienza. Certamente, bisogna intendere “obbedienza” nel senso di determinazione della volontà; di conseguenza, non c’è obbedienza là dove vi è imposizione: chi è costretto ad agire in un certo modo non è un obbediente, ma un costretto. Obbedienza deriva dal latino ob-audio, cioè essere in ascolto, dipendere da un ascolto. Essa si colloca – a ben vedere – nello spazio tra l’ascoltare e il persuadere. Chi disobbedisce è fondamentalmente colui che non ascolta: non dando ascolto egli non sente e quindi non può essere persuaso. Da ciò deriva quella dimensione impositiva tipica di ogni disobbedienza, cioè l’indifferenza nei confronti della parola altrui, ovvero non prendere l’altro sul serio. Ciò significa crearsi uno spazio illimitato di possibilità – spazio che in realtà è ovattato, in qualche misura -, all’interno del quale vige una legge del tutto personalizzata: si adattano le norme alla predisposizione e alla volontà del singolo. Come si può ben notare, avviene un totale rovesciamento logico.

Questa riflessione sull’obbedienza, potrebbe a primo avviso risultare avulsa dal nostro iniziale discorso circa l’ethos e il diritto. Ma, in maniera radicale, vi è un modo in cui l’obbedienza si presenta come non derogabile, come imposizione. Tale imposizione, che si configura come sistema normativo, prevede per sua natura di essere messo in vigore, senza eccezione alcuna o modifiche ad personam. Sarebbe privo di senso un sistema normativo che rimanga valido solo sul piano ideale; o meglio, sarebbe un complesso di norme vuote: per tanto il passaggio dal contenuto della norma alla sua effettiva applicazione è indispensabile. Questo presentarsi della parola nella dimensione di tassatività del divieto, non è però solo coercitivo. Di fatti, la tassatività è il limite alla tendenza – tutta umana – all’onnipotenza: pertanto, l’obbedienza si configura non soltanto come comprensione della legge, ma come un darsi stesso della legge.

In società, si è immersi in un sistema di relazioni prefigurate (si pensi ai rapporti lavorativi, rapporti pubblici quali Stato-cittadini, o anche le più embrionali relazioni famigliari) che complessivamente formano un “regime di obbedienza”. Da qui emerge l’antecedenza della legge ai soggetti. Essa è sempre data, ed è data secondo un doppio significato. In primo luogo, è data in quanto è un dato di fatto, poiché la norma “c’è”. In secondo luogo, è data nel senso che un legislatore l’ha posta. Concentriamoci sulla legge data. Essa è legge oggettiva la cui antecedenza è una necessità. Se infatti rispetto al governo del proprio desiderio si può diventare leggi a se stessi, nella relazioni con gli altri ciò è impossibile, poiché non si può essere legislatori unici, col rischio di diventare impositivi nei confronti degli altri. La teoria dei sistemi ha ben descritto la genesi della legge e il suo statuto di oggettività, ragionando in termini di aspettative che governano le relazioni. Così formulata la legge si rivela come un criterio di razionalità, che mostra ai soggetti che essi non possono tutto. L’obbligo di obbedire alla legge dipende dal fatto che senza questa oggettività si cadrebbe in una situazione di equivoco e di conflitto insanabile – che porta ad una serie di degenerazioni, tra cui la corruzione – . Ma allo stesso tempo, dinanzi alla legge si ha l’esigenza di una risposta, che non potrebbe giungere da soggetti non morali, come appare sostenere Bockenforde.

Ecco ritornati al punto di partenza del discorso: possiamo dire che diritto e ethos, sono in qualche modo coevi. Prendendo in prestito la tesi di Julien Freund: “il diritto non è per sua essenza una sostanza a parte, bensì una mediazione fra politica ed etica [..]. La politica deve svilupparsi e comunicarsi giuridicamente per essere efficace, e con ciò anche farsi determinare dal punto di vista etico; inversamente, l’etica – nella misura in cui intende essere pubblicamente efficace e intervenire nel diritto – non può spaziare liberamente in utopistici postulati etici”.

Etica e diritto sono destinati a procedere insieme.

]]> http://anticorruzione.eu/2015/04/lobbedienza-come-orizzonte-di-comprensione-e-di-datita-della-legge/feed/ 0 Moral man and immoral society http://anticorruzione.eu/2015/03/moral-man-and-immoral-society/ http://anticorruzione.eu/2015/03/moral-man-and-immoral-society/#comments Tue, 31 Mar 2015 08:11:06 +0000 http://anticorruzione.eu/?p=2006 moralimmoralL’idea che l’uomo fosse scisso in mente e corpo ha attraversato tutto il pensiero moderno a partire da Cartesio, sino ad arrivare ai più recenti studi scientifici. In maniera più radicale, questo presunto dualismo si è allargato anche al piano delle azioni e della coscienza, o per meglio dire, ha influenzato quella tesi secondo cui è possibile che il muovente sia di natura diversa dall’azione finale. Cioè, il più delle volte, ciò che muove l’uomo a scegliere un determinato comportamento da attuare, si mostra alla fine più o meno adeguato alla morale corrente, più o meno corretto. Di conseguenza, ciò non riguarda solo la sfera personale, bensì sfocia anche sul piano politico-sociale.

E’ davvero possibile che l’uomo scelga il meglio nella propria sfera personale, puramente privata e acconsenta a qualunque cosa che riguardi la sfera sociale?

Lo studioso americano di filosofia delle religioni, Reinhold Niebuhr, propone esattamente questa tesi attraverso la formula moral man and immoral society.  Tutto questo è evidentemente il culmine delle teorie individualiste e soggettivistiche tipiche del secolo scorso, e probabilmente anche del nostro secolo.  Quando il bene personale è anteposto a quello della comunità e della società, allora forse non è in realtà una società totalmente giusta. Il bene in sé non è autonomo dalla vita: solo partecipando alla realtà partecipiamo al bene. Per tanto, non che prima la persona e poi l’opera siano buone, bensì solo ambedue insieme vanno viste come buone o cattive, entrambe come unità radicate nella dimensione reale e storica. Diversamente, la realtà che si intende sarebbe solo un’illusione dentro la quale molto spesso ci nascondiamo. Che senso avrebbe “sentirsi in pace” con se stessi cercando di soddisfare e raggiungere solo le proprie prerogative individuali?

Tuttavia, la storia e l’esperienza ci insegnano che, troppo spesso, la logica del fare qualcosa “a tutti i costi” rende l’uomo cieco.

Ora, è evidente che alla base di ogni riflessione critica sulla condotta dell’uomo all’interno della sfera pubblica, ci debba essere un riferimento alla politica e all’esercizio del potere: dunque, la sfera politica – di principio – non deve entrare in conflitto con la sfera morale. Non sono ammesse dicotomie comportamentali. Eppure, ciò che in linea teorica e preliminare ha la sua fondatezza e la sua logica, non viene declinato in azioni concrete. Da qui, prende avvio la genesi del meccanismo della corruzione.

 

Tale non-aderenza della morale alla politica, crea come suo modello negativo il “moralista politico” – espressione che prendiamo in prestito dalla riflessione kantiana – : egli servendosi degli strumenti che gli sono messi a disposizione, articola una serie di dinamiche che hanno come unica finalità il raggiungimento di utilità personali. E’ palesemente un abuso di potere. In questo meccanismo, privo di una logica oggettivamente da tutti condivisa, si ha un’assoluta assenza di limiti: anzi, proprio in virtù del ruolo che si occupa nella gerarchia pubblica, ci si sente legittimati a commettere qualche “leggera forzatura del sistema” (come spesso viene semplificato l’atto illecito). Urge dunque, che tali limiti siano messi in atto, che la stessa regolamentazione giuridica sia da prendere sul serio: gli argini sono bene delineati dalla legge.

Solo in tal modo, il moralista politico può essere sostituito da un “politico morale”, avente un più alto profilo etico che gli permetterà di agire guidato unicamente dalla prudenza politica.

Cambiare segno al sistema è possibile, sebbene la difficoltà che si incontra nel provarci possa far sembrare il tutto un’impresa priva di successo – tanto da doverci arrendere al fatto che la “leggera forzatura del sistema” abbia la meglio -.

]]>
http://anticorruzione.eu/2015/03/moral-man-and-immoral-society/feed/ 0